Non inganni il titolo: questo bel giallo non si svolge dentro un aeroplano in viaggio sopra le nuvole, ma ha i piedi ben piantati sulla terra, per la precisione affonda le radici nel mondo della moda e dell’imprenditoria rampante milanese.
Intendiamoci: il motore della storia è l’omicidio, inizialmente scambiato per fatale malore nel posto sbagliato al momento sbagliato, di un affermato stilista che incontra la morte durante la traversata atlantica in aereo.
Ma da qui, a cerchi via via più ampi, l’affresco narrativo si irradia su tutto l’ambiente, pieno di contraddizioni e bassezze al di là della scintillante immagine, di cui la vittima era parte importante.
A favorire l’immersione critica, spesso impietosa, in questa odierna “Milano da bere” è la profonda diversità tra i due investigatori della Polizia, il Commissario Nino de Santis e l’Ispettore Giampaolo Lezzi, incaricati dell’indagine, e il contesto umano e sociale su cui si esercita.
I due sono entrambi “pesci fuor d’acqua” rispetto alla cultura e ai costumi milanesi in generale, al di là dell’idiosincrasia con la “jet society” della capitale lombarda.
Il primo è un campano trapiantato al Nord che, nonostante l’inserimento di lunga pezza e il successo professionale, rimane profondamente legato ai pregi e ai vizi della sua meridionalità, fatta di posatezza e gusto del bello che malsopporta, pur accettandola ed adeguandosi, la frenesia nordista.
Il secondo, pur indigeno, è sempre stato un cane sciolto, e ancor di più da quando vive uno stato tra il masochistico e l’amaramente filosofico, di separato in casa.
La “strana coppia” attraversa una vicenda via via sempre più torbida e riprovevole con un’efficienza e una determinazione investigativa che viene dal sentirsi, ed essere, “altro” dalla variegata e poco commendevole fauna umana che tocca loro affrontare per raggiungere la verità.
La quale, alla fine, sarà ancor più sorprendentemente dolorosa di quanto ci si possa aspettare.