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I maestri del giallo

MARGERY ALLINGHAM
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Alla nostra rivisitazione dei Maestri del Giallo degli anni Venti e Trenta – la cosiddetta età d’oro della crime novel angloamericana – non poteva mancare Margery Allingham, nota a suo tempo anche con lo pseudonimo di Maxwell March e madre di un personaggio molto popolare, il detective dilettante Albert Campion.

Margery Allingham nacque il 20 maggio 1904 a Ealing, un sobborgo nella periferia occidentale di Londra, e non in “una vecchia casa nelle campagne dell’Essex normanno”, come veniva scritto un tempo nelle copertine dei suoi libri. All’anagrafe risulta esser stata la primogenita nata dal matrimonio di due cugini: la madre Emily Jane (Hughes) Allingham era una scrittrice, mentre il padre Herbert John Allingham era giornalista per il  settimanale “Christian Globe” e per il “London Journal”. Dopo che Herbert abbandonò la carriera giornalistica, la famiglia si trasferì a Colchester nell’Essex, e qui, facendo proprio quello che, con una punta d’ironia, lei era solita definire un “vizio di famiglia”, Margery cominciò precocemente a dedicarsi alla letteratura, pubblicando il suo primo libro – Blackkerchief Dick, un romanzo d’avventura – nel 1923, quando ancora, diciannovenne, frequentava le scuole superiori a Cambridge.

Nel campo della narrativa poliziesca, la sua attività ebbe inizio solo quattro anni dopo, nel 1927, con The White Cottage Mystery (Il mistero di White Cottage, Il Giallo Mondadori n. 3005, 2010), uscito a puntate sul “Daily Express”, a conferma di una precocità condivisa con qualche altra scrittrice inglese dello stesso periodo, come Georgette Heyer. Fu però col suo secondo mystery – The Crime at Black Dudley, del 1929 – che la scrittrice introdusse il personaggio di Albert Campion, che sarà via via protagonista di moltissimi gialli successivi della Allingham, eccezion fatta per Black Plumes (1940), in cui fa la sua prima e ultima apparizione un diverso investigatore, l’ispettore Bridie.

Nello stesso 1927 dell’esordio, Margery Allingham si sposò con il coetaneo Philip Youngman Carter, che le sopravvisse tre anni. La scrittrice si spense a Colchester il 30 giugno 1966, e il marito – già talvolta suo collaboratore non accreditato – completò l’ultimo romanzo della moglie, Cargo of Eagles, uscito postumo nel 1968, e protrasse l’esistenza di Albert Campion scrivendo a sua volta altri due gialli basati sulle sue indagini (Mr. Campion’s Farthing, 1969; Mr. Campion’s Falcon – titolo alternativo Mr. Campion’s Quarry – 1970). Un terzo romanzo, lasciato incompiuto da Carter, morto nel 1969, è stato completato da Mike Ripley e pubblicato nel 2014 col titolo Mr. Campion’s Farewell.

Languido e compassato, aristocratico, patriota e professore, spesso assistito da Lugg, fedelissima guardia del corpo di umili origini ma di notevole acume, l’investigatore Albert Campion si divide equamente tra salotti e bassifondi, impegnato a sventare complotti e a risolvere delitti da una costa all’altra dell’Inghilterra. Tutti i romanzi che lo vedono come protagonista (tranne gli ultimi cinque) risultano tradotti in italiano – e anche più volte a distanza di anni – nel Giallo Mondadori [GM] e soprattutto nei Classici del Giallo Mondadori [CGM], cui s’è aggiunta molto di recente la Bollati Boringhieri di Torino [BB], nel quadro di un rinnovato interesse editoriale per questa scrittrice.

Nell’elenco che segue – compilato in ordine cronologico di composizione – va avvertita inoltre la presenza di numerosi titoli alternativi in originale [t.a.], che abbiamo cercato di indicare con la massima completezza consentita: una costante, questa, non solo della serie con Albert Campion, ma di tutta l’ampia produzione narrativa della Allingham.

1929, The Crime at Black Dudley (La lunga notte di Black Dudley, CGM n. 456, 1984);

1930, Mystery Mile (L’isola, CGM n. 217, 1975; CGM n. 1095, 2006);

1931,  Look to the Lady; t.a The Gyrth Chalice Mystery (Il segreto della torre, CGM n. 474, 1985);

1931, Police at the Funeral (La polizia in casa, CGM n. 264, 1977; CGM n.1111, 2006);

1933, Sweet Danger; t.a. Kingdom of Death; t.a. The Fear Sign (Dolce pericolo, CGM n. 485, 1985);

1934, Death of a Ghost (Morte di un fantasma, CGM n. 180, 1973; CGM n. 996, 2004; BB, 2017);

1936, Flowers for the Judge; t.a. Legacy in Blood (Corte d’assise, CGM n. 33, 1968; Fiori per il giudice, CGM n. 641, 1991; CGM n. 1130, 2006);

1937, Dancers in Mourning; t.a. Who Killed Chloe? (Danza sull’abisso, CGM n. 1159, 2007);

1937, The Case of the Late Pig (La  talpa, CGM n. 240, 1976; CGM n. 1180, 2007);

1938, The Fashion in Shrouds (La parte del destino, CGM n. 517, 1986; m. 1192, 2008);

1941, Traitor’s Purse; t.a. The Sabotage Murder Mystery (L’amnesia del signor Campion,

GM n. 43, 1948; CGM n. 294, 1978; Il premio del traditore, BB, 2016);

1945, Coroner’s Pidgin; t.a. Pearls Before Swine (Il ritorno di Campion, GM n. 47, 1948; CGM n. 1206, 2008);

1948, More Work for the Undertaker (L’ora del becchino, GM n. 2987, 2009);

1952, The Tiger in the Smoke (Un’ombra nella nebbia, CGM n. 756, 1996; Nel fumo di Londra, BB, 2019);

1955, The Beckoning Lady; t.a. The Estate of the Beckoning Lady;

1958, Hide My Eyes; t.a. Tether’s End; t.a. Ten Were Missing;

1963, The China Governess;

1965, The Mind Readers;

1968, Cargo of Eagles (postumo, citato).

Nessuno dei gialli firmati come Maxwell March – tutti senza Campion e tutti degli anni ’30 – risulta mai tradotto da noi (Other Man’s Danger o The Man of Dangerous Secrets, 1933; Rogues’ Holiday, 1935; The Shadow in the House, 1936), mentre ai fans di Campion va ricordato che il personaggio compare anche in varie antologie di racconti, anche postume, alcune disponibili nella nostra lingua.

1937, Mr. Campion: Criminologist;

1939, Mr. Campion and Others (Tredici volte Campion, CGM n. 1338, 2014);

1947, The Casebook of Mr. Campion;

nonché, postume,

1969, The Allingham Casebook (Casi da manuale, CGM n. 1347, 2014);

1973, The Allingham Minibus (t.a. Mr. Campion’s Lucky Day);

1989, The Return of Mr. Campion (Provaci ancora, Campion, CGM n. 1356, 2014).

Consacrata ultimamente dalla stima nientemeno che della Rowling, la celebre autrice della saga di Harry Potter, anch’essa approdata di recente al Giallo col suo detective Cormoran Strike (“Tra le regine del crimine inglesi, Margery Allingham è la mia preferita in assoluto”), la Allingham ha goduto via via di un apprezzamento crescente da parte della critica di lingua inglese, concorde nell’evidenziare due fasi successive e distinte nella sua produzione: una facente capo ai romanzi degli anni Trenta, caratterizzata da una classicità tutta anglosassone unità però a un gusto per l’azione e per il ritratto d’ambiente abbastanza insoliti in quegli anni, e l’altra che copre l’attività del dopoguerra, in cui l’ispirazione della scrittrice si fa più involuta, aderendo talvolta ai ritmi e ai climi del romanzo-suspense.

Questa progressiva modificazione di interessi non nasconde, peraltro, una costante della Allingham, che si pone al tempo stesso come un pregio e un limite: in lei “il mistero è un elemento accidentale e il delitto costituisce una sorta di presenza-chiave, che serve a porre nel debito risalto il disegno di contrapposizione e conflittualità fra i protagonisti di un dramma.” In altri termini, la Allingham non mostra uno spiccato interesse né per l’enigma, né per il delitto in sé, e da ciò deriva una certa inadempienza “nei riguardi dei diritti della detection” (Di Vanni-Fossati, Guida al “Giallo”, Milano 1980). La vena migliore della scrittrice è da ricercare quindi al di fuori delle cadenze obbligate delle schema poliziesco: elegante introduzione d’ambiente, franca connotazione dei personaggi, dialoghi pregnanti e inquisitori cui talora si affianca un discorso indiretto ugualmente incisivo, anche se meno prezioso e sofisticato. Alla stessa Allingham, del resto, si deve una significativa definizione del giallo esemplare, che “deve avere in sé la delicatezza e al tempo stesso la precisione di un sonetto.” E la concentrazione sui personaggi – già molto convincente negli anni ’30 con La polizia in casa, Morte di un fantasma, La parte del destino – risulta intensificata nei gialli del dopoguerra, che spesso confinano lo stesso Campion in un ruolo marginale e che hanno il loro probabile capolavoro in Un’ombra nella nebbia (non a caso riproposto solo due anni fa dalla Bollati Boringhieri nell’ottima traduzione di Simona Garavelli), imperniato su una caccia all’uomo e scritto con un’animazione febbrile e una crudezza mai più ripetuti.

E Albert Campion, personaggio, come si connota? Più che protagonista preponderante – di là dalla codificata eccentricità dei primi romanzi, in cui è descritto piuttosto nitidamente – Campion finisce per assumere via via un’immagine più defilata, da eroe “estraneo” o da osservatore-partner, che traduce la vicenda per il lettore. Questo, senza vietarsi però di intrecciare una vicenda sentimentale in progress con la dolce Lady Fitton, che conosce in Dolce pericolo (1933), con cui si fidanza in La parte del destino (1938) e che sposa in L’amnesia del signor Campion (1941).

Non ci pare fuori luogo concludere con due curiosità. Un solo libro della Allingham ci risulta sia approdato al cinema, e precisamente The Tiger in the Smoke (1952), da cui il regista Roy Ward Baker (dalla lunga carriera divisa tra giallo, drama e horror) trasse nel 1956 il film omonimo, con Donald Sinden e Muriel Pavlow, in cui però il personaggio di Campion non compariva. E ci piace ricordare, infine, che al 1988 risale la Margery Allingham Society, fondata a Londra per celebrare vita e libri dell’autrice (una delle Quattro Regine del Crimine, per i soci) con conferenze, convegni, pubblicazioni, ricerche e un incontro annuale fisso al 20 maggio, data di nascita della scrittrice. I membri ricevono inoltre un giornale, “The Bottle Street Gazette”, che prende il nome dall’indirizzo londinese di Albert Campion, che abitò infatti, nella finzione narrativa, in un appartamento al 17 di Bottle Street, sopra una stazione di polizia.

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