Recensione a cura di Manuela Fontenova
Nella vasta scelta che il giallo Svezia offre, la mia preferenza va a quel filone che potremmo definire “giallo domestico”, fortunatamente inaugurato da Camilla Läckberg con la serie di Fjällbacka e adottato poi come stile narrativo da altre colleghe come Viveca Sten e Ninni Schulman.
Si tratta di una serie di romanzi ambientati in piccole comunità (un villaggio di pescatori, un’isola dell’arcipelago svedese o una cittadina come nel caso della Schulman) nei quali le autrici riescono a fondere sapientemente racconti di vita domestica a trame ricche di suspense, delitti e colpi di scena con un’ambientazione tipica che tanto conquista il lettore.
Il 27 settembre è arrivato in Italia il quinto capitolo della serie di Sandhamn, L’ombra del potere diViveca Sten, in realtà sesto perché il primo libro in cui compare Nora Linde e Thomas Andresson (i due protagonisti) è Il corpo che affiora pubblicato da Rizzoli nel 2010 (vi consiglio di leggerlo).
Nora Linde è un avvocato che vive a Stoccolma ma che trascorre il tempo libero nella casa di famiglia ereditata dalla zia nell’isola di Sandhamn, Villa Brand. La consociamo sposata e madre di due figli e ne seguiamo le vicende fino a ritrovarla nel nuovo romanzo felicemente mamma di una bambina e compagna di un giovane pilota conosciuto sull’isola, dopo un lungo e travagliato divorzio. Thomas Andresson invece è il capodivisione del distretto di polizia di Nacka, amico di infanzia di Nora, un ottimo poliziotto con una dolorosa perdita che ha messo a dura prova il matrimonio con Pernilla e un brutto incidente sul lavoro nel quale ha quasi perso la vita.
L’amicizia che lega i due si consolida anche nell’ufficiosa collaborazione che permette sempre di scovare il colpevole dei delitti che insanguinano l’isola: si perché Nora è un po’ come la Erika della Läckberg e la Magdalena della Schulman, ficca il naso, si impiccia e avvia indagini personali non autorizzate, trovandosi spesso in situazioni pericolose, ma il suo grande intuito, unito alla capacità di reperire informazioni, si rivela indispensabile per il lavoro di Thomas.
Nei ringraziamenti finali Viveca Sten dice che L’ombra del potere non voleva lasciarsi scrivere, è stato un libro riluttante e poco collaborativo. Mi duole constatare che il libro non si lascia leggere bene, è riluttante e poco collaborativo anche per il lettore.
Scritto male? No, ma la sensazione è che l’autrice non fosse nella situazione ideale per l’elaborazione di una storia (lei stessa racconta di avere affrontato una malattia in famiglia), che abbia cercato di fare del suo meglio ma senza grande successo. Sicuramente è un caso e non la prassi perché a mio parere la Sten è nettamente superiore come stile, storia e caratterizzazione dei personaggi, a molti suoi colleghi nordici.
Cosa manca? Un filo che tenga unita la storia, e soprattutto l’azione. Parliamo di una bella mole di pagine, 439 per l’esattezza e purtroppo tutto si concretizza solo nel finale.
Cosa mi sarebbe piaciuto? Che nelle 400 pagine precedenti all’epilogo ci fossero stati capitoli legati al colpevole, alla vicenda personale di chi si è spinto a compiere un crimine, siccome il fil rouge che caratterizza il genere è sempre il legame con fatti del passato, mi aspettavo di trovare ricostruzioni, flashback, insomma un viaggio nella mente dell’omicida.
L’intera vicenda è percorsa da un sottotono che si ripercuote anche nei personaggi: Nora ha un ruolo più marginale, presa dalle vacanze, dalla bambina e dal suo Jonas. Thomas invece vorrebbe ma non riesce, è tormentato da una crisi personale e professionale, e le indagini sono molto statiche, tante parole e poche fatti insomma.
Si rispettano i canoni del giallo domestico, ma la forza del genere sta nell’elemento thriller che qui non perviene.
La trama è peraltro molto invitante: un ricco uomo d’affari svedese, residente a Londra, torna sull’isola con la famiglia e lo fa con un tale sfarzo e disprezzo delle consuetudini della piccola comunità da attirarsi le antipatie degli isolani. Compra e ristruttura un’imponente villa sul mare e la notte che segue la grande festa d’inaugurazione, un incendio distrugge la dependance lasciando alla polizia un corpo carbonizzato da identificare. Le piste sembrano essere molteplici, tanta strafottenza avrà pur pestato i piedi a qualcuno, ma da dove partire? Ecco forse qui si sarebbe dovuto scavare nel passato, forse bisognava dar vita a più scenari che avrebbero indotto il lettore a farsi un’idea durante la lettura. Sembra tutto accarezzato, mai approfondito e questo depenalizza moltissimo il romanzo che differenza dei precedenti non è riuscito ad appassionarmi, tra l’altro la mia sensazione è che manchi qualcosa, facendo una ricerca non mi tornano i titoli: che ci sia un altro capitolo prima di questo?
Continuerò a leggere Viveca Sten? Certamente si, è tra le mie autrici preferite e una piccola flessione non compromette la stima e l’ammirazione che provo nei suoi confronti.
Spero di tornare presto a Sandhamn!