Pindemonte è un piccolo borgo montano situato tra le Valli di Lanzo, non distante da Torino: circondato da paesaggi meravigliosi un tempo era la meta prediletta dei turisti ma da anni ormai la piccola comunità non vede orde di vacanzieri impegnare i tanti sentieri escursionistici della zona.
Un solo albergo nella piazza centrale, un sindaco scaltro con la moglie locandiera, il Maresciallo Calitri che viene dal sud e un barista “boccoloso” che funge da bollettino locale, senza contare la compagnia delle vedove allegre che popola il piccolo paese.
Insomma la vita scorre lieta e pigra, fino a quando un illustre cittadino fa ritorno alla terra natia. Non possiamo certo dire che si tratti di una visita: Arturo Musini, di anni 94, ha scelto il piccolo borgo per l’estremo riposo e il testamento parla chiaro, il povero defunto verrà sepolto a Pindimonte.
Già, un testamento: il Musini erede di una ricchissima famiglia di imprenditori che nella vita coltivò il sogno di diventare musicista senza successo, decide di lasciare il suo patrimonio al Conservatorio di Torino a patto che vengano rispettate delle clausole, tra queste la costruzione di un mausoleo nel paese natale e l’obbligo di una costante e perfetta manutenzione della sepoltura, pena la revoca del lascito.
Corre l’anno 1981 e mentre il sindaco già pregusta insperati guadagni, il maresciallo Calitri fa i conti con il ritrovamento di un cadavere nelle prossimità di una frana: non è proprio il momento ideale, il paese è pronto ad accogliere Musini e questa rogna tra capo e collo nasconde parecchie insidie.
E a Torino che succede? Paganalli, il direttore del Conservatorio, si ritrova una fortuna per le mani, ma mica è tutto oro quello luccica: chi si prenderà cura del mausoleo? Chi farà avanti indietro per quelle strade di montagna per assicurarsi che tutto sia sempre in ordine? Che possa essere l’occasione per togliersi dai piedi il mal tollerato assistente personale Baldini?
Passano i mesi, è l’estate del 1982, l’estate che vedrà l’Italia vincere i mondiali di calcio, l’estate in cui a Pindemonte inizieranno a verificarsi una serie di piccoli sfortunati eventi.
Sarà il maresciallo Calitri con i suoi sbilenchi sottoposti, Morozzi e Cravero a mantenere l’ordine, ma… a voi il piacere della scoperta.
La scrittura di Antonio Falco mi aveva già conquistato nel precedente romanzo “La stella a sei punte”, le aspettative erano perciò molto elevate e con grande piacere devo dire che sono state ampiamente superate.
Un romanzo divertente, ben strutturato, credibile, che si legge d’un fiato. Lo scrittore ci riporta nei bellissimi anni ‘80 e non ci sono smartphone, social o tecnologie avanzate. C’è un giovane maresciallo del sud che in piena estate patisce il caldo nella sua Ritmo d’ordinanza senza aria condizionata, ci sono i Mondiali di calcio e tutta la magica emozione che suscita nel lettore il ricordo di un’Italia trionfante, ci sono i paesaggi e gli alpeggi, c’è la vita semplice ma non per questa priva di insidie, non a caso si dice che tutto il mondo è paese, e Pindemonte non fa eccezione.
Mi sono piaciuti i personaggi che l’autore ha saputo sviluppare dosando ironia e serietà per regalarci un’azione coinvolgente e mai noiosa. Notevole il registro linguistico, la costruzione dei capitoli, insomma una scrittura scorrevole che regala al lettore quello che rende un libro godibile, la voglia di continuare a leggere e la sensazione di familiarità con i luoghi e con la compagnia di quella che, nella mia mente, è stata una bellissima avventura.
Ah dimenticavo: la copertina è perfetta per la storia!
Complimenti ad Antonio Falco, non posso che consigliarvene la lettura.