Lontano da casa
Quando torna a casa dopo una giornata di lavoro, Jasmina Nazeri non può immaginare che ad aspettarla ci siano dei poliziotti. Un uomo di colore è stato ucciso, dicono, era nudo e senza documenti, e forse l’unica in grado di identificarlo è proprio lei, che in quel quartiere di periferia conosce tutti. Il corpo martoriato è riverso a terra in un giardino pubblico, e quando viene girato a faccia in su, la sorpresa è scioccante. In quel volto la ragazza riconosce Taiwo, e anche se non lo vedeva dal tempo in cui hanno avuto una relazione, è certa che non fosse tipo da cattive frequentazioni. Come può essergli capitato un destino tanto orribile? E come si rende giustizia a qualcuno che per la società non esiste? Jasmina è donna, è giovane, ha origini iraniane: sa quanto sia difficile ottenere rispetto, un’opportunità, o anche soltanto ascolto. Per questo dedica la sua vita ad aiutare gli altri, insegnando l’italiano agli immigrati e dandosi da fare per chiunque abbia bisogno. Forse lo stesso non si potrebbe dire di Pandora Magrelli, l’ispettore che la avvicina per chiederle di collaborare in via non ufficiale alle indagini e che ha un’idea molto diversa della tolleranza, ma sembra voler scoprire la verità a ogni costo. Quella che racconta in questo nuovo romanzo non è soltanto la periferia di una città, con il fermento che si porta dentro; è lo stato primordiale verso il quale tutti stiamo tornando, pronti a trasformare chiunque in un nemico.
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Recensione a cura di Manuela Baldi

Enrico Pandiani, lasciate da parte le vicende degli sbirri del commissario Mordenti, Les Italiens, ci regala un noir ambientato a Torino. Più precisamente questo romanzo è ambientato in un quartiere, Barriera di Milano, chiamato semplicemente Barriera. “Lontano da casa” è un titolo evocativo, ci racconta di migranti, di periferia, ha una forte componente sociale. Ci racconta di convivenza difficile, di volontariato, di razzismo, di solitudine, di quanto la conoscenza di una lingua diventi strumento di inserimento nella società. Siamo messi di fronte al racconto della vecchiaia, declinata nella solitudine di una casa di riposo, con figli lontani, presi dalla loro vita. Ci racconta di miseria morale e povertà materiale, della società contemporanea, della precarietà non solo del lavoro ma della vita, ci racconta di multi etnicità. Leggiamo di accudimento, di amicizia, del valore del dare senza secondi fini. Ci racconta della nostra società, di violenza, di sopraffazione, di dolore, di pregiudizi. Ci racconta, orrore nell’orrore, di persone trattate come animali da cacciare, solo per il gusto di farlo, per sconfiggere la noia. Ci racconta di donne che non si abbattono, che fanno, che si spendono per gli altri, che non guardano dall’altra parte.

È struggente e violento “Lontano da casa”.

Pandiani ha capacità di lettura delle situazioni nelle nostre città, dove molto in tema di migranti, è fatto dalle persone di buona volontà che non vedono nello straniero un problema, ma una persona da sostenere nella sua quotidianità a cui va data una possibilità.  C’è il giallo classico, con indagini e soluzione del crimine, ma la parte più interessante, a mio avviso,  è quella propriamente noir, il racconto di ciò che sono oggi le nostre città, il racconto di persone che decidono da che parte stare, quelli che pur rendendosi conto dei problemi fanno ciò che ritengono umano e giusto. Ci sono anche altri, quelli che vedono i migranti solo come portatori di problemi, causa di tutto il degrado e in qualche modo privilegiati rispetto agli italiani, ci sono quelli che utilizzano il loro potere per soverchiare i più deboli, per non parlare di quelli che invece vedono gli immigrati come bassa manovalanza per i propri loschi affari. 

Ottima prova di Enrico Pandiani, libro dalla forte vena sociale, profondo e crudo. Ci sarebbe materiale per far diventare Jasmina Nazeri e il suo variopinto gruppo di amici, protagonisti di altri libri.

Nell’ultima pagina del libro c’è questo pensiero della protagonista, Jasmina, che  mi ha colpito molto: “Non si ha mai la capacità di capire quanto in basso possano arrivare i propri simili. Invece di tendere una mano, è sempre contro qualcuno che ci si avventa, si urla, che si costruiscono muri e si fanno alleanze. Il nemico è come un faro, in assenza del quale gli esseri umani perdono l’orientamento, la capacità di pensare e addirittura l’idea stessa della propria identità”.

Consigliato a chi apprezza la scrittura asciutta, a chi non disdegna le tematiche sociali, a chi ha voglia di conoscere due donne, dalle idee contrapposte, fiere, determinate e altrettanto fragili.

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