L’angelo di Castelforte
Al 149° piano di un grattacielo nel cuore della City, Victor Allen, un anziano lord inglese, regola lo schienale della poltrona, inforca gli occhiali color tartaruga e si immerge nelle bellezze del Salento. La trasparenza del mare che si fonde con la macchia mediterranea, la terra rossa punteggiata di ulivi, un panorama mozzafiato: non appena vede il video mostratogli dall’agente immobiliare decide che la tenuta nell’antico borgo di Castelforte sarà sua. Lì infatti fonderà una residenza per scrittori, selezionati in tutto il mondo per lavorare a un progetto letterario. All’inaugurazione, Castelforte risplende e sembra promettere una quiete paradisiaca ai futuri abitanti… Intanto Chicca Lopez, dopo l’ultima indagine che l’ha stremata, naviga su una barca nel mare d’inverno insieme a Glenda, la barista che le ha rubato il cuore. Ma la vacanza dura poco: una scrittrice della residenza è stata trovata con la testa fracassata, ed è solo l’inizio. L’indomita carabiniera deve tornare in servizio e indagare su un nuovo complicato caso. In questo romanzo di parole, respiri, tramonti, amore, morte, Gabriella Genisi ci racconta il lato più perturbante degli scrittori. E, come tanti piccoli indiani, ognuno di loro dovrà guardarsi le spalle.
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L’angelo di Castelforte è il nuovo romanzo dell’autrice pugliese Gabriella Genisi che per la collana Nero Rizzoli sigla la sua terza storia dedicata al Maresciallo dei carabinieri Chicca Lopez.

Per introdurre questo noir, ritengo doveroso soffermarsi sul suggestivo e incantevole luogo di ambientazione: il villaggio di Castelforte.

Appartenente al comune di Taviano, questo borgo è dominato dall’imponenza dei suoi alberi d’ulivo, ergendosi su un’altura offre vedute spettacolari e mozzafiato: dalla meravigliosa Gallipoli con il suo golfo alla luminosa e argentata valle di Racale e Taviano e molti paesi del leccese come Melissano e Parabita.

Nel Salento si fondono terra, mare e cielo nella loro irresistibile e affascinante bellezza, ragion per cui diventa scenario per costruire una trama ricca di misteri ricollegandosi ad un caso di cronaca accaduto nel 1996 a Torino: la grande rapina alle poste.

Un borgo chiuso diventa residenza di un ricco e affermato scrittore inglese Lord Victor Allen che ospita proprio degli scrittori per godere un po’ del benessere e della serenità che il posto stesso trasmette.

Ma si sa che la tranquillità anche in deserti di pace diventa quasi un eufemismo se è avvolta da un terribile e inaspettato delitto.

Un’autrice che viveva nella residenza viene trovata morta con la testa fracassata. Sembra trattarsi di una disgrazia, ma che motivo aveva la donna di pensare a un suicidio?

Il maresciallo dei carabinieri Chicca Lopez scende in campo e vuole vederci chiaro, anche perché le morti sono destinate a salire di numero e in questo caso la mano omicida va fermata nel più breve tempo possibile.

Gabriella Genisi offre un giallo gradevole, con un personaggio che secondo me dobbiamo imparare a scoprire e a conoscere perché ha molto da raccontare, per certi versi complesso e sfuggente, ribelle come non mai, addolcita dal suo tenero amore Glenda capace di saper leggere il suo cuore e di comprenderla.

Il focus di questo romanzo non è solo concentrato sull’indagine che permetterà lo sviluppo di una buona trama ben strutturata grazie a una scrittura lineare e molto diretta, ma anche sul mondo della letteratura.

Tra realtà e fantasia il passo è breve, colgo l’occasione per prendere un estratto del romanzo che mi ha portato a delle riflessioni:. ”Con Jensen ha mai avuto uno scambio di battute, un confronto letterario, avete fatto mai una passeggiata insieme? Vogel scosse il capo con decisione tolse il cappellino da baseball e si accarezzò i capelli tagliati a spazzola.” No mai. Ho provato a parlargli qualche volta, le nostre lingue si assomigliano e Rolf conosceva bene il tedesco, ma gli scrittori sono degli snob tremendi, mi hanno completamente ignorato. Come tutti gli altri del resto.

Premesso che è una frase molto decisa, tra l’altro ben contestualizzata, ora il mio pensiero non si sofferma su chi si sente uno snob o chi non lo è, perché suscita poco interesse, ma la mia domanda è la seguente: una forma di snobismo cosa può apportare nella società di oggi, non di certo può migliorarla?

In un paese mediocre come l’Italia, dove siamo relegati nei bassifondi della classifica per cultura, ritengo che al giorno d’oggi non sono la quantità e la qualità dei libri a fare la differenza ma quel che un autore, attraverso l’arte della sua scrittura, può lasciare ai lettori, che non subisca un processo di deumanizzazione dato dalla fama e dal successo.

Uno scrittore come Camilleri che sento l’esigenza di ricordare e omaggiare, ci ha potuto insegnare tanto, spiegandoci non solo l’uso corretto delle parole, ma ci ha voluto ricordare che la lingua era qualcosa di molto più grande, un modo particolare di poter osservare il mondo.

Penso che oggi uno scrittore snob possa diventare il primo perdente, perché ha fallito nel suo mostrarsi credibile agli occhi dei lettori, non tanto in qualità di autore, ma dal punto di vista della persona, poi se ci fosse una deleteria rivalità tra autori, questo aspetto comporterebbe una debacle dal punto di vista letterario e della cultura, ecco perché per quanto mi riguarda vanno rivisti certi aspetti anche in questo ambito se l’obbiettivo sta nel volgere in un paese fatto da persone migliori e per lo più meno individualiste.

Un buon romanzo che non si tinge solo di noir nella magica e travolgente terra del Salento ma che offre interessanti chiavi di lettura.

Alla prossima Chicca Lopez!

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