LE INVISIBILI
Penserete di essere soli, in una strada buia di una periferia del Nord, sul set di un film a riprese finite o perfino in mare aperto. Ma loro vi vedono, anche se voi non le guardate. Sono creature di confine, relegate ai margini della società e dimenticate da tutti. Sanno che la vita può essere crudele ed è proprio allora che si diventa più crudeli di lei. Le protagoniste di questi racconti sono donne. Sono mamme, figlie, assassine spinte da passioni incontrollabili, o ragazze che quella vita criminale l’hanno scelta. Aspiranti rockstar soggiogate da viscidi produttori, attrici per caso, truffatrici approdate dall’Est Europa nel Sud Italia più profondo. Ma anche persone comuni, che quando la sera rientrano a casa trovano una madre dispotica ad aspettarle davanti alla tv. Sono state vittime e poi carnefici, innamorate e poi disilluse, sognatrici a cui hanno rubato i sogni. Una cosa le accomuna: da tempo hanno smesso di fingere. E hanno fatto i conti con sentimenti inconfessabili. Perché quando le cose ti appaiono in un lampo come stanno davvero, non puoi tornare indietro. Prede di un sistema ingiusto e oppressivo, hanno fatto del delitto la sola via di fuga. Sono le invisibili. Sono il nuovo volto del crimine.
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“ Le donne sostengono  l’altra metà del cielo “ diceva un antico proverbio cinese, e come non dargli torto. Sfruttamento, violenza subita, derisione, uccisione, emarginazione ecc …. ; decliniamo il tutto al femminile e ci accorgiamo che le donne sono al centro de “ Le invisibili “. Le donne come protagoniste e le donne come autrici. Seguiamo quanto scritto in un ordine consequenziale: dalla prima alla quarta. Con Gabriella Genisi e”  Le guardiane del faro “ ci imbattiamo nel Salento affascinante nelle sue località e nel suo cibo; un Salento con la sua “ capitale “, Lecce, con le sue case basse ed una popolazione destinata inesorabilmente a diminuire con gli anni; l’Albania che si intravede all’orizzonte; Otranto ed il porto turistico; un dialetto intraducibile con idiomi antichi riconducibili ai popoli che nel corso dei secoli lo hanno dominato; e troviamo due facce della stessa medaglia:il Salento, la medaglia, la pazzia/fantasia e la realtà, le due facce; con il maresciallo Lopez che detesta l’essere l’equiparazione donna = debolezza e che è alla ricerca di una propria sicurezza perduta chissà quando e chissà dove. Un indagine condotta da una donna con tutti gli ingredienti del noir di questi tempi: cripto valute, fondi blindati e cyber criminali. Ingredienti che danno vita ad una indagine alla Garcia Marquez dato il realismo magico che emerge. A pagina 67 incontriamo Marilù Oliva e “ L’ultimo blues di Salomè “ . Marilù Oliva una scrittrice impegnata da sempre nel voler evidenziare quanto le donne vivono e subiscono. Cito solo ad esempio “ NESSUNA PIU’ “, in cui quaranta scrittori contribuiscono nel denunciare il femminicidio; oppure “ IL MESTIERE PIU’ ANTICO DEL MONDO ? “ anche in questo caso un  noir scritto a più mani; elemento che valorizza questo ottimo libro è che il  ricavato delle vendite  va a sostegno del Telefono Rosa. In questo caso viene portato alla luce il mondo malato degli agenti discografici con le loro false promesse le ingannevoli illusioni e le donne usate e buttate. Micol che guida la squadra mobile e che con il suo metodo fatto di fiuto, ricerca e circospezione dovrà approfondire la realtà per far emergere dettagli apparentemente secondari, utili invece per procedere nelle indagini. Un racconto che ci mette di fronte al codice penale ed a leggi che nei fatti, agevolano i molestatori; alla credibilità temporale della vittima di stupro; ma soprattutto ci mette di fronte ai luoghi comuni che divengono realtà: “ in fondo le è piaciuto ”; “ se l’è cercata ”; “ si è inventata tutto “; “ è stata una ragazzata “ ed a cui le donne sono obbligate a misurarsi. E come nei migliori noir abbiamo sia il colpevole che non ti aspetti; sia un finale che lascia l’amaro in bocca. Con Mariolina Venezia e “ Lettera alla mia giudice, entriamo per certi versi sia nel legal thriller con la verità che non è quella dei fatti ma quella dentro di noi; sia nel noir psicologico: il confondere i desideri con la realtà; una madre alla ricerca della felicità. Quindi l’ultimo con Grazia Verasani e “ Do ut des “, a mio parere decisamente ben scritto e quando arrivi alla fine ti rendi conto che è le 42 pagine sono poca cosa. Il quartiere: una comunità proletaria di onesti lavoratori pieni pregiudizi e muti mensili ecc…. Poter vivere,  di nuovo sognare, guarire da una brutta infezione? Tutto questo potrà avvenire solo attraverso il dare la morte. In conclusione non ci resta che “ ringraziare “ NERO RIZZOLI  per aver dato alle stampe questo noir tutto  al femminile.

 

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