Recensione a cura di Roberto Gassi
«Axat ha una scrittura ipnotica che seduce e inganna il suo lettore.»
The New York Times
Ouverture con versi di “One Tree Hill” degli U2, contenuta nell’album The Joshua Tree. Questo l’incipit del romanzo voluto dall’autore che dagli anni novanta, in cui diventa un fan della band irlandese, aspetta di vedere un loro live in Argentina, magari proprio nella sua città: La Plata.
Un desiderio che diviene sogno e si realizza dopo vent’anni nel 2017 con il tour commemorativo di The Joshua Tree e Federico Axat può, finalmente, ascoltare la sua canzone preferita direttamente dagli U2 a venti isolati da casa nello stadio costruito nel ventennio trascorso in attesa dell’evento.
Una deviazione fuori trama ma doverosa con cui l’autore ci spiega brevemente la genesi del romanzo e quanto quel brano abbia contribuito a ispirarlo e che non bisogna mai smettere di credere, “persino nelle cose impossibili che sfidano la ragione”.
Una scrittura magnetica, che rapisce e conduce il lettore sulla strada di ritorno dall’oblio sino a portarlo a ricostruire, con il protagonista John Brenner, la storia dimenticata.
L’essere un ex alcoolista e lo svegliarsi accanto a un cadavere con lo stordimento simile ai postumi di una sbornia, il ritorno dall’oblio generato dai fumi dell’alcool che annebbiano la mente e i ricordi, e che nascondono a volte la parte cattiva che c’è in noi, liberandola quando perdiamo la lucidità, insinuano in John il dubbio che possa essere lui l’assassino.
Come esserne certi? La sola risposta è: ricordare.
Non ci resta che partire da qui, dalla scena del delitto di questo thriller, originariamente in lingua spagnola:
– abitazione di John Brenner
– una bottiglia di vodka vuota
– una pistola
– il corpo esanime di una ragazza.