Trama
Esteban Torres, cubano-americano con cittadinanza italiana e residenza in Svizzera, viene trovato morto nel parcheggio dell’aeroporto di Catania; qualcuno gli ha sparato al cuore. L’uomo ha un passato oscuro, e girano voci che avesse amicizie pericolose, interessi in attività poco pulite. Eppure le indagini sono completamente arenate: nessun indizio che riesca a sbloccarle. Questo finché a Taormina, dentro un pozzo nel giardino di un albergo, si scopre il cadavere di Roberta Geraci, detta «Bubi». Torres e Bubi si conoscevano. Molto bene. Con l’aiuto della sua squadra e dell’immancabile Biagio Patanè, commissario in pensione che non ha perso il fiuto, Vanina riporterà alla luce segreti che hanno origine in luoghi lontani. Ma non potrà dimenticare gli incubi che la seguono fin da quando viveva a Palermo. Questioni irrisolte che, ancora una volta, minacciano di metterla in pericolo.
Recensione a cura di Rosario Russo
Un graditissimo ritorno quello del vicequestore della Mobile di Catania Giovanna Guarrasi, detta Vanina, personaggio letterario nato dalla penna di Cristina Cassar Scalia. Dopo la prima indagine (un cold case divenuto in fretta rovente), narrata in Sabbia Nera, e quella successiva de La logica della Lampara, ritroviamo Vanina alle prese con un caso decisamente anomalo e dai risvolti internazionali.
In una gelida mattina di novembre, nel parcheggio dell’aeroporto catanese di Fontanarossa, viene rinvenuta un’auto con all’interno un cadavere. Ben presto si scoprirà che l’identità del morto appartiene a Esteban Torres, un cubano-americano con cittadinanza italiana, ma residente in Svizzera. A rendere la matassa sempre più intricata, la scoperta, appena qualche giorno dopo, di un altro cadavere collegato all’omicidio Torres.
Si configura così un’indagine complessa, ad alto tasso di rognosità, di quelle capaci di esaltare le doti da sbirra della Guarrasi che anche questa volta sarà aiutata dai suoi fidati (qualcuno un po’ meno) collaboratori, tra cui spicca l’anziano ex commissario, Biagio Patanè: tutti personaggi ben caratterizzati, con i loro pregi e i loro difetti, ma comunque abili, complice anche l’ormai consolidata serialità, di instaurare con il lettore una forte empatia. Dunque prepariamoci a rincontrare il mastodontico Grande Capo, Tito Macchia, quasi sempre col sigaro acceso, il fedele ispettore Spanò, la bresciana Bonazzoli, vegetariana convinta, Fragapane, Nunnari e persino l’agente Lo Faro, smanioso, nonostante le sue uscite fuori luogo, di ottenere la piena fiducia di Vanina. Ma, come nella migliore tradizione noir isolana, a ergersi a indiscussa, splendida co-protagonista è la Sicilia: non la classica da cartolina fatta di mare, sole e bellezze architettoniche, ma densa anche di tante criticità come, ad esempio, la martoriata rete autostradale che attraversa la regione.
“La Messina–Catania è una delle più grandi vergogne che la rete autostradale abbia la sfrontatezza di esibire. Più ancora della Palermo–Catania, che quantomeno è gratuita, sebbene forse più indecente. Frane mai rimosse, manto stradale squinternato. Gallerie con infiltrazioni d’acqua che chissà per quale miracolo non sono ancora venute giù, causando morti e feriti.”
Catania, poi, viene tratteggiata in maniera davvero unica (divertentissima la distinzione tra monfiani e mammuriani) col suo vulcano, il suo barocco, la sua tradizione culinaria (tra spaghetti con i masculini, cannoli alla ricotta e crispelle di riso affogate nel miele vi verrà molta fame) e tutte le sue affascinanti ed eterne contraddizioni. Ma c’è pure tanta Palermo, città in cui si apre il romanzo e dove Vanina si trova perché impegnata in un caso mafioso di cui si era occupata tempo prima.
I due centri nevralgici dell’isola vengono così a costituire e rappresentare le due anime della Guarrasi, divisa tra un passato sempre più ingombrante e carico di ricordi dolorosi (la morte del padre ad opera della mafia, l’amore tormentato per il magistrato Paolo Malfitano) e un presente altrettanto ricco di incognite; una Vanina, quindi, a tutto tondo, decisamente più fragile del solito, alla ricerca di un equilibrio che, seppur precario, stenta a farsi raggiungere.
Buttarsi a capofitto nel caso Torres sarà per lei l’unica medicina per non incappare nei fantasmi che la perseguitano, per sentirsi viva. Così come di sentirsi vivo ha bisogno il buon Patanè, uno dei personaggi più amati dai lettori, che con la sua esperienza riuscirà ancora una volta ad apportare un prezioso contributo alle indagini. In fondo, lui e Vanina sono simili e, anche per questo, legati da un profondo affetto.
“Al minimo cenno di coinvolgimento che Vanina gli aveva rivolto, Patanè aveva preso la palla al balzo e s’era imbucato subito. Era rimasto seduto accanto a lei, dietro la scrivania che un tempo gli era appartenuta.”
Ne La salita dei saponari, la Cassar Scalia si conferma ancora una volta uno dei punti di riferimento del giallo siculo, raccogliendo il testimone non solo dei grandi maestri del passato, ma pure di chi a Catania ha già raccontato storie nere e sbirre femmine (pensiamo all’agguerritissimo commissario Maria Rosaria Gangemi di Silvana La Spina, ma anche all’ispettore Maria Rosaria Baiamonte di Marcella Strazzuso); non è un caso che il romanzo si apra con una citazione di uno dei più grandi in assoluto, Luigi Pirandello, forse proprio perché qualcosa di pirandelliano la si ritrova all’interno della trama. Per scoprirla, basta tuffarsi in questa scoppiettante indagine, il cui rocambolesco finale lascia presagire che di Vanina Guarrasi (o Vannina, come viene chiamata dalla sua affettuosa vicina di casa) ne sentiremo parlare ancora a lungo.
Dettagli
- Copertina flessibile: 312 pagine
- Editore: Einaudi (16 giugno 2020)
- Collana: Einaudi. Stile libero big
- Lingua: Italiano
- ISBN-10: 8806246070
- ISBN-13: 978-8806246075