RECENSIONE a cura di Edoardo Todaro:
Inizi a leggere il prologo e già capisci che le pagine che ti aspettano saranno particolarmente dure. Il romanzo sociale trova il proprio concretizzarsi con “ Ultimo sangue “: Napoli ed i Quartieri Spagnoli,il cosiddetto sviluppo urbanistico; il vicolo, le prostitute multietniche, i borseggiatori di professione, le guerre tra clan che non risparmiano nessuno,le Vele, il cuore di Scampia che hanno visto passare i fallimenti misurati, non solo in anni, ma di sicuro in fallimenti di progetti, di amministrazioni di colore politico diverso, gli androni dei palazzi luoghi d’incontro tra ladri e ricettatori, dove si organizza e si decide; ciò che si sente è il brusio fatto di parole in codice, fruscii di banconote, di sospiri;l’eroina che divora; ragazzini arroganti cresciuti a spaccio e risse, Posillipo, Castel Volturno e la tratta di esseri umani, inferno di mafie multietniche, zona di confine tra abbandono e “ riqualificazione “; Soccavo, Pescopagano, luoghi orfani di uno stato mai esistito. Ed in particolare le regole, non scritte, le regole a cui sottostare: negare sempre, negare tutto, tenendo in considerazione che tutti sono potenziali infami . Se sottrai a queste pagine il contesto sociale resta ben poco. E quindi? I protagonisti Buba ed Alisa, due sicari, due killer professionisti che si attengono alle regole di un vero e proprio mestiere, come ad esempio: gli affari devono restare separati dalle questioni familiari ed i bambini devono restare fuori da qualsiasi contendere; Donna Teresa, la boss che gestisce tutto da sola; la gestione della piazza per lo spaccio e tutto ciò che tiene su il SISTEMA; donna minuta, anziana ed intelligente che non guarda ma studia; che giudica la guerra, quella per il controllo del territorio, negativa visto che fa perdere tempo, soldi e fa morire tanta gente, brava gente; piegata dalla vecchiaia, da una malinconia soffocata da un rancore senza fine, ed al contempo regge le fila di un impero milionario. Nonostante il ruolo, ciò che trasmette è il dolore reale di una madre che prescinde dall’appartenere, o meno, ad un clan.” BUBA “, nome di battaglia, il silenzio fatto persona, con il suo corpo di cicatrici, tagli ustioni, uno specchio rotto che prova a rimettersi in sesto,che ha sempre amato leggere … perché gli scrittori “ sanno usare le parole “. “ ALI’ “ Alisa, cresciuta nei vicoli, che cerca di sfuggire alle violenze del padre divenendo sicario, Alì e Buba che si prendono cura l’uno dell’altro; due persone rese cattive dalla vita, che crescono in un inferno generato dalle contraddizioni e poi, come tralasciare il commissario Maresca, le sue torture,gli interrogatori pesanti, una figura decisamente agli antipodi di ciò che siamo abituati ad incontrare nel leggere i noir: non è il poliziotto, l’investigatore, il commissario buono; ed i “ Coccodrilli “, la “ batteria “ di ragazzini di quartiere presente al momento giusto nel posto giusto, un posto giusto dove ogni cosa ha un prezzo ed è una merce in cui sono banditi onore e fedeltà. Essere considerati una casa editrice “ minore “, a volte nasconde il lato positivo di farci leggere delle pagine come queste. Confesso che dopo aver letto tantissimo, tanti noir in particolare, Di Dio mi ha fatto velare di lacrime gli occhi.