È noto: parecchi tra gli investigatori letterari sono degli inguaribili epicurei.
Vien da pensare che sublimino con la buona tavola quel loro starsene in mezzo a crimini, furti e delinquenza in genere. E forse è proprio così. Prendiamo ad esempio Nero Wolfe, così raffinato da competere con il suo cuoco in una gara di ricette all’ultima forchetta. E che dire della moglie del commissario Kostas Charìtos, creato dalla penna di Petros Markaris? I Gemistà della signora Adriana pare siano un’apoteosi! Per non parlare di Manuel Vázquez Montalbán e delle sue Ricette Immorali o ancora dei manicaretti della signora Maigret che profumano di Alsazia e di spezie della campagna francese.
Insomma la lista è lunga e pian piano vedremo di darle un’occhiata insieme. Seguitemi, che oggi andiamo nella meravigliosa terra di Sicilia!

Il commissario Montalbano, nella sua Vigata, pranza spesso in trattoria da Enzo o da Calogero: e pure noi vorremmo trovarci a gustare un piatto di pesce su quella meravigliosa terrazza, bianca e azzurra, vista mare, praticamente in spiaggia, magari con Luca Zingaretti! Un sogno! Però ci toccherebbe farlo in silenzio, perché (è cosa nota) il commissario non ama parlare mentre mangia. Una bottiglia di vino bianco fresco e i consigli del ristoratore sono tutto ciò che serve. E poi? Poi, dopo pranzo, la passiata fino al molo, per digerire in pace ragionando sulle indagini, sempre che Fazio o il suo vice Mimì Augello non arrivino a disturbare con l’ammazzatina di turno, il ritrovamento di qualche cadavere frisco frisco saltato fuori in contrada chissadove.

La penna ironica e sublime del maestro Camilleri ci ha sempre confezionato storie poliziesche prelibate, genuine quasi quanto la passione per il cibo del suo commissario. Qualcuno ha definito Montalbano “ambasciatore della cucina siciliana nel mondo” e noi non possiamo che dirci d’accordo!
La cammarera Adelina gli lascia spesso qualche pietanza appetitosa in frigorifero e lui se la gusta sulla verandina, in agognata, edonistica solitudine. Ammesso che non suoni il telefono e che la voce di Catarella non lo smuova dai piaceri della tavola o quella di Livia, amata fidanzata genovese, non lo distolga mentre si appresta a cenare. Allora il nostro commissario butta gli occhi al cielo e santiona a causa dell’interruzione.
Sarde a beccafico, pasta ‘ncasciata, caponata… sono tante le golosità da esplorare, già in precedenza abbiamo trattato la ricetta degli “arancini”, faccenda che dava pure il titolo a un romanzo (e poi a un episodio della serie televisiva con protagonista il bravo Zingaretti) oggi ci dedichiamo alla caponata, gustosissimo piatto siciliano che ha deliziato schiere di marinai, e non solo, nel corso dei secoli. Ecco un estratto in cui compare, da La gita a Tindari:
“Appena aperto il frigorifero, la vide. La caponatina! Sciavuròsa, colorita, abbondante, riempiva un piatto funnùto, una porzione per almeno quattro pirsone. Erano mesi che la cammarera Adelina non gliela faceva trovare. Il pane, nel sacco di plastica, era fresco, accattato nella matinata. Naturali, spontanee, gli acchianarono in bocca le note della marcia trionfale dell’Aida. Canticchiandole, raprì la porta-finestra doppo avere addrumato la luce della verandina. Sì, la notte era frisca, ma avrebbe consentito la mangiata all’aperto. Conzò il tavolinetto, portò fora il piatto, il vino, il pane e s’assittò.”

Trascrivo due ricette, la caponata di Trapani e quella di Catania. A voi lettori e cuochi provetti l’ardua scelta.
Buon appetito!
Caponata: in origine era un pesce (ricette liberamente tratte da “La cucina Italiana”)
Il nome “caponata” indicava il companatico che le donne davano ai loro mariti, pescatori del capone, nome siciliano della Lampuga, un pesce della famiglia dei tonni, ricercato per le sue carni pregiate che veniva servito con la salsa agrodolce della caponata. I poveri, che non potevano permettersi il pesce, lo sostituirono con le melanzane. Due le scuole di pensiero nell’isola simbolo del buon mangiare: da una parte chi concepisce il piatto come un insieme di verdure, tra cui appunto le melanzane, accostate a un altro simbolo della Sicilia, le mandorle, e poi condite in agrodolce, e chi, sulla costa orientale e nello specifico nella città di Catania, vede invece una predominanza della melanzana e del pomodoro, uniti ai pinoli e al basilico fresco. In realtà esistono moltissime ricette di questo piatto – se ne contano almeno una trentina – che oggi viene servito come antipasto o come contorno, ma che nel ‘700 rappresentava un piatto unico accompagnato dal pane. La cucina casalinga italiana ha radici molto profonde. Quando si parla di ricetta tradizionale o autentica, ci sarà sempre qualcuno che la fa in modo diverso perché ogni ricetta è figlia della propria famiglia, espressione della propria storia.

La melanzana lunga, non una qualunque
In entrambi i casi la melanzana utilizzata per la caponata è quella oblunga e soda, detta anche la “violetta di Palermo”. Questa melanzana ha una consistenza meno spugnosa di quelle tonde, e una polpa densa ecompatta, perfetta per non assorbire troppo olio durante la frittura e per non rilasciarlo una volta cotta, evitando così l’effetto super unto.
Ricetta della caponata trapanese
Ingredienti: 800 g melanzane, 2 peperoni, 1 gambo di sedano, 1 cipolla rossa, 1 spicchio di aglio, 2 carote, olive verdi Nocellara del Belice, mandorle leggermente tostate, una manciata di capperi dissalati, 400 g. pomodori della qualità pizzuttello, 2 cucchiai di zucchero di canna, aceto di vino, olio extravergine di oliva, sale
Procedimento: Prendete le melanzane, lavatele e tagliate via il picciolo e la parte finale. Riducetele a tocchetti e lasciatele spurgare in un colapasta con del sale grosso per circa 30 minuti. A parte pulite e affettate i peperoni. Riducete la cipolla a fettine, fate lo stesso con le carote e fate rosolare le verdure in una padella con un filo di olio e uno spicchio di aglio. Aggiungete i pomodori puliti e tagliati a pezzetti, mezzo bicchiere di aceto, lasciate sfumare e poi unite i due cucchiai di zucchero. In una pentola fate sbollentare per qualche minuto il sedano in acqua e aceto e poi aggiungetelo ai pomodori. Sciacquate le melanzane, asciugatele in un foglio di carta assorbente e poi fatele friggere in una padella con olio ben caldo. Quando saranno dorate, scolatele e asciugate l’olio in eccesso. Fate lo stesso con i peperoni e poi unite le verdure fritte ai pomodori, aggiungete le olive a pezzetti, le mandorle leggermente tostate e i capperi. Mescolate delicatamente con un cucchiaio di legno per non sfaldare le verdure. Aggiustate di sale e portate in tavola la vostra caponata.
Ricetta della caponata catanese
Ingredienti: 800 g melanzane, 400 g. pomodori o passata di pomodoro, 1 gambo di sedano, 1 cipolla rossa, 100 g olive verdi denocciolate, una manciata di capperi, 50 g pinoli, 2 cucchiai di zucchero di canna, mezzo bicchiere di vino bianco, qualche foglia di basilico, olio extravergine di oliva, sale
Procedimento: Come per la caponata trapanese, pulite e affettate le melanzane, tagliatele a pezzetti e mettetele in uno scolapasta. Cospargetele di sale grosso e lasciatele così per 30 minuti, poi sciacquatele, strizzatele e asciugatele con carta assorbente. Lavate il sedano, fatelo a pezzetti e sbollentatelo in acqua e aceto per 5 minuti, poi scolatelo. Friggete in abbondante olio extravergine i cubetti di melanzana e quando saranno dorati, scolateli con una schiumarola. In un’altra padella fate rosolare in poco olio la cipolla affettata, aggiungete il sedano, le olive, i capperi, i pinoli e fate cuocere per 5 minuti. Aggiungete i pomodori tagliati a pezzetti e continuate la cottura per dieci minuti. Unite le melanzane fritte, il vino bianco e lo zucchero, e continuate a cuocere per due minuti. Aggiustate di sale, decorate con le foglioline di basilico e portate in tavola. Servite la caponata tiepida o fredda.