Trama
Pubblicato nell’aprile del 1950 e considerato dalla critica il libro più bello di Pavese, “La luna e i falò” è il suo ultimo romanzo. Il protagonista, Anguilla, all’indomani della Liberazione torna al suo paese delle Langhe dopo molti anni trascorsi in America e, in compagnia dell’amico Nuto, ripercorre i luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza in un viaggio nel tempo alla ricerca di antiche e sofferte radici. Storia semplice e lirica insieme, “La luna e i falò” recupera i temi civili della guerra partigiana, la cospirazione antifascista, la lotta di liberazione, e li lega a problematiche private, l’amicizia, la sensualità, la morte, in un intreccio drammatico che conferma la totale inappartenenza dell’individuo rispetto al mondo.
Voce di Eleonora Zaffino
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Recensione a cura di Angelo Mascolo
«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire».
Così Italo Calvino nelle sue straordinarie Lezioni Americane. Ed è con queste parole che si può introdurre «La luna e i falò», ultimo romanzo di Cesare Pavese e pietra angolare della letteratura italiana moderna.
Approcciandomi alla recensione di un classico, la prima in assoluto per me, ho sentito una ridda di voci che si sono inseguite nella mia testa. Tutte più o meno dicevano così: «Cos’altro si può dire su un’opera di cui già è stato detto tutto?». Perché, contrariamente a quanto sostenuto da Calvino, esiste una scuola di pensiero, secondo la quale i classici sarebbero intoccabili. Dei sancta sanctorum.
Avrete già capito che io non la penso affatto così. Un libro, che sia un classico o meno, alimenta un dialogo costante. Una conversazione fatta di critiche, spunti, scambi, scoperte e riscoperte. Tutto questo ha un solo scopo, in fondo: arricchirsi spiritualmente. Che, a pensarci bene, dovrebbe essere il fine ultimo della cultura.
La luna e i falò non ve lo racconto. Perché non si può raccontare ciò che non si conosce da vicino. Come raccontare il ritorno dalla guerra? Come si può far toccare con mano a un lettore, il sapore tagliente delle macerie? E, soprattutto, come riuscire a far respirare a chi legge, il profumo intatto di una civiltà contadina praticamente scomparsa?
Pavese, in questo libro, fa una cosa molto semplice. Ci porta per mano. Ci conduce nel mondo della sua infanzia, che è allo stesso tempo quello della sua giovinezza e maturità. Siamo nelle Langhe, le dolci colline piemontesi, e sullo sfondo troviamo la Storia. Il fascismo, la resistenza, il sangue, la terra abbrutita da vendette ancora da consumarsi. Troviamo Anguilla, protagonista del ritorno in patria dopo l’emigrazione negli Stati Uniti, e Nuto, una sorta di Sancho Panza messosi al servizio dell’amico Anguilla/Don Chisciotte.
Non è un caso che «La luna e i falò» si possa accostare a un altro classico, Il Don Chisciotte di Cervantes. Perché Anguilla, Nuto e i personaggi minuti che popolano le terre piemontesi raccontate da Pavese, altro non sono che delle silhouette, ombre e controfigure disadattate che credono, o si illudono, di preservare e dare un futuro a un mondo che, di lì a poco, si sarebbe drammaticamente trasformato.
Parlo di fenomeni come l’inurbamento dei contadini in fabbriche e città, la scomparsa delle peculiarità di culture locali e periferiche, l’abbandono dei ritmi della natura (quelli scanditi dalle Lune e dai i culti del fuoco, da cui il titolo del romanzo pavesiano) che saranno mirabilmente raccontati da Pasolini a una manciata di anni di distanza dall’uscita di questo libro.
La Storia che taglia come una tangente il mondo contadino dei personaggi raccontati da Pavese, il ricordo e nostalgia di un mondo rimasto cristallizzato e intrappolato in un tempo mitico.
I temi principali de «La luna e i falò» sono: amicizia, sensualità, morte, l’io incapace di interpretare il mondo intorno a sé. A questi ritengo che si debba aggiungere quello del nostos, di omerica memoria: Il ritorno.
C’è Anguilla che raggiunge il paese natio dopo essere emigrato in America, ma anche il ritorno, eterno, del mondo contadino che Pavese testimonia e racconta in queste pagine.
I personaggi di Pavese sono contadini, vedove e qualche mercante o politico locale. Sono figure, per definizione, antieroiche. Di tono minore, silenzioso. Restano immutati e immutabili, non hanno pretese né ambizioni.
Insieme compongono un vero e proprio poema in prosa. Un poema dove, però, non ci sono né battaglie né eroi che perseguono una morte gloriosa o imprese memorabili. Solo ombre di uomini,sopravvissuti in un tempo che non gli appartiene più.
Dettagli
- Genere: Narrativa
- Editore:Einaudi; 2 edizione (13 gennaio 2014)
- Collana:Super ET
- Lingua:Italiano
- ISBN-10:8806219383
- ISBN-13:978-8806219383