Un misterioso assassino sta seminando il terrore nella città di Pescara. Le prescelte sono giovani donne sulla trentina con una caratteristica comune, hanno tutte lunghi capelli biondi. Alcune sono anime ai limiti della società, prostitute che nessuno si premura più di cercare ma altre sono ragazze normali, un’impiegata, una studentessa. I ritrovamenti avvengono sempre in modo del tutto casuale ma la scena che si offre alla vista della polizia è tutto fuorché improvvisata. Le vittime non sono state uccise in loco, il corpo è pulito, la scelta della posa è studiata come se il tragico momento della scoperta fosse una piccola rappresentazione teatrale. A poca distanza un paio di scarpe. Nere, tacco a spillo e suola rossa, ogni volta in posizioni diverse. Non un’impronta, una traccia, una pista da seguire.
È l’autunno del 1999 e l’ispettrice Agnese Poggiali si vede affidare il caso più importante della sua carriera. Giovane e determinata, ha sfidato la diffidenza di chi non la credeva capace o degna di un ruolo così delicato ma il tanto atteso momento è arrivato, finalmente si trova a quattr’occhi con il male, con quell’incomprensibile alito di malvagità e follia che trancia vite e semina disperazione. Sente forte il senso di giustizia Agnese, lei che purtroppo non è riuscita ad averne nella sua giovinezza ed ecco che il frenetico tentativo di arginare una follia omicida si lega con i ricordi di un’esistenza spezzata, di difficili rapporti familiari, e con il bisogno di imparare a perdonare.
Il caso è impegnativo perché l’omicida è molto intelligente e preparato. Difficilissimo trovare il punto di partenza per sbrogliare la matassa e benché il modus operandi del killer imponga una soluzione veloce, gli investigatori assistono impotenti a nuove scene del crimine. Le aggressioni obbediscono a un bisogno, non sono azioni impulsive ma costanti e imprevedibili. Agnese sente il tempo morderle le caviglie, chi sarà la prossima? Come salvarla? Come fermare la scia di sangue che sta imbrattando la città?
“Cos’è che non vedo” si chiese osservando la vittima. Per la prima volta nella sua carriera si sentiva del tutto scoraggiata, impotente.
Come succede spesso nella letteratura di genere, il lettore incontra subito il killer, ne ignora l’identità ma conosce i segreti del suo animo, ascolta i pensieri di morte che alimentano i suoi desideri. Nel buco nero che assorbe il suo cuore però, incontriamo la sofferenza, il trauma che lo ha trasformato in un essere spregevole e con sapiente abilità l’autore ci porta a un alto livello di empatia con questo folle che forse è la prima vittima della lunga serie oggetto dell’indagine.
Come abbiamo detto è l’autunno del 1999 e la storia non ha una durata lunga anche se nell’indagine ci sono salti temporali e rimandi al passato. Ci sono molte descrizioni di Pescara che aiutano il lettore a entrare nel vivo della vicenda e la scelta della città, permette all’autore di inserire nella trama la figura di un grande amore letterario, Gabriele D’annunzio. Su alcune scene del crimine a traccia dell’opera compiuta sono trascritti alcuni tra i più celebri versi del Poeta.
Ho molto amato alcuni tratti della protagonista, l’ispettrice Poggiali, specialmente quelle caratteristiche che io trovo nettamente in disaccordo tra di loro. Irrequieta e animalesca nell’intimità, coraggiosa, spinosa e in apparenza poco empatica, ha una sensibilità stravolgente di fronte ai corpi straziati delle giovani vittime. Grande è il sentimento di rivalsa e lo è, ancora di più, il senso istintivo di protezione nei confronti di coloro che non è riuscita a salvare
Era una sensazione che sfiorava l’assurdo: davanti a un cadavere sentiva sempre la mancanza di intimità. Lo vedeva violato dalla presenza professionale, distaccata ed estranea di colore che si muovevano sulla scena dell’opera di un assassino, dove l’unico protagonista era un corpo ignorato nel suo orrore.
Una danza di dolore tra ballerini schiaffeggiati dalla vita che assume per ognuno una nuova forma e ci ricorda che dalla violenza non può nascere un fiore. Ho letto Le ninfe Naiadi con la tensione legata al genere ma ho sentito forte il sordo tormento di tutti i personaggi, attori inconsapevoli di una terrificante sceneggiata di morte.
Salvo Fuggiano ci ha regalato un romanzo ricco di emozioni e di riflessioni e sarà un piacere incontrare di nuovo Agnese, una protagonista che ha una gran voce da far ascoltare.