Recensione a cura di Elio Freda
Se vi dicessi che gli eventi narrati nel romanzo d’esordio di Massimo Rossi sembrano racchiusi nella nebbia e che, ogni volta che sembra esser vicini ad una possibile soluzione, improvvisamente questa appare sfuggente, riuscirei ad incuriosirvi? Beh, sappiate che non questo sarebbe corretto. Non si tratta di nebbia.
Sarebbe più preciso parlare di tenebre.
Già, perché questo qualcosa che avvolge i personaggi, i luoghi e persino i fatti narrati in questo romanzo ha un lato oscuro, non solo dettato dalla vicenda che ruota attorno al bambino scomparso nel bosco, quanto piuttosto da tutta una serie di sentimenti, sapientemente descitti dall’autore, che aleggiano tra i masi. C’è una comunità devota ad un Santo, con delle regole ferree che non vanno trasgredite al fine di mantenere l’unità tra gli abitanti. Questo viene prima di ogni cosa. Per questo meccanismo perverso anche un segreto oscuro, invece di essere conosciuto, prende forza grazie all’omertà, al bene dell’apparenza piuttosto che della sostanza
L’ombra del bosco scarno è un romanzo in cui gli elementi in grado di suscitare suspance, tensione, curiosità sono miscelati nelle dosi giuste, tali da creare un buon ritmo, un gradevole alternarsi di emozioni. Efficace e concreto il filone invesigativo, tiene banco ma in sordina, così che la vicenda possa progredire sotto gli occhi del lettore senza che lui se ne accorga, immerso com’è a cercare di dirimere i fatti accaduti. Unica pecca, a mio modo di vedere, è la minima caratterizzazione dei personaggi, di cui si sa veramente poco, troppo poco perché i nomi rimangano impressi nella memoria. Probabilmente, a giustificazione di questa scelta c’è l’obiettivo di mettere in luce il contenuto emozionale piuttosto che gli uomini e quindi, questi, passano in secondo piano.
Votazione : 4/5
Video-Trailer :
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