La follia di Hölderlin – Giorgio Agamben
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La follia di Hölderlin – Giorgio Agamben

Trama

La vita di Hölderlin è divisa esattamente in due metà: i 36 anni dal 1770 al 1806 e i 36 anni dal 1807 al 1843 che trascorre come pazzo nella casa del falegname Zimmer. Se nella prima metà il poeta vive nel mondo e partecipa nella misura delle sue forze alle vicende del suo tempo, la seconda metà della sua esistenza trascorre del tutto fuori del mondo, come se, malgrado le visite saltuarie che riceve, un muro la separasse da ogni relazione con gli eventi esterni. Per ragioni che forse risulteranno alla fine chiare a chi legge, Hölderlin ha deciso di espungere ogni carattere storico e sociale dalle azioni e dai gesti della sua vita. Secondo la testimonianza del suo più antico biografo, egli ripeteva ostinatamente: «non mi succede nulla». La sua vita può solo essere oggetto di cronaca, non di una biografia e tanto meno di un’analisi clinica o psicologica. E, tuttavia, l’ipotesi del libro è che in questo modo Hölderlin ha consegnato all’umanità un’altra, inedita figura della vita, il cui significato genuinamente politico resta ancora da misurare, ma ci riguarda da vicino. «La vita abitante di Hölderlin neutralizza l’opposizione fra pubblico e privato, li fa coincidere senza sintesi in una posizione di stallo. In questo senso, la sua vita abitante, né privata né pubblica, costituisce forse il lascito propriamente politico che il poeta consegna al pensiero. Anche in questo ci è vicino, a noi che della distinzione fra le due sfere non sappiamo più nulla. La sua vita è una profezia di qualcosa che il suo tempo non poteva in alcun modo pensare senza sconfinare nella follia»

Recensione a cura di Emanuela Di Matteo

E’ con timore reverenziale che si ci avvicina a un immenso poeta come Friedrich Hölderlin: faro luminoso del romanticismo tedesco, cantore tra i più grandi del panorama mondiale. Riconosciuto in modo pressoché unanime il suo valore artistico, Hölderlin è stato sempre giudicato in associazione alla follia, al disagio mentale, che ne ha accompagnato tutta la seconda parte della sua vita, fino alla fine.  Un genio, certo, un grande poeta, ma alla fin fine, un pazzo, per i posteri, per i suoi coevi e forse per sé stesso.

Il filosofo italiano Giorgio Agamben nel libro “La follia di Hölderlin” prova ad analizzare in modo lucido e metodico la sua tanto discussa e criticata vita “abitante”, fatta cioè di abitudini, consuetudini, realtà logistiche e pratiche a cui debbono sottostare tutti gli abitanti della terra. L’indagine è intrapresa attraverso le testimonianze dei suoi amici e parenti, le tante lettere scritte e ricevute, gli avvenimenti  cronachistici che si succedono anno dopo anno, perfino appunti di ricevute e stralci di poesie. La scoperta è che la sua vita abitante è in realtà una vita poetica, quindi non valutabile attraverso quei parametri di successo e felicità che gli uomini sono soliti adoperare per cercare di comprendere una persona, la riuscita o meno di un’esistenza.

Il poeta tedesco era pazzo? Così lo giudicò sua madre, la quale, totalmente incapace di capirne la grandezza e di conseguenza accoglierne anche la diversità, il comportamento inusuale, si limitò a dispensargli un aiuto pratico e beneficiente. Secondo la donna il figlio non aveva più l’ordine mentale neppure per svolgere  il mestiere di bibliotecario, procuratogli da un amico,  che pur egli avrebbe accolto con entusiasmo. Lo farà ricoverare in una clinica, per tranquillizzarsi e saperlo “controllato e al sicuro” ed in seguito lo affiancherà ad un falegname, come aiuto e lavorante, in modo definitivo. Da quella bottega  Hölderlin non uscirà più.

E’ con grande ironia ed esagerata formalità, dalle quali trapela a volte un dolore occulto, che il poeta, attraverso un assiduo epistolario, si rivolge alla madre. Una madre che, nel tempo, gli farà visita malvolentieri e sempre meno di frequente.

Solito perdersi nelle sue camminate interminabili per i boschi della Turingia, guidato dai suoi pensieri come se si potesse vagare per il mondo nello stesso mondo in cui l’anima vaga alla ricerca di sé stessa, la morte di una donna molto amata, Susette Gontard, fu per Hölderlin un avvenimento dal quale non fece ritorno.

La sua eccentricità, chiamata follia – ma non è forse in quel magma selvaggio, fonte di tutte le luci, che l’artista scova la parola poetica, e nel quale Holderlin indugiò più di tutti – gli alienò alcune amicizie e la possibilità di avere una vita ordinata e di successo, canonicamente riconosciuta. Illustre grecista, interprete dei classici, traducendo l’Aiace di Sofocle, il poeta ha per il protagonista, reso folle dagli dei, le seguenti parole: “la sua casa è una divina follia”. E anche la sua fu forse proprio una scelta, quella di non rispondere più alle leggi meschine degli scopi e delle mete umane: la follia come decisione consapevole, come unica strada percorribile. Per dirla con le parole dello stesso Agamben:

“La lezione di Hölderlin è che quale che sia lo scopo per cui siamo stati creati, non siamo stati creati per il successo, che la sorte che ci è stata assegnata è fallire – in ogni arte e studio e innanzitutto nella casta arte di vivere. E tuttavia, proprio questo fallimento – se riusciamo ad afferrarlo – è il meglio che possiamo fare, così come proprio l’apparente sconfitta di Holderlin destituisce integralmente il successo della vita di Goethe, toglie ad essa legittimità”.

Il famoso balbettio di Hölderlin, citato nella poesia di Celan a lui dedicata, e che fa riferimento ad una parola che il poeta usava dire spesso negli ultimi tempi, attribuendole sempre significati diversi, più che il non sense di un folle, è l’evoluzione del linguaggio che su questa terra non può più trovare parole adeguate, e che forse esprime il tempo attuale attraverso lo stento ripetitivo della parola, in una veicolazione oltre l’umano (Pallaksch. Pallaksch).

Il filosofo italiano alla fine del suo saggio “La follia di Hölderlin” afferma:

“Da quasi un anno vivo ogni giorno con Hölderlin, negli ultimi mesi in una situazione di isolamento in cui non avrei mai credito di dovermi trovare. Congedandomi ora da lui, la sua follia mi sembra del tutto innocente rispetto a quella in cui un’intera società è precipitata senza accorgersene.”

Dettagli

  • Genere:  critica letteraria sulla poesia
  • Editore: Einaudi (12 gennaio 2021)
  • Lingua: Italiano
  • ISBN-10: 8806248162
  • ISBN-13: 978-8806248161
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