Pioggia sporca
Vittorio è un ispettore di polizia vessato da creditori violenti e senza scrupoli; Marco è un giovane di ritorno dalla Germania, dov’era fuggito per cambiare vita dopo aver pestato i piedi ai pezzi grossi del suo quartiere; e Rolando, detto Rollo, è un perverso poliziotto dell’Antidroga che si serve del distintivo per compiere i peggiori soprusi a danno della piccola criminalità. Le loro storie, apparentemente sconnesse, finiranno per colludere tragicamente, quando in città transita un grosso carico di droga che fa gola a tanti. La pioggia cade su tutti loro e sulla città senza nome che fa da sfondo e rappresenta tutte le periferie delle grandi e caotiche città italiane.
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Una pozzanghera enorme di acqua torbida, grigia, fetida, con zolle di fango. Intorno, i numerosi insediamenti dei quartieri popolari che si ergono bucando un cielo plumbeo.

L’immagine è tetra. A saltare dentro la pozza sono i protagonisti di questa nuova trama del giovane autore Lorenzo Scano, sempre più determinato a descrivere trame oscure.

Lorenzo tratteggia la pioggia sporca, la vera presenza costante, quella che rallenta i piani diabolici e dovrebbe ripulire la coscienza di tutti.

“Gli sbirri si muovono con agilità, sono pedine perfette nei piazzali polverosi, nelle stradine che si infilano sotto la ferrovia” cita l’autore. Antidroga, anticrimine, poliziotti sempre sul ciglio della vita di quartiere di qualsiasi periferia, violenta e squallida.

È pioggia sporca quella che scende copiosa sulle capote della pattuglia Seconda Sezione Criminalità diffusa. Tra i protagonisti Rollo: un vero camaleonte, abile a mimetizzarsi nelle borgate pregne di sciacalli.

Un vero sorcio di fogna, una belva pericolosa che ama trascorrere le giornate nella cloaca. Si nutre di coca ed è abile con la Glock 17. Ormai ha valicato il confine e troppi lo vorrebbero esanime, cosa che risolverebbe parecchi problemi.

Pedine come l’ispettore Vittorio Marangiu cresciuto a Milano, o Marco che ritorna in Sardegna dopo anni.

Irrompono come  lampi e squarciano le vite altrui. Sono saette pronte a fendere l’oscurità con la pioggia che percuote i finestroni dei vecchi palazzi e non riesce a dissolvere il disagio costante che alberga in ognuno di loro.

Cagliari viene fotografata come un territorio dimenticato da Dio, senza via di fuga, abitata da gang feroci e prive di umanità. Tra le pagine si insinua un silenzio irreale, quasi spettrale, rivivo alcune scene,  non mi è difficile immedesimarmi.

Solo il fragore della pioggia interrompe il ritmo di questa violenza inaudita e – proprio come le gocce – anche i personaggi cadono copiosi schiacciando altre vittime.

Nella pozzanghera tutti si possono riflettere: “Vittorio vedeva le loro ombre deformarsi e allungarsi all’interno di quel bacino e in quei condomini ormai adibiti come serra degli orrori: una perfetta palestra per addestrare i vari ranghi della criminalità.

Un tunnel senza via d’uscita perché come cita la quarta di copertina: “Cane mangia cane. Non c’è spazio per i più deboli.”

Posso complimentarmi con questo tenace autore che, nonostante la sua giovane età, è riuscito a creare un noir ben strutturato. Vi consiglio di seguirlo, non ve ne pentirete.

 

 

 

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