Prima di raccontarvi le mie impressioni sul libro voglio darvi qualche informazione sulla sua genesi.
William McIlvanney, autore e poeta scozzese è considerato il padre del Tartan Noir. Nel 1977 diede vita al detective-filosofo Jack Laidlaw scrivendo in 14 anni 3 libri con questo particolare protagonista. Nel 2015, McIlvanney, morì e fra le sue carte, la moglie trovò un manoscritto con una storia di Laidlaw, un prequel. Si trattava di appunti senza il finale. La casa editrice chiese a Ian Rankin, esponente di spicco del Tartan Noir, autore del seriale di grande successo con protagonista John Rebus e la città di Edimburgo, di completare il giallo. Con grande trepidazione, secondo le sue dichiarazioni, Rankin si avvicinò al manoscritto e lo completò, sentendo forte il peso di mettere mano a uno scritto di un autore che ammirava molto. Il risultato finale è “Oscuri resti – Le indagini di Laidlaw”.
Fatta questa doverosa introduzione, dirò subito che il libro mi è molto piaciuto perché le atmosfere descritte sono quelle di una città, in questo caso Glasgow, che fanno parte integrante del libro. Laidlaw è un agente investigativo che troviamo in una nuova unità, la sua reputazione lo precede e questo fa sì che il suo capo lo “affidi” al sergente Lilley perché lo tenga d’occhio. Jack Laidlow è un cane sciolto, poco incline al lavoro di squadra, si trova meglio in strada che in centrale, non ama e non è amato dai suoi colleghi. Molto bravo nel suo lavoro e anche nel far arrabbiare la gente, ha però la capacità di cogliere gli stati d’animo, di capire la strada. È un uomo che ragiona è capace di collegare particolari e situazioni anche molto distanti fra di loro. Legge i filosofi, anche questo è motivo di incomprensione e dileggio, ma fa parte della sua strategia, come dice al suo collega Lilley: “Sai perché quei libri sono qui, Bob?” Le parole gli uscirono dalla bocca tutte d’un fiato. “Perché in una sala piena di detective, tutti li prendono come tracce per capire il mio carattere. E mentre sono occupati a decifrarne il senso e il ruolo, io riesco a lavorare senza ostacoli.” Bob Lilley pur non essendo contento del comportamento di Laidlow, lo supporta e cerca di comprenderlo ma non è sempre facile. Nel racconto della vicenda si entra anche nella vita privata di Laidlaw, scopriamo così che il suo matrimonio è in crisi, che quando indaga non c’è posto per null’altro. Disattendendo alle consegne dell’ispettore Milligan, Laidlaw indaga seguendo i suoi ragionamenti e intuizioni che porteranno alla soluzione del caso. Come dicevo oltre all’indagine c’è la Glasgow degli anni Settanta, il pub, la malavita, la povertà, le guerre tra bande, la corruzione. Tutto descritto senza giudizio, anzi cercando di far comprendere le fragilità umane. A mio avviso una scrittura bella, dura, degna dei migliori polizieschi.
Consigliato a chi abbia letto i precedenti libri di McIlvanney con protagonista Jack Laidlow ma anche a chi non abbia mai letto nulla, consigliato a chi legge abitualmente Ian Rankin, perché trovo che il suo lavoro di completamento del libro sia stato molto rispettoso ma allo stesso tempo abbia apportato una nota personale. Consigliato a chi cerca atmosfere particolari ben descritte.