Frutto di un rilevante lavoro di ricerca storiografica e delle contestualità dei rispettivi periodi durante i quali si svolge l’intera narrazione, “Mi limitavo ad amare te” è un romanzo di ampio respiro che esce dalla dimensione del microcosmo individuale che purtroppo spesso contraddistingue certa narrativa nostrana. Al contrario, l’autrice ha scelto di puntare verso una dimensione internazionale dell’intera storia, che prende le mosse dal periodo dei bombardamenti di Sarajevo, del clima bellico che si respirava nell’ex-Jugoslavia nel 1992, in un’epoca che, attraverso queste pagine, torna a vivere davanti ai nostri occhi e all’immaginario del lettore con una forza vitale, tale da spingerci a seguire passo dopo passo il vissuto di questo gruppo di ragazzini.
E la percezione che si prova, nel corso della lettura, è davvero quella di un appagamento totale, di una profondità nelle relazioni umane di questi ragazzi, a mano a mano che la loro crescita si sviluppa nel corso degli anni, con tutte quelle privazioni che si trovano ad affrontare, prima in occasione della partenza improvvisa in pullman per salvarli, e senza la certezza di sapere se mai potranno riabbracciare, rivedere, ritrovare i propri genitori. Così tutto quanto accade in seguito, dal trasferimento in Italia all’ospitalità presso i vari istituti religiosi, dalle peripezie varie vissute mentre il tempo scorre inesorabilmente, viene narrato con un senso di partecipazione e un’angolazione vista attraverso questo gruppo di bambini, poi adolescenti, poi giovani adulti, e con un senso di ampio respiro che diventa l’occasione di una sincera narrazione di vita esistenziale, propria di chi sa cosa vuol dire condividere la sofferenza, le paure, i dubbi di ogni giorno, e soprattutto di fronte ad una tragedia come quella della guerra consumata a poche centinaia di chilometri di distanza dall’Italia.
Se proprio va evidenziata una cifra caratteristica di “Mi limitavo ad amare te” è proprio il taglio internazionale, la capacità dell’autrice di saper uscire dai confini nazionali, e di saper creare un prodotto narrativo contrassegnato da elementi di universalità, tali da saper toccare le corde emotive del lettore. Come già era accaduto con il precedente romanzo “Le assaggiatrici” (che aveva fatto affermare Rosella Postorino in ambito mondiale), “Mi limitavo ad amare te” è una storia di crescita, di vissuto, di analisi di fronte ai fatti storici di rilevanza internazionale, nella quale è proprio lo sguardo rivolto agli ultimi, alle persone che faticano a difendersi, che devono compiere delle scelte improvvise, e si ritrovano, loro malgrado, protagoniste, di eventi straordinari, ineluttabili, e diventano a loro volta delle vere e proprie cartine di tornasole in grado di consentirci a meglio conoscere le implicazioni di una delle più agghiaccianti e tristi pagine di storia contemporanea.
Se c’è un romanzo che merita quindi di essere letto e apprezzato, ebbene, è proprio questo. Perché Rosella Postorino ha alzato ulteriormente l’asticella, proprio per cogliere da una vicenda individuale (quella di tre ragazzini portati forzatamente in Italia dalla guerra di Sarajevo) gli spunti di una narrazione universale, coinvolgente, che sa emozionarci, coinvolgerci, commuoverci, e invita a farci riflettere con grande attenzione.