Recensione a cura di Manuela Fontenova
Nel quadrante nord ovest della città di Roma sorge uno dei quartieri più belli della Capitale, ricco di storia e di contraddizioni: è Monteverde, un’area tranquilla e pacifica, elegante e a volte maltratta. Sembra che nei dintorni non accada poi molto, i residenti possono dormire sonni tranquilli e il Commissariato di zona gestisce una criminalità tutto sommato contenuta. Sembra, perché il Commissario Biagio Maria Ansaldi ne avrebbe di cose da raccontare! Una serie di omicidi ha messo sotto torchio la sua simpaticissima squadra che non si è fatta parlare dietro e ha risolto brillantemente il caso. All’orizzonte si profila un summit che porterà nella città eterna i principali capi di Stato europei, la tensione è alle stelle, le forze di polizia dovranno coordinarsi per la sicurezza pubblica: è vietato delinquere!
Il commissario Ansaldi sente l’ansia salire al pensiero del lavoro da fare quando un omicidio gli cade tra capo e collo: una giovane prostituta è stata uccisa in uno dei parchi storici della città, Villa Pamphilj, oasi di pace per famiglie e sportivi durante il giorno e terreno di mercificazione dei corpi la notte. Il tempo stringe, il Questore scalpita: il caso va risolto subito, senza clamori e pubblicità, un assassino a piede libero non è contemplato dai piani alti che dirigono i preparativi per il vertice.
Sarà un lavoro duro, estenuante e quasi impossibile per i Cinque di Monteverde. Al primo omicidio ne seguono altri e le piste sembrano inevitabilmente confondersi fino a ingarbugliare una matassa che ruba aria ancor più dei pessimi nodi alla cravatta del nostro commissario.
Dopo Come delfini tra i pescecani François Morlupi ha rincarato la dose di entusiasmo che la lettura del suo romanzo aveva regalato a tutti noi superando di gran lunga ogni aspettativa con una nuova storia ancora più bella della prima. Un lavoro superiore sì, non perché il precedente non fosse all’altezza, anzi, ma lo stacco è evidente nella capacità dell’autore di evolvere e arricchire i personaggi e la trama. L’elemento investigativo, la caratterizzazione dei suoi protagonisti, le citazioni, le ambientazioni, insomma è un crescendo di dettagli che rendono Come il nero degli abissi un romanzo stupefacente.
Torna l’amatissimo Ansaldi a capo del Commissariato di Monteverde, torna con la sua squadra, i Cinque di Monteverde: Il viceispettore Eugénie Loy, i Ringo Boys ossia gli agenti scelti Leoncini e De Chiara e l’agente Eliana Alerami. Perché ci piace così tanto Biagio Maria Ansaldi? Perché è vero, è genuino e soprattutto è una brava persona. Vittima della sua incapacità di adattarsi a un mondo che non lo capisce, si trincera dietro muri di paure, di ansie e di rifiuti
“Decisamente, il Commissario avrebbe preferito vivere in un altro periodo storico, non nel ventunesimo secolo. Forse nel Settecento, l’epoca dei Salons Littéraires, dove pare regnasse una raffinata sensibilità tra i pochi eletti che veicolavano la cultura.”
Con molta sensibilità infatti l’autore ci accompagna tra i suoi ricordi in un percorso di consapevolezza e rinascita se vogliamo, alla ricerca di una serenità che sembra sempre scivolare via come fosse vento, raccontandoci dell’infelicità di chi infelice non sembra.
Lo stesso vale per gli altri personaggi, impariamo a conoscere meglio ognuno di loro, anche grazie alle bellissime pagine che Morlupi ci regala alla fine della giornata lavorativa. Un Di Chiara alle prese con le sue passioni e un ego smodato (vero o di facciata?), ma anche riflessivo e umano. Il suo compare Leoncini, bello da mangiarselo con gli occhi, una bellezza amplificata da un grande tatto e dal saper stare al mondo che affascina chiunque lo incontri. Il viceispettore Loy: cosa ti è successo Eugénie per farti perdere la gioia del vivere? Eccola infine la più giovane, Eliana Alerami, già il nome sembra uno strano scioglilingua, bella e ambiziosa, perfetta almeno in apparenza. A vegliare su di loro l’ala protettrice di Ansaldi, un padre putativo per tutti.
Quando Ansaldi ammira Roma i suoi occhi dimenticano il degrado, oltrepassano quella patina di polvere e smog che ricopre monumenti e palazzi. Il commissario riesce a vedere la bellezza che fu, l’eleganza, lo splendore antico e la grandezza dei tempi. È lo sguardo di un uomo innamorato dell’arte, della meraviglia che la città offre, una bellezza che stride con la bassezza della vita quotidiano. Questo è Biagio Maria, vivo nei pensieri di chi lo ha conosciuto, con le sue scarpe gialle e la sua mole che ha occupato lo spazio intorno a me senza che me ne rendessi conto.
Ho lasciato molto spazio alle mie parole ma mi rendo conto di non aver esaurito ancora la voglia di raccontarvi la bellezza di questo romanzo. Una lettura che entra prepotentemente nella quotidianità, un po’ come una partita a Jumanji, sei nel gioco, devi arrivare alla fine per uscirne. Se ne esce? No, mai. Una volta entrati nel mondo dei Cinque di Monteverde vorrete smarrire la via del ritorno.
Un romanzo eccezionale Nel nero degli abissi, non fate l’errore di non leggerlo.