Recensione a cura di Manuela Fontenova
A circa un mese dall’uscita italiana, La gabbia dorata conferma la Läckberg come una delle più brillanti scrittrici contemporanee. Versatile e talentuosa, Camilla dopo 17 anni anni cambia strada: abbandona temporaneamente, speriamo, il mondo del thriller nordico, e si cimenta con un noir intrigante e lussurioso.
Una nuova protagonista dalle tante sfaccettature, Faye, una vita ricca di agi, ma un prezzo troppo alto da pagare: a cosa sei disposta a rinunciare pur di trattenere un amore tanto effimero quanto malato?
Dov’è finita Fjällbacka? Riecheggia nel torbido e oscuro passato di Faye: è la sua città natale e benché la storia si svolga a Stoccolma, il passato è sempre lì, pronto a ricordarle chi è, da dove viene e cosa potrebbe aver fatto. Come se l’eco di ciò che è stato fosse un campanellino appeso alla porta dei ricordi, basta una lieve brezza a farlo suonare, quel piccolo rintocco sa correre la distanza come una sinapsi sa generare un pensiero di morte.
Faye inizialmente non suscita simpatia, né tanto meno comprensione, non si riesce a giustificarla, anzi è quasi fastidiosa nella sua totale sottomissione. La sua vita rinchiusa in questa Gabbia dorata è in netto contrasto con la Faye che conosciamo nella prima parte del romanzo: una donna che guarda avanti, dritta verso la meta. Ecco che il primo tradimento che la giovane protagonista subisce non è quello del marito, ma è quello che lei stessa compie nei suoi confronti: ha barattato l’energia, la voglia di rivalsa con la parvenza di una vita felice. Ma quella forza non è morta, in ogni fibra del suo corpo , nella memoria e nelle sue vene il lato oscuro che la accompagna da sempre, è pronto a scorrere inesorabile e a riattivare la circolazione di quella linfa vitale che da troppo ristagna nell’oblio.
“Sentì le tenebre familiari affiorare da ogni poro, quelle stesse tenebre che era riuscita a dimenticare. Aveva finto che non ci fossero mai state, che non avessero mai fatto parte di lei, ma stava lentamente cominciando a ricordare chi era, chi era stata”
Un genere completamente diverso per l’autrice che ha saputo dare una nuova veste alla sua famosa vena creativa: un linguaggio crudo, il tono rasenta spesso la volgarità, con scene di sesso esplicite, quasi grottesche. Badate bene, non è che abbia voluto scrivere un romanzetto erotico ma semplicemente forzare la mano sull’eccesso: eccesso nelle reazioni, nella sottomissione e nella vendetta. Le situazioni sono esasperate, tutto è teso all’estremo, a creare una grande tensione che renda esplosivo il finale.
Con molto dispiacere mi sono imbattuta in aspre critiche, e sottolineo il mio dispiacere perché è ovvio che dietro a questi giudizi c’è una mancata comprensione del romanzo. Che Camilla avesse in serbo un cambio di rotta era difatti cosa nota, e ci aveva offerto un’anteprima a novembre con Donne che non perdonano, un piccolo ma intenso spaccato di vite offese dalla violenza domestica.
Potremmo paragonarlo alla puntata pilota di una nuova serie tv: consapevole della portata innovativa del suo personaggio, l’autrice ha scelto di mettere alla prova e allo stesso tempo incuriosire i lettori con un piccolo assaggio di quello che sarebbe stato il suo nuovo capolavoro.
Uno splendido romanzo di donne, scritto per le donne affinché non dimentichino che amare se stesse è l’unico modo per sopravvivere, e per gli uomini (che fortunatamente non sono tutti come Jack) ma che a volte dimenticano che l’amore non imprigiona ma lascia liberi di volare. Un invito ad aprire le porte delle nostre gabbie
“Le brave bambine non fanno a botte. Le brave bambine non alzano la voce. Sono cose che le donne imparano fin da piccole. Le donne accolgono, appianano, si assumono le responsabilità di ogni rapporto, mandano giù l’orgoglio e si sminuiscono fino a sparire.
Ma adesso basta, pensò. Insieme siamo forti e non intendiamo tacere”.
Aspettavo con impazienza di leggere La gabbia dorata, e posso affermare con assoluta certezza che Camilla Läckberg non delude MAI.