Ninfa dormiente
“Li chiamano «cold case», e sono gli unici di cui posso occuparmi ormai. Casi freddi, come il vento che spira tra queste valli, come il ghiaccio che lambisce le cime delle montagne. Violenze sepolte dal tempo e che d’improvviso riaffiorano, con la crudele perentorietà di un enigma. Ma ciò che ho di fronte è qualcosa di più cupo e più complicato di quanto mi aspettavo. Il male ha tracciato un disegno e a me non resta che analizzarlo minuziosamente e seguire le tracce, nelle valli più profonde, nel folto del bosco che rinasce a primavera. Dovrò arrivare fin dove gli indizi mi porteranno. E fin dove le forze della mia mente mi sorreggeranno. Mi chiamo Teresa Battaglia e sono un commissario di polizia specializzato in profiling. Ogni giorno cammino sopra l’inferno, ogni giorno l’inferno mi abita e mi divora. Perché c’è qualcosa che, poco a poco, mi sta consumando come fuoco. Il mio lavoro, la mia squadra, sono tutto per me. Perderli sarebbe come se mi venisse strappato il cuore dal petto. Eppure, questa potrebbe essere l’ultima indagine che svolgerò. E, per la prima volta nella mia vita, ho paura di non poter salvare nessuno, nemmeno me stessa”
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Un disegno che rapisce chi lo osserva, linee sinuose che definiscono la Ninfa dormiente, un’opera di rara bellezza che nasconde un segreto raccapricciante. La nuova avventura del commissario Teresa Battaglia parte da lontano, un salto negli anni della Seconda Guerra Mondiale, una terra ricca di tradizioni, la Val Resia, una morte antica che chiede di essere svelata.

Per i lettori incontrare Teresa è come tornare a casa, raramente ci si imbatte in un personaggio dal quale traspare tanta vita, tanta umanità. Teresa non si limita a vivere tra le pagine, la sua essenza non rimane intrappolata nell’inchiostro che la racconta sulla carta, esce quasi con prepotenza dal libro ed esiste, nel suo ufficio, a casa a mangiare le caramelle proibite, tra i boschi.

Il suo spiccato intuito ma soprattutto la capacità di cogliere le sfumature dell’animo umano caratterizzano questa piccola grande donna che con il suo caschetto rosso si trincera dietro una scorza impenetrabile; è dura, intransigente e cinica. Teresa sa che basterebbe un niente per abbattere quel muro che anni fa interpose tra sé e il mondo esterno, e quel niente è l’amore, un sentimento di affetto negato per troppo tempo ma che tornerà ad abitare il suo cuore, soprattutto ora che la sua vulnerabilità la rende forse per la prima volta bisognosa di aiuto.

Teresa Battaglia è una profiler, tra i migliori in circolazione, vede con tutti i sensi, con il cuore prima che con gli occhi: sente le vibrazioni di un luogo e la vita che lo ha abitato, la storia che è intrappolata nelle fibre dei tessuti, nei nodi legnosi dei mobili usurati dal tempo. La squadra che la accompagna nelle indagini è la sua famiglia, una famiglia della quale i componenti non sanno di far parte, ma che Ilaria Tuti ha voluto far emergere nel romanzo. Ecco che finalmente Massimo Marini, il giovane ispettore che tanto ci aveva incuriosito in Fiori sopra l’inferno, comincia a farsi conoscere e io personalmente ho apprezzato moltissimo l’evoluzione di questo personaggio, secondario solo in apparenza, perché penso che molto avrà da raccontarci in futuro. Una nuova figura si fa spazio nel cuore del commissario, è Blanca  giovane “risorsa” che la affiancherà nelle indagini (non vi racconto oltre, la scoprirete leggendo).

I paesaggi, grandi protagonisti come sempre, con la storia che in Ninfa dormiente accompagna le indagini passo dopo passo. L’autrice ha scelto la Val Resia, un territorio noto forse più per l’offerta turistica che per la cultura che lo caratterizza. Atmosfere e descrizioni surreali, una natura antica e pulsante quella che tratteggia la Tuti, che si svela al lettore scavando nella memoria e nel passato.

C’è un tema che continua a graffiare il mio cuore, è la maternità raccontata in entrambi i romanzi, è una sensazione quasi tattile quella che si prova leggendo: non vi è quasi dolcezza, è negata, sofferta, violata ma quanto mai desiderata. Un amore e un bisogno viscerale, un istinto primordiale che si lega inesorabilmente alla natura che lo protegge.

Forse avrei potuto raccontare di più, parlare della trama, della scrittura e dello stile ma diciamoci la verità, potrei riassumere la grandezza del romanzo in una parola: TERESA. Si perché la vicenda potrebbe svolgersi in altri luoghi, ci saranno sempre boschi e montagne custodi di crimini segreti, ma ci sarà sempre una sola e irripetibile Teresa Battaglia, e saremo noi lettori a seguire i suoi passi nella ripida salita che ha intrapreso. Perderà i suoi ricordi, forse un giorno dimenticherà persino di sé stessa ma ci saremo noi a ricordare per lei, il Commissario Battaglia non è una donna che si fa dimenticare.

Ilaria Tuti riesce laddove molti scrittori falliscono, raggiunge i punti più reconditi del nostro animo facendoci indugiare sulle pagine, combattuti tra la voglia di andare avanti e il desiderio di non arrivare mai alla fine. Potrebbe raccontare qualsiasi storia, con la sua scrittura la renderebbe comunque incredibile.

Quando ho chiuso Ninfa dormiente l’ho fatto con le lacrime e con il cuore in subbuglio; come era successo per il primo romanzo, Teresa è tornata con tutta la sua forza nella mia vita e io non posso non immaginarla concentrata ad annotare ogni piccolo particolare sul suo diario, fidato custode dei più intimi segreti.

Arrivederci Teresa, spero di ritrovarti presto.

  • Collana: La Gaja scienza

 

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