Recensione a cura di Massimo Ghigi
Il romanzo “L’onore e il silenzio” di Gianni Mattencini è un noir d’altri tempi sia nello stile di scrittura che nella tematica e nel periodo di ambientazione e questa mia osservazione vuole essere un elogio e una segnalazione di merito.
Il linguaggio usato dall’autore è come una carezza per il lettore, proprio questo modo di usare la lingua italiana fa sì che, alcuni tratti del racconto e alcune descrizioni di ambienti e stati d’animo, diventino delle piccole gemme di poesia! Le prime pagine che descrivono l’arrancare faticoso, a piedi lungo la linea ferroviaria, della moglie e del padre dell’ingegner Alessi – ognuno perso nei propri pensieri, nella propria sofferenza interiore, in attesa di arrivare sul luogo del ritrovamento del corpo esanime del proprio caro – sono un biglietto da visita veramente notevole per la loro bellezza, al punto che il lettore quasi sente su di sé la stessa fatica e la stessa angoscia nel cuore.
Per qualcuno, libri come questo, potranno risultare troppo ‘lenti’ per l’incedere del racconto e per l’evolversi graduale della trama, scanditi dai dialoghi dei personaggi raramente sopra le righe e, talvolta, anche introspettivi, a dare enfasi ai conflitti interiori dei veri attori protagonisti della vicenda.
Due personaggi su tutti, profondamente diversi: il brigadiere Maisano, che si trova a dover sbrogliare una intricata matassa fatta di tradimenti e di vendette d’onore attorno all’assassinio dell’ingegnere Alessi, ritrovato orrendamente mutilato, e Gennaro Loiacono, caposquadra di un gruppo di operai presso un cantiere ferroviario, che si sente quasi un fratello maggiore se non proprio un padre, nei confronti dei propri sottoposti.
Veramente intense le pagine che descrivono questi due uomini, parole che ci permettono di condividere la frustrazione del brigadiere Maisano, che si sente inadeguato per il compito di investigatore che gli è stato assegnato, in mezzo ai boschi e a persone che difficilmente lo assecondano e lo aiutano nella sua indagine o ancora i sensi di colpa del caposquadra Loiacono, che viene messo suo malgrado a conoscenza di segreti che lo mettono in condizione di dover scegliere se tenere fede alla parola data o se fare la cosa che reputa giusta e cioè parlare con gli inquirenti.
Un altro protagonista del racconto sono i boschi, descritti ancora una volta magnificamente, quasi al punto da sentirne gli odori e i suoni, che mi hanno ricordato i bellissimi monti presenti in alcuni libri scritti a quattro mani da Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli.
È un libro che va letto con calma, godendo e assaporando parole e sensazioni pagina dopo pagina, fino ad arrivare al finale che non ti aspetti, nella sua semplicità e originalità, a sovvertire, quasi, le regole del genere.
Prosegue il percorso della Rizzoli nei meandri del ‘noir’ in tutte le sue sfumature; per quanto mi riguarda “L’onore e il silenzio” si conquista con merito un posto nella splendida collana ‘Nero Rizzoli’ così come Gianni Mattencini si guadagna un posto tra i più interessanti autori, esponenti del genere.
Alla prossima!