Licia Troisi, nata a Roma nel 1980, laureata in astrofisica con una tesi sulle galassie nane, si è imposta nel mondo editoriale, riscontrando un successo spettacolare, con le saghe fantasy del Mondo Emerso, della Ragazza Drago e del Regno di Nashira. La scrittrice con questo lavoro, abbandona coraggiosamente la sua comfort zone, ovvero il mondo fantasy per ragazzi, per un salto nel vuoto, passo di cui lei stessa ammette di aver bisogno per il suo percorso personale come autrice.
L’osservatorio in cui è ambientata la trama non esiste, ne viene tralasciata volutamente la sua ubicazione, mentre il suo funzionamento ricalca piuttosto fedelmente quella che è la realtà. Un gruppo di studio, piuttosto variegato, di nazionalità differenti, si trova isolato in luogo sperduto, un sabotaggio getta in subbuglio tutti i vari attori.
Un ricercatore viene trovato morto, il lettore assiste a tutta una serie di comportamenti umani di fronte a un evento inatteso, che vanno dalla paura, allo stress, alla sfiducia verso il prossimo. Tra tutti emerge Gabriele che cerca di arrivare al bandolo della matassa, interpretando il ruolo di detective in erba.
Il libro si legge velocemente, duecento pagine scarse, la trama non è complessa, può essere letto da un pubblico giovane senza problemi. Quello che emerge, a mio avviso, con prepotenza dalle pagine, è una critica importante alla società capitalistica, ormai votata esclusivamente alla performance e al profitto, il danno che ne consegue per la ricerca è immenso, visto che la cooperazione per arrivare ai dei risultati a beneficio dell’umanità, per far progredire la conoscenza di tutti, viene accantonata per dare spazio esclusivamente a una ricerca fatta per se stessi.