L’uomo delle castagne
Troppe cornacchie dietro il trattore. Saltellano freneticamente intorno a qualcosa di bianco, pallido e informe. Un maiale. Gli occhi spenti, il corpo che freme e si agita, come se provasse a spaventare le cornacchie, appollaiate a mangiare da un grosso foro di arma da fuoco sulla sua nuca. Un navigato agente di polizia, a una settimana dalla pensione, si ferma davanti alla fattoria di un vecchio conoscente, nei dintorni di Copenaghen. Qualcosa non va. Un maiale morto lasciato lì. Non si fa così, in campagna. Apre la porta d’ingresso, socchiusa, con due dita, come nei film. Per vedere una cosa che non avrebbe mai voluto vedere: sangue, un cadavere mutilato, altri corpi da scavalcare. Cammina fino all’ultima stanza, dove centinaia di omini fatti di castagne e fiammiferi – infantili, incompleti, deformi – lo guardano ciechi. Stravolto, si chiude la porta alle spalle, senza sapere che l’assassino lo sta fissando.
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Recensione a cura di Manuela Fontenova

Nel 2010 fu pubblicato Il primo romanzo di una trilogia che avrebbe cambiato per gli anni a venire il panorama letterario del genere thriller. Sto parlando di Uomini che odiano le donne, primo capitolo della Trilogia Millennium di Stieg Larsson.  Da quel momento in poi il libro avrebbe assunto il ruolo di spartiacque tra un prima e un dopo la nascita di Lisbeth Salander: perché? Semplicemente per la portata innovativa della storia, dei personaggi e della scenografia che fanno da sfondo alle vicende di due protagonisti, che rimarranno per sempre nella memoria di tutti i lettori del mondo.

Nel 2019 viene annunciata l’uscita di un nuovo sensazionale thriller nordico, L’uomo delle castagne, edito da Rizzoli, accompagnata da una grande promozione su social, riviste letterarie e siti specializzati: sembra che sia il primo romanzo a poter colmare quel vuoto lasciato dalla prematura scomparsa di Larsson.

Io l’ho letto e prima di iniziare a parlarvene, mi preme esprimere il mio disaccordo su questo, quanto mai azzardato, paragone: nulla nel romanzo mette in contatto i due autori. La grandezza del creatore di Millennium non è stata nemmeno sfiorata da Søren Sveistrup: questo non vuol dire che non abbia apprezzato il libro, anzi, mi è piaciuto assai, ma è giusto fare le dovute distinzioni tra due opere che non possono viaggiare sullo stesso livello qualitativo.

Nel 1985 in una fattoria nei dintorni di Copenaghen si consumò una vera e propria strage: il poliziotto che arrivò per primo sulla scena del crimine, si trovò di fronte a una scena agghiacciante. La morte e il sangue regnavano beffardamente sotto lo sguardo inquietante di piccoli omini di castagne appesi in cantina.

Anni dopo, una piccola sagoma di castagne fa la comparsa sulla scena di un cruento e macabro delitto, ne segue un altro e poi un altro ancora: ma non basta, quel piccolo pupazzetto porta le tracce di un caso ormai risolto, il ricordo di una scomparsa che scosse la Danimarca intera.

Un enigma o una provocazione? Lasciamo che siano i nostri protagonisti a sbrogliare la matassa: Naia Thulin giovane investigatrice della squadra omicidi e Mark Hesse, agente dell’Interpol, temporaneamente confinato a Copenaghen.

Piste da seguire ce ne sono, ma quelle povere vittime potrebbero essere solo la punta dell’iceberg: c’è una mente ben organizzata dietro gli omicidi e anche in questo caso il tempo scorre inesorabile verso un nuovo potenziale bersaglio.

In quasi 600 pagine c’è molto raccontare, la storia prende spesso pieghe inaspettate e di certo non mancano i colpi di scena. Mi duole constatare come purtroppo la vicenda sia costellata di quei cliché tipici del genere: personaggi, ambientazione e impianto narrativo ricalcano modelli a mi avviso abusati da molti autori.

Iniziamo con i protagonisti: costretti entrambi in ruoli indesiderati, Thulin ed Hesse sono due figure che sembrano passarsi il testimone nel corso della storia. La giovane poliziotta della squadra omicidi vorrebbe essere assegnata all’unità per i crimini informatici, l’NC3, è un’esperta del settore (forse un richiamo a Lisbeth Salander?) ma il suo superiore Nylander non vorrebbe perderla. È una madre single che ben poco lascia trasparire del suo passato, sembra una donna forte e le premesse per una nuova “eroina della giustizia” ci sono tutte… peccato che la sua luce vada ad affievolirsi in corso d’opera per illuminare invece il collega, che dopo una partenza in sordina, diventa un po’ la star della storia. Hesse è un agente dell’Interpol che viene temporaneamente relegato a Copenaghen, a seguito di problemi disciplinari: non vuole sporcarsi le mani con un caso che spera di dover abbandonare quanto prima, sa che la sua punizione non durerà a lungo. Eppure, quest’uomo così silenzioso e apparentemente superficiale, è un investigatore dalle spiccate abilità, un mix tra intuito e razionalità, indispensabile per arrivare al colpevole. Però, c’è un però: come buona parte dei tenebrosi ispettori del genere thriller, ha una brutta esperienza alle spalle, la sua vita viaggia su binari effimeri, verso strade che ormai rappresentano l’unica alternativa possibile alla disperazione.

La carrellata di personaggi prevede un superiore attento all’immagine e ai media, ma poco propenso alla ricerca della verità, testimoni presuntuosi e poco inclini a collaborare, famiglie devastate da perdite inestimabili. Insomma, come dicevo prima, i cliché ci sono un po’ tutti.

A livello narrativo nulla da appuntare, sicuramente Sveistrup sa scrivere, ricordiamo che è l’autore della nota serie tv The Killing, e lo sceneggiatore del film L’uomo di neve tratto dal romanzo di Nesbø, sa creare suspance e aspettativa nel lettore. E’ molto bravo a confondere le acque, a portare chi legge dove vuole lui,  cattura l’attenzione aiutandosi con cliffhanger ben piazzati, ma non si è inventato nulla di nuovo. Leggevo da qualche parte che non è una lettura consigliata a persone facilmente impressionabili, per la crudezza di alcune scene, ma io non ne ho trovate, e personalmente ho capito chi fosse l’assassino a metà libro.

Solo considerazioni negative quindi? Assolutamente no, ci sono molti aspetti che ho apprezzato e che ne hanno reso la lettura piacevole ma anche spaventosa. Il grado di tensione è elevato, la psicologia del lettore è messa a dura prova: si volta la pagina con la paura, si sobbalza ad ogni piccolo rumore, si condivide la sofferenza di alcuni personaggi. Sicuramente le mie aspettative erano troppo elevate ma pienamente giustificate dalla grande campagna promozionale che ha preceduto l’uscita del romanzo: cercavo qualcosa di più sconvolgente, ma senza dubbio questo è un gran bel thriller, consigliato a chi ama il genere.

Forse una trasposizione cinematografica oppure la realizzazione di  una serie tv, potrebbero dare più enfasi alla storia: la neve, la fattoria degli orrori, la presenza inquietante degli omini di castagne… insomma credo che già dalla prima puntata si potrebbe verificare un notevole incremento del consumo notturno di energia elettrica!

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