Trama
Il Guapo e i suoi compari sono quattro infami canaglie, un gruppo di derelitti schiacciati dalla crisi economica, con lavori sottopagati e una montagna di debiti. Non c’è da stupirsi che gli brillino gli occhi quando un losco commerciante di gioielli francese, ben introdotto nel jet set internazionale, gli offre l’occasione della vita: una rapina in una banca di Marrakech nei giorni della fiera dell’oreficeria. La posta in gioco è di due milioni di euro e, per averli, basta arrivare in Marocco e strisciare un po’ nei condotti delle fogne. Magari ci sarà da sudare per un paio d’ore, ma poi è fatta. Per mimetizzarsi tra i turisti, meglio portare con sé – a bordo del pulmino bianco con cui viaggeranno da Madrid a Gibilterra e poi oltre lo Stretto – anche mogli e fidanzate. Il committente ha organizzato una spalla, un misterioso arabo saharawi esperto della zona, che ha il compito di fare da interprete e di guidarli a destinazione. E che forse non è quello che sembra. Presto però cominciano i guai: una serie di imprevisti mette a rischio quello che doveva essere un lavoro rapido e pulito ma che, chilometro dopo chilometro, tra battute, insulti e continui colpi di scena, rivela ben altri scopi.
Recensione a cura di Roberto Gassi
Il viaggio: da Madrid a Marrakech (come ci indica la cartina geografica all’inizio del romanzo, segnando con un tratto nero la strada che il lettore dovrà percorrere per 395 pagine: Madrid-Algeciras; Algeciras-Tangeri; Tangeri-Marrakech; così come le tre parti in cui Bárbulo ha impostato il suo romanzo).
Il colpo: una banca in Marocco con un solo allarme sulla porta, una telecamera che non è collegata né alla polizia né a istituti di vigilanza e una parete del caveau che dà sulle fogne.
Il bottino: 6 milioni di euro in gioielli.
La banda: Il Guapo (il bello, il coraggioso), il Chato (con i capelli rossi) e la Chata, il Chiquitín (il gigante) e la Chiquitina, il Yunque (l’incudine per la forma della sua testa) e la Yunque, (la Guapa, compagna del Guapo, bellezza selvaggia alla Sofía Verga, sarà la sola a restare a casa perché gravida di Eduardo). Il Sahrawi. Il fognaiolo che li aspetta in Marocco e che furbamente e avidamente custodisce (sino a quando non ce li porterà di persona la notte del colpo) il punto in cui si trova il tombino d’ingresso alla fogna dove un fetido sentiero li porterà alla banca e al bottino.
Il mandante: il gioielliere francese Jean-Baptiste.
Il mezzo: un pulmino Mercedes da dieci posti. Clima, sedili reclinabili con cintura di sicurezza, impianto hi-fi, dvd e wi-fi. Un doppio fondo nel bagagliaio.
Un giallo per il sorprendente finale e la trama scritta fluidamente che ci porta a scoprirlo; un thriller per la giusta miscela d’intrigo e azione che Bárbulo è riuscito perfettamente a dosare in queste pagine, creando una ricetta appetitosa da gustare sino all’ultimo boccone. Una strada senza buche la narrazione dell’autore che con parole semplici riesce a farci vivere in prima persona, con sterzate dell’ultimo secondo e brusche frenate, i colpi di scena che la storia, articolata in brevi capitoli dinamici, ci regala legandoli l’un con l’altro con un filo di suspense onnipresente. Carburante di questo viaggio sono i dialoghi ben pensati, costruiti e divertenti che connotano le anime dei personaggi come un vestito che gli è stato cucito addosso e ci permettono di scandagliarle nel corso della lettura scoprendone i tratti duri, spietati, malinconici e romantici. Un gruppo, una banda a cui è difficile non affezionarsi e non volere prendere posto con loro nel pulmino.
«Sai cosa vuol dire Jamaa el Fna?»
«No.»
«Assemblea dei morti.»
Traspare una conoscenza approfondita dei luoghi di cui Bárbulo narra e tra questi la piazza principale di Marrakech, la piazza di Djemaa el-Fna (Jamaa el Fna), che ogni sera si anima di suggestivi spettacoli e stand gastronomici offrendo dalle terrazze dei bar e dei ristoranti una vista su un’inaspettata Babele che vive e si manifesta ad ogni ora del giorno. In antitesi a questa esplosione di vita è appunto il nome di battesimo della piazza stessa: Assemblea dei morti.
Tra l’”Adagio” di Albinoni e “Ni más Ni nemos” dei Los Chicos, le parole scritte da Tomás Bárbulo ci coinvolgono in una danza dal ritmo altalenante e senza tempi morti. Basta muovere i primi passi e lasciarsi trasportare dalla melodia a volte colorita da insulti e sgarbi linguistici che i personaggi si rivolgono, tesi però a sottolineare e rimarcare l’azione del momento e il loro stato d’animo, parole usate con astuzia e sapienza, mai a sproposito.
Quindi non mi resta che esortarvi a intraprendere questo viaggio: «Yallah, yallah!».
«Allacciate le cinture!» gridò il Chato.
Dettagli
- Genere: Giallo
- Copertina flessibile: 395 pagine
- Editore: Marsilio (25 ottobre 2018)
- Collana: Farfalle
- Lingua: Italiano
- ISBN-10: 8831743260
- ISBN-13: 978-8831743266