L’equilibrio delle lucciole
Ogni punto di partenza ha bisogno di un ritorno. Per riconciliarsi con il mondo, dopo una storia d’amore finita, Adelaide torna nel paese in cui è nata, un pugno di case in pietra tra le montagne aspre della Val Germanasca: una terra resistente dove si parla una lingua antica e poetica. È lì per rifugiarsi nel respiro lungo della sua infanzia, negli odori familiari di bosco e legna che arde, dipanare le matasse dei giorni e ricucirsi alla sua terra: ‘fare la muta al cuore’, come scrive nelle lettere al figlio. Ad aspettarla – insieme a una bufera di neve – c’è Nanà, ultima custode di casa, novant’anni portati con tenacia. Levì, l’altro anziano che ancora vive lassù, è stato ricoverato in clinica dopo una brutta caduta. Isolate dal mondo per quattordici giorni, nel solo spazio di quel piccolo orizzonte, le due donne si prendono cura l’una dell’altra. Mentre Adelaide si adopera per essere utile a Nanà e riportare a casa Levì, l’anziana si confida senza riserva, permettendole di entrare nelle case vuote da tempo, e consegnandole la chiave di una stanza intima e segreta che trabocca di scatole, libri ricuciti, contenitori e valigie, in cui la donna ha stipato i ricordi di molte vite, tra uomini, fiori, alberi e animali, acqua e tempo. Una biblioteca di esistenze, di linguaggi, gesti e voci, dove ogni personaggio è sentimento, un modo di amare. Fotografie, lettere, oggetti che sanno raccontare e cantare il tempo: di guerra e povertà, amori coltivati in silenzio, regole e speranza, fatica e fantasia. Un testamento corale che illumina le ombre e le rimette in equilibrio. La bellezza intensa che respira oltre la vita e rimane in attesa di parole. Tuffarsi nella memoria significa avere il coraggio di inventare un altro finale e vivere oltre il tempo che ci è stato concesso, per ritrovare il luogo intimo di ognuno. La casa.   
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Recensione a cura di Manuela Fontenova

Abbiamo una lingua ricca di vocaboli, possiamo attingere dal nostro lessico le parole più disparate per raccontare una sensazione, un’emozione, o descrivere qualcosa. Eppure per parlare del romanzo di Valeria Tron, “L’equilibrio delle lucciole”, sento che il mio vocabolario non basta. Non basta perché quello che viene annunciato come caso editoriale, è per me un piccolo miracolo e come posso con parole terrene raccontarvi cos’è un miracolo?

La gente di montagna è diversa, è forte, è temprata e abituata a seguire l’istinto. Adelaide è nata in un paesino della Val Germanasca, cresciuta tra le asperità delle cime innevate, tra le piante che scandiscono il ritmo delle stagioni. È casa, Meizoun,il luogo a cui tornare quando perde la bussola di sé stessa dopo il lento consumarsi di una relazione: fugge da un amore ormai stinto. Ha perso la cromia dei suoi sensi, il disamore la pervade ma è tempo di esistere e non solo sopravvivere

“Quanta immaginazione serve per tenersi in equilibrio quando la vita ti chiede un’altra danza e tu sei piena di ruggine?”

Ad accoglierla c’è l’inverno, non dissimile dal freddo che le abita nel cuore

“Ciò che non sai però, è che quando si brina il cuore non basta un soffio d’aria a spolverare il ghiaccio e io sono nell’inverno di me stessa, salita apposta in quello della mia terra, per non sentirmi totalmente sola”

C’è il silenzio delle case una volta abitate dalla sua famiglia; “le carote di ghiaccio” pronte a essere assaporate come fossero leccornie e poi Nanà, che a novant’anni ancora spera nell’amore e nell’immortalità del passato. Sì perché lei è custode di memorie e vita, raccoglie da sempre le storie di chi abitò quella valle, che fosse una sorella, un’amica o un semplice forestiero di passaggio. Ecco che il racconto si popola di volti, sorrisi rugosi e gesti di una quotidianità ormai lontana, grazie ai diari di dando Lena e alle raccolte di Nanà, i respiri tornano a scaldare le stanze ormai prede di polvere e le assenze si colmano con il lento fluire dei ricordi.

Valeria Tron parla di dieci protagonisti più uno, la lingua, dieci sentimenti che si avvicendano in una narrazione unica nel suo genere, genere che a noi non importa conoscere, nessuna definizione conterrebbe la meraviglia di questo romanzo.

I personaggi, grandi assenti che però popolano l’intera vicenda, le donne che hanno cresciuto e cullato Adelaide

Quattro donne così, gli si potrebbe attribuire una stagione a ognuna e si avrebbe un calendario completo di tutto”.

Nasce l’urgenza di immaginarne i volti, di accarezzarne le rughe, seguire con i polpastrelli le linee impresse nella pelle, per ognuna una storia, come se i visi si potessero leggere con le mani. È la magia di un dolce narrare che riempie con forza il silenzio della solitudine, inebria i sensi e impone una lettura lenta che lascia il tempo di farsi permeare dalle parole, di chiudere gli occhi e sentirsi in quell’altrove che è poi il nostro essere interiore.

Il Patois, una lingua quasi visiva e musicale, fatta di tradizione e autenticità, di spezie e di neve, di gioia e dolore. Ascoltatela, ascoltate Valeria cantare, lasciatevi condurre laddove la ragione lascia il posto alla gioia di immaginare luoghi e profumi. Ascoltatela e immaginate di sedere nella cucina di Nanà che per l’occasione avrà tirato fuori dalla credenza una scatola di pasticcini da visita. Scegliete una canzone, io ho scelto Leve les yeux, la voce di Valeria salta dalla dolcezza al graffio, un graffio che strappa una lacrima e un sorriso allo stesso tempo, è carica di vibrazioni e riconoscerete nella modulazione dei toni, la potenza evocativa della sua scrittura.

Ho letto molti libri, ho curiosato tra diversi generi, penso di aver vissuto molte vite nella mia esperienza di lettrice e con estrema sincerità vi dico che L’Equilibrio delle lucciole è il romanzo più bello mai incontrato finora, e scelgo volutamente un aggettivo semplice per farlo: una semplicità che si fa simbolo di un’ammirazione totale per un’autrice che ha rivoluzionato la geografia del mio cuore. La lettura è senza fine mai, perché questo bel tomo di circa 400 pagine non ama essere riposto in libreria e starsene buono a mostrare il bel dorso accanto ai suoi colleghi: il richiamo è costante, il desiderio di ritrovare un passo, una frase che sembra proprio la nostra. Piccolo dispensatore di meraviglie lo chiamo io.

Byron scriveva “Una goccia di inchiostro può far pensare un milione di persone”, L’equilibrio delle lucciole può fare molto di più: Illuminarle.

 Valeria Tron splende.

Dettagli

Genere: Narrativa

Editore: Salani (1 giugno 2022)

Copertina rigida: 400 pagine

ISBN-10:

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