Robert Bryndza ci regala un altro giallo d’indagine ambientato in una Londra cupa e minacciosa, su cui incombono un cielo di cenere, gravido di pioggia, e la mano di un efferato serial killer che adesca le proprie vittime sui social media. Ancora una volta, è Erika Foster a seguire le tracce di sangue lungo l’asfalto londinese: dopo La donna di ghiaccio, La vittima perfetta e La ragazza nell’acqua, la detective creata dalla penna di Bryndza dovrà fare di nuovo i conti con un nuovo mostro in Ultimo respiro. Tormentata dalla morte del marito e rimossa dalla squadra omicidi, Erika si imbatte in un cadavere gettato tra i rifiuti di un cassonetto. Messa a margine, non può che stare a guardare i colleghi che imboccano una falsa pista arrestando l’uomo sbagliato. Quando l’assassino torna a colpire, mostrando tutta la vulnerabilità delle indagini in corso, alla polizia londinese non resta che reintegrare Erika Foster e la sua squadra di agenti, e dare il via a una caccia mozzafiato in una periferia lugubre e desolata, dove i mostri riescono a nascondersi bene.
Il romanzo ha la giusta dose di adrenalina e suspense, ma l’aspetto più interessante è il doppio punto di vista, quello di Erika Foster e quello del serial killer, di cui vengono sondate ogni pulsione e ogni ossessione: una vera e propria discesa nell’abisso di una mente disturbata, in grado di agire in maniera fin troppo lucida per adescare le proprie vittime ed eludere la polizia.
Unica pecca un editing e una traduzione non proprio eccellenti, che però non inficiano la lettura.