Muori per me
Notte fonda, una ragazzina chiama la polizia: sua madre è scomparsa. Si tratta dell’assistente personale di Ginevra Puccini, una delle fashion blogger più famose al mondo. Il corpo di Julia viene trovato nelle acque del lago di Como, insieme a quello di altre quattro donne. I cadaveri presentano ulcere evidenti su pelle e mucose, una reazione allergica rara, causata da una sostanza sconosciuta, come accerta l’autopsia. Gli indizi, che puntano tutti a un unico colpevole, diventano una prova con la scoperta dell’arma del delitto. Quando il caso sembra chiuso, però, sulle pagine social di Ginevra Puccini compaiono dei video sconvolgenti: lei conosce il nome delle vittime non ancora identificate, la loro storia e il gioco perverso che le ha uccise. Ma Ginevra non si trova. Potrebbe essere il carnefice o la prossima vittima. La cerca la polizia. La cerca la sua famiglia. La cerca chi vuole metterla a tacere. Quelle immagini denunciano un sistema di corruzione e comando, rivelando la linea di sangue che conduce tra i rami di una famiglia potente e dentro una delle più importanti maison della moda internazionale. Dove forze dell’ordine e giustizia non sono mai riuscite ad aprirsi un varco, sono quei post a fare vacillare l’impero. Perché c’è una voce che i soldi e il potere non possono ridurre al silenzio, quella che rimbalza sui social network e diventa virale. Una voce che neanche la morte può fermare.
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“I milanesi ammazzano al sabato”, scriveva ormai più di cinquant’anni fa Giorgio Scerbanenco, finito poi per essere citato dagli Afterhours nel quasi omonimo album “I milanesi ammazzano il sabato” del 2008: ed è proprio in quella Milano che ha mantenuto nel corso degli anni, nonostante le novità tecnologiche che oggi la fanno da padrona, lo stesso cinismo che veniva fuori dalla penna di Scerbanenco che si sviluppa buona parte di questo “Muori per me”, edito da Piemme, ultimo romanzo firmato dalla “signora del thriller” Elisabetta Cametti.
Misurandosi per la prima volta con la forma del thriller psicologico, la Cametti non perde quei punti di forza che l’hanno portata ad essere un’autrice tradotta in dodici paesi al mondo – una scrittura rapida, veloce, sempre in bilico tra la nevrosi necessaria ad alcune scene e la profonda delicatezza di altre – ma aggiunge ad una trama particolarmente composita un’analisi dettagliata della società contemporanea dominata da “like” e dagli algoritmi, dove la fama è diventata l’altare su cui sacrificare ogni cosa, persino se stessi, in una cosmogonia di droga e sesso che ha fatto guadagnare a questo romanzo la fama di “premonizione”, alla luce dello scandalo che ha coinvolto Alberto Genovese finito su tutti i rotocalchi radiotelevisivi giusto poche settimane dopo l’uscita del manoscritto.
Perché è esattamente quello il mondo messo in scena dalla penna della Cametti: un mondo di influencer, fashion blogger, centri di potere, imprenditori affamati di emozioni forti e ragazze plagiate dalle endorfine che una pioggia di cuori su Instagram è capace di scatenare.
La protagonista della storia è Ginevra Puccini, al secolo Teresa Montanari, ragazza partita dalla provincia per diventare donna nella città dove girano i soldi: dopo aver messo insieme 30 milioni di follower e aver sposato il rampollo della maison Vinciguerra, si ritrova a dover fare i conti con la sparizione e l’omicidio di Julia, la sua assistente personale, ritrovata sul fondo del Lago di Como. Attorno a lei, però, girano le vite di una moltitudine di personaggi, tutti descritti con dovizia di particolari, che non appesantiscono la lettura ma la rendono più coinvolgente, trascinando il lettore tra i nodi di perdizione che la fashion blogger finita dentro a un gioco più grande di lei cerca di sbrogliare. Tra questi, spicca Francesca, sorella e “doppio” della protagonista, che ne rappresenta il contraltare più puro, in un gioco di specchi che racconta un passato a cui Ginevra ha rinunciato e un futuro che forse si può ancora raggiungere.
Allontanandosi dai temi che l’hanno resa grande con la “serie K” e la “serie 29”, la Cametti dipinge un ritratto pieno di sfumature, dove i personaggi sembrano assumere la carne e il sangue dei nuovi ricchi che vediamo ogni giorno in televisione: feste senza limiti dove tutto è concesso, la scomparsa dei valori, tanti “lupi” che ci portiamo dentro e che si mettono sotto le luci dei riflettori, come quell’animale di cui, tanti anni fa, cantava Franco Battiato. Una realtà, insomma, dove niente è come appare.
Sullo sfondo, Milano che guarda le anime che la vivono da lontano e sembra non giudicarli mai, ma li accompagna respirandogli accanto.
Elisabetta Cametti, insomma, nonostante si sia cimentata con una storia diversa da quelle raccontate finora dalla sua penna, ha fatto centro di nuovo. La signora del thriller, in Italia, resta ancora lei. Chi è affamato di casi di cronaca nera troverà molte similitudini con il già citato caso Genovese, chi è affamato di storie ad alta tensione, invece, un romanzo di cinquecento pagine che scorrono veloci come un colpo di pistola. O, forse, sarebbe il caso di dire “come un dito su uno smartphone”.
Imperdibile.

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