Luglio 1899, siamo in Sardegna, a Serra (nome di fantasia) in una piccola caserma dei carabinieri. L’Italia è fatta da poco, per gli italiani c’è ancora molto da fare. Nella caserma troviamo uomini che arrivano da varie parti d’Italia, si mescolano dialetti e vissuti diversi. Il vicebrigadiere Ghibaudo pieno di dubbi personali e professionali, il brigadiere Moretti che si interessa di scienza forense, il maresciallo Audisio, comandante della stazione, capace di insegnare il mestiere di investigare, ligio alle regole. L’atmosfera all’interno della caserma è pesante, un rapimento finito male, un carabiniere che lotta fra la vita e la morte. Vento, caldo, la naturale ostilità dei sardi.
I carabinieri vengono chiamati per un furto a casa del rapito, Ghibaudo trova un cadavere, partono da qui le indagini. C’è subito un presunto colpevole, facile da accusare ma Ghibaudo non è convinto e prova a dimostrare l’infondatezza dell’accusa, coadiuvato per la parte scientifica dal brigadiere Moretti. La vicenda si complica, ci saranno altri morti, i dubbi aumenteranno. Si legge bene questo libro, la scrittura è scorrevole e la vicenda ci racconta uno spaccato di vita e di sentimenti. In modo molto naturale, delicato, ci narra del disagio di sentirsi diversi. É interessante l’inserimento nella trama delle figure dei poeti al volo. Ho apprezzato molto, per la loro caratterizzazione, i personaggi di Amelia Spano e di Lianora Mosu, nata Sanna, due donne che sanno ciò che vogliono. La tensione investigativa si sviluppa lungo tutto il libro e conduce alla soluzione del caso, grazie al carattere caparbio del vicebrigadiere Ghibaudo.
Consigliato a chi ama i gialli classici, le indagini fatte con tanta investigazione e deduzione.