Recensione a cura di Manuela Fontenova
Nel 1995 una quindicenne fu aggredita e lasciata in fin di vita in mezzo al bosco; non fu mai trovato il colpevole, nessuno pagò per quel crimine. Con una premessa simile ci si aspetterebbe di leggere un thriller mozzafiato, con la tensione che corre sul filo delle parole, dove ogni piccolo colpo di scena ti fa sussultare e ti convince ad alzarti per controllare che la porta sia ben chiusa. Ecco, in Testimone silenziosa questo non succede, non avviene perché il crimine è stato già commesso, esattamente quindici anni prima, e solo nel 2010 qualcuno torna ad interessarsi alla giovane vittima, che giace in stato vegetativo da allora. Potremmo parlare di un cold-case? I presupposti ci sono tutti.
Alex è una giornalista freelance, non ha una vera carriera e non ha più nemmeno una vita: le sue scelte la stanno conducendo verso una strada senza uscita, le sue nottate obbediscono ad un richiamo che le ha portato via l’amore, gli affetti, la dignità. L’incontro con Amy è casuale, in ospedale, dove sta cercando di scrivere un pezzo sui pazienti in stato vegetativo, succede che un piccolo dettaglio, un poster di un gruppo musicale anni ’90, la spinga a scostare la tenda di una delle stanzette del reparto. È lì che da quindici anni Amy Stevenson giace in stato d’incoscienza, unica testimone di un crimine mai risolto. Alex la ricorda bene, sono coetanee, il suo caso scosse la vita di tutti all’epoca, e alla vista di quel giovane corpo inanimato sente qualcosa scoppiarle nel cuore: deve capire, deve sapere cosa è successo. Lo deve ad Amy ma anche a se stessa.
Non è facile avere informazioni su un caso ormai archiviato, Amy è sola, gli amici di un tempo sono difficili da raggiungere, ma forse qualcuno è rimasto in tutti questi anni ed Alex dovrà fare affidamento su di lui per arrivare alla verità.
Come dicevo prima non ci troviamo di fronte ad un thriller adrenalinico, ma piuttosto parliamo di un thriller psicologico: seguiamo gli sviluppi della vicenda con apprensione, con il groppo alla gola, perché il pensiero di chi possa aver ridotto in quelle condizioni la povera ragazza non ci dà tregua. C’è sempre qualche tassello che non combacia, qualche elemento fuori posto. Qualcuno sa chi è stato? Dove andare a cercare?
Viviamo la malsana esistenza di Alex, alti e bassi, sensi di colpa e tanta solitudine e parallelamente proviamo una grande empatia e solidarietà nei confronti di Amy che sembra non arrendersi alla morte e resiste giorno dopo giorno, ignara di ciò che le succede attorno; forse proprio l’antitesi di Alex che invece sembra non tenerci abbastanza alla sua di vita. Ma poi, è davvero incosciente? Non è forse questa la domanda che la giornalista pone come punto di partenza per il suo pezzo originario: cos’è lo stato vegetativo? Siamo sicuri che non sia possibile comunicare con le persone che lo vivono? C’è solo una testimone, è Amy, una testimone silenziosa, ma il silenzio nasconde molto più di quanto si possa credere.
La storia è indubbiamente ben sviluppata, ma più volte durante la lettura ho avuto la sensazione di aver già incontrato un personaggio simile, e in effetti pensandoci un po’ ho trovato fin troppi punti di contatto con La ragazza del treno di Paula Hawkins, best seller recente che ha ottenuto grande riscontro tra i lettori. Questo, unito alla mancanza di azione, non pone Testimone silenziosa in cima alla mia top ten di libri da consigliare; resta tutto sommato una piacevole lettura, e probabilmente, se non avessi letto il libro della Hawkins, lo avrei apprezzato molto di più.