“ Le donne sostengono l’altra metà del cielo “ diceva un antico proverbio cinese, e come non dargli torto. Sfruttamento, violenza subita, derisione, uccisione, emarginazione ecc …. ; decliniamo il tutto al femminile e ci accorgiamo che le donne sono al centro de “ Le invisibili “. Le donne come protagoniste e le donne come autrici. Seguiamo quanto scritto in un ordine consequenziale: dalla prima alla quarta. Con Gabriella Genisi e” Le guardiane del faro “ ci imbattiamo nel Salento affascinante nelle sue località e nel suo cibo; un Salento con la sua “ capitale “, Lecce, con le sue case basse ed una popolazione destinata inesorabilmente a diminuire con gli anni; l’Albania che si intravede all’orizzonte; Otranto ed il porto turistico; un dialetto intraducibile con idiomi antichi riconducibili ai popoli che nel corso dei secoli lo hanno dominato; e troviamo due facce della stessa medaglia:il Salento, la medaglia, la pazzia/fantasia e la realtà, le due facce; con il maresciallo Lopez che detesta l’essere l’equiparazione donna = debolezza e che è alla ricerca di una propria sicurezza perduta chissà quando e chissà dove. Un indagine condotta da una donna con tutti gli ingredienti del noir di questi tempi: cripto valute, fondi blindati e cyber criminali. Ingredienti che danno vita ad una indagine alla Garcia Marquez dato il realismo magico che emerge. A pagina 67 incontriamo Marilù Oliva e “ L’ultimo blues di Salomè “ . Marilù Oliva una scrittrice impegnata da sempre nel voler evidenziare quanto le donne vivono e subiscono. Cito solo ad esempio “ NESSUNA PIU’ “, in cui quaranta scrittori contribuiscono nel denunciare il femminicidio; oppure “ IL MESTIERE PIU’ ANTICO DEL MONDO ? “ anche in questo caso un noir scritto a più mani; elemento che valorizza questo ottimo libro è che il ricavato delle vendite va a sostegno del Telefono Rosa. In questo caso viene portato alla luce il mondo malato degli agenti discografici con le loro false promesse le ingannevoli illusioni e le donne usate e buttate. Micol che guida la squadra mobile e che con il suo metodo fatto di fiuto, ricerca e circospezione dovrà approfondire la realtà per far emergere dettagli apparentemente secondari, utili invece per procedere nelle indagini. Un racconto che ci mette di fronte al codice penale ed a leggi che nei fatti, agevolano i molestatori; alla credibilità temporale della vittima di stupro; ma soprattutto ci mette di fronte ai luoghi comuni che divengono realtà: “ in fondo le è piaciuto ”; “ se l’è cercata ”; “ si è inventata tutto “; “ è stata una ragazzata “ ed a cui le donne sono obbligate a misurarsi. E come nei migliori noir abbiamo sia il colpevole che non ti aspetti; sia un finale che lascia l’amaro in bocca. Con Mariolina Venezia e “ Lettera alla mia giudice, entriamo per certi versi sia nel legal thriller con la verità che non è quella dei fatti ma quella dentro di noi; sia nel noir psicologico: il confondere i desideri con la realtà; una madre alla ricerca della felicità. Quindi l’ultimo con Grazia Verasani e “ Do ut des “, a mio parere decisamente ben scritto e quando arrivi alla fine ti rendi conto che è le 42 pagine sono poca cosa. Il quartiere: una comunità proletaria di onesti lavoratori pieni pregiudizi e muti mensili ecc…. Poter vivere, di nuovo sognare, guarire da una brutta infezione? Tutto questo potrà avvenire solo attraverso il dare la morte. In conclusione non ci resta che “ ringraziare “ NERO RIZZOLI per aver dato alle stampe questo noir tutto al femminile.