MALACARNE – GIOSUE’ CALACIURA
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MALACARNE – GIOSUE’ CALACIURA

TRAMA:

Malacarne è stato pubblicato per la prima volta venticinque anni fa, e rimane, ancora oggi, un romanzo fulminante. Con la fredda lucidità di un esame radiografico attraversa storie riconoscibili, personaggi familiari, per rivelare il corpo tumefatto, malato delle nostre società. Sembrano mutati i sintomi ma la patologia è la stessa. Stupisce la scrittura fluviale, lingua magmatica che prende in ostaggio, trascinando il lettore in un’avventura senza tregua, senza fiato, dove si fondono e si confondono poesia e trivialità, fantascienza e mattinali della questura, fumetto e verismo, ironia e disperazione, delirio e verità della condizione umana nel Meridione: «il nostro mondo preistorico nel cuore della modernità» dove la vita segue «il destino naturale di morte violenta». È la visionaria confessione – a tratti profetica – di un sicario che vittima dopo vittima, massacro dopo massacro, ricostruisce l’epopea raccapricciante e prodigiosa della città senza nome, forse Palermo: dalla centenaria marginalità dei quartieri popolari alla centralità miliardaria del traffico internazionale di stupefacenti. Protagonisti, la voce di un killer che conosce il prima e il dopo, il suo giudice muto e la violenza: unica forma di comunicazione, esclusiva rappresentazione del mondo. Nella spirale della ricchezza ottenuta con le pallottole i criminali hanno movenze settecentesche e le esecuzioni vengono decise con i numeri della tombola di Natale. Tra vicoli e mercati, tra piazze e lungomare, tra sgabuzzini della latitanza e camere della morte, carnefici e vittime s’inseguono in un girotondo macabro e surreale: un grottesco girone infernale dove Dio non riesce a trovare le anime di chi è stato sciolto nell’acido. Nella postfazione originale che arricchisce questa edizione, Giosuè Calaciura torna indietro con la memoria all’esperienza che è stata l’origine di questo libro e – forse – della sua scrittura.

RECENSIONE a cura di Edoardo Todaro

Non possiamo che iniziare con il ringraziare Sellerio editore per la scelta di ripubblicare questo noir che era già stato stampato ben 25 anni fa .Nonostante il tempo trascorso, l’attualità è tutta lì in queste pagine. La confessione lunga e dettagliata di un sicario al “ suo “ giudice e le sue gesta in una città mai nominata. L’agguato che viene raccontato fin dall’inizio ci mette di fronte subito a qualcosa di incredibile, alla “ proprietà transitiva “: ammazzi l’obiettivo prefissato? Di conseguenza non puoi lasciare in vita né il primo figlio; né il marito della figlia dell’ucciso. Al SIGNOR GIUDICE non viene tralasciato niente dalla descrizione dell’agguato ai suoi preparativi; dalla fuga al gruppo di fuoco composto da 12 esperti in pistole . Ma Calaciura ci fa conoscere anche lati nascosti della realtà della città innominata ed oggi non più esistenti, come ad esempio il mercatino rionale che esiste per tacito accordo tra il comune e gli ambulanti senza licenza, mercatino nel quale si svolge l’agguato; l’acqua che arriva nelle case a giorni alterni;le autostrade come cattedrali nel deserto;il caldo che liquefa i binari. Questo è il  contesto che fa nascere un sicario; del perché la malavita fa e disfa;  l’inventarsi ogni giorno la voglia di vivere; i digiuni ripetuti a pranzo e cena, la ricostruzione post bellica, con il potere provvisorio a stelle e strisce ed il potere corruttibile della nascente democrazia; con la città divisa in due: quella della facilità di vivere e quella di chi si arrabatta; una città dove se nasci povero non potrai diventare ricco;dove non hai niente da perdere se non la disgrazia di essere nato, anzi; le bettole della miseria. Il NON ERAVAMO PIU’ NIENTE, che caratterizzerà tutto questo noir dall’inizio alla fine, …… ma eravamo bravi verso le asperità dovute alla sopravvivenza. Ed il racconto/confessione scorre inesorabile nel raccontare le gesta poco edificanti, ma significative di chi ha la certezza che il futuro gli appartiene, anche se per eredità. Sindacalisti, politici, ex sindaci e futuri sindaci scomparsi;massacrare contadini in rivolta per stare al ricatto e per non favorire il riscatto; per essere usati fino a quando non sarebbero più serviti. Il carcere,che casa più della casa,è  luogo privilegiato per i nuovi affari, legati alla raffinazione della morfina e per la ripresa della gestione del potere. Raffinazione che ha i ritmi identici a quelli scanditi in una fabbrica, turni continui senza soste in uno scantinato tra bottiglie di salsa di pomodoro e la guerra interminabile con i topi; entrate ed uscite; quotazioni in borsa,la pesante responsabilità di gestire un’azienda che non crolli, con famiglie da sostenere e dipendenti senza diritti ne ammortizzatori sociali, un impero del niente che produce di tutto; con i “ piccioli “ come riferimento. Ciò che viene descritto è la logica da sterminio, la decimazione giornaliera, che contraddistingue la guerra intestina che non può che, inevitabilmente, scoppiare, perché la pace fa più paura della guerra e la calma non convince affatto a tal punto che per non annoiarsi si ha un infantilismo di ritorno sparando alle vetrine, tirando sassi ai lampioni ed ai gatti. Il linguaggio messo in bocca da Calaciura al sicario è un qualcosa che aiuta a capire la psicologia che muove sicari e gruppi di fuoco: “ cominciano ad uccidere prima di rendersi conto di essere divenuti assassini, il rapporto con qualcosa di micidiale come l’acido cloridrico. E’ la logica del raggiungimento del massimo profitto quella a cui sottosta la catena di montaggio dell’assassinio, da uno nell’acido ed il prossimo  strangolato; a gettare, le vittime designate, vive nell’acido; oppure la scelta dell’incaprettamento, sempre in una logica di massimizzazione del profitto, in quanto a facilità di trasporto e per il poco spazio che gli incaprettati prendono nei cassonetti dell’immondizia. Calaciura conferma un dato che ben conosciamo: la tranquillità aiuta a tenere a distanza attenzioni sgradite come quelle delle forze dell’ordine e le leve del potere economico agiscono in quella direzione.  Dicevamo all’inizio dell’attualità di “ Malacarne “ e questo è riscontrabile anche, e non solo, nel descrivere l’emigrazione, di chi è partito dalla propria terra con soli stracci e la clandestinità che li attende e che li farà essere i nuovi spacciatori .Ma è tutta la società che viene messa sotto accusa per le connivenze e per complicità dalla burocrazia poliziesca alla magistratura, con la guerra tra procure; dagli uomini di chiesa ai servi segreti statunitensi che intervengono pesantemente come in un risiko nella ricerca di equilibri internazionali disorientando il programmato ordine mondiale. Il tutto è un vero e proprio delirio di onnipotenza, di invincibilità, e poi come una sorta di gioco dell’oca tornare al punto di partenza. Ci potremmo dilungare con altri aspetti, ma quanto scritto può essere ritenuto sufficiente a capire quanto la valorizzazione del contesto sia elemento centrale e fondante del tutto.

DETTAGLI

PAGINE 207

GENERE noir

EDITORE  SELLERIO editore Palermo

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