La luce delle stelle
Una sera uguale alle altre, in uno sperduto osservatorio astronomico. La luce delle stelle illumina, ma non abbastanza, la piccola comunità di scienziati residenti che si trova alle prese prima con un black-out, forse un sabotaggio, e poi con un cadavere trovato nella sala comune, forse un assassinio: la vittima potrebbe essere caduta da una balaustra, o essere stata spinta. L’osservatorio è isolato, i telefoni sono muti, i cellulari non prendono, i copertoni delle automobili sono stati tagliati e la città più vicina, se si riesce ad attraversare il deserto, si trova a due ore di macchina. Come in una macabra barzelletta, due italiani – Gabriele, che ha appena finito il dottorato, e Pinetta, che ancora lo sta finendo –, un’americana – Samantha, star dell’astrofisica mondiale –, un inglese – Matt, pettegolo come una suocera – e una sudamericana – Mariela, medico dell’osservatorio – si trovano a dover valutare l’ipotesi che l’omicida o il sabotatore sia non solo tra loro, ma uno di loro. Essendo scienziati, però, sanno che, date le ipotesi, per giungere alla tesi non c’è che da tessere un ragionamento. Sarà Gabriele, lettore di gialli e abile astrofisico, capace di empatizzare anche con gli assassini, a trovare il bandolo dei delitti che, come tutta la sua vita, è scritto nelle stelle. Licia Troisi, alla sua prima prova da giallista, dà vita – tra Sherlock Holmes e Poirot – a una storia che racconta quanto studiare fisica sia una scuola naturale per risolvere casi complicati, e dimostra quanto mancava uno scienziato investigatore alla nostra narrativa.
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Licia Troisi, nata a Roma nel 1980, laureata in astrofisica con una tesi sulle galassie nane, si è imposta nel mondo editoriale, riscontrando un successo spettacolare, con le saghe fantasy del Mondo Emerso, della Ragazza Drago e del Regno di Nashira. La scrittrice con questo lavoro, abbandona coraggiosamente la sua comfort zone, ovvero il mondo fantasy per ragazzi, per un salto nel vuoto, passo di cui lei stessa ammette di aver bisogno per il suo percorso personale come  autrice.

L’osservatorio in cui è ambientata la trama non esiste, ne viene tralasciata volutamente la sua ubicazione, mentre il suo funzionamento ricalca piuttosto fedelmente quella che è la realtà. Un gruppo di studio, piuttosto variegato, di nazionalità differenti, si trova isolato in luogo sperduto, un sabotaggio getta in subbuglio tutti i vari attori.

Un ricercatore viene trovato morto, il lettore assiste a tutta una serie di comportamenti umani di fronte a un evento inatteso, che vanno dalla paura, allo stress, alla sfiducia verso il prossimo. Tra tutti emerge Gabriele che cerca di arrivare al bandolo della matassa, interpretando il ruolo di detective in erba.

Il libro si legge velocemente, duecento pagine scarse, la trama non è complessa, può essere letto da un pubblico giovane senza problemi. Quello che emerge, a mio avviso, con prepotenza dalle pagine, è una critica importante alla società capitalistica, ormai votata esclusivamente alla performance e al  profitto, il danno che ne consegue per la ricerca è immenso, visto che la cooperazione per arrivare ai dei risultati a beneficio dell’umanità, per far progredire la conoscenza di tutti, viene accantonata per dare spazio esclusivamente a una ricerca fatta per se stessi.

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