Recensione a cura di Manuela Baldi
Paolo Maggioni è un giornalista che seguo da parecchio tempo, mi piace il suo modo di raccontare le cose, educato, non pontifica, non suggerisce soluzioni, non giudica, racconta. Conosco e apprezzo la sua vena ironica. Mi piace molto il fatto che abbia una visione “laterale” delle cose. Lo seguo alla radio, i suoi interventi, quasi sempre per raccontare il mondo degli altri, quelli di cui di solito non parla nessuno, storie più o meno piccole. Tanta poesia nelle sue parole. Ho atteso quindi con curiosità e un filo di ansia l’esordio nel genere, il suo primo noir. Non sono stata delusa. La sua scrittura è come la sua narrazione orale, lieve, con un retrogusto ironico anche quando scrive di violenza e degrado. “La calda estate del commissario Casablanca” edito da SEM (sempre grata per le scelte editoriali) ci racconta di Milano non solo efficienza e glamour, ci racconta di migranti, di spaccio, di violenza. Ci fa entrare nei meandri della burocrazia. Il protagonista della calda estate: Giuliano detto Ginko, Casablanca, è un giovane commissario trasferito all’ufficio passaporti, in un ufficio senza finestre, con montagne di pratiche che invadono la sua scrivania. Ha una squadra particolare, Panettone, Zhong e Minimo Sindacale, le loro descrizioni da sole valgono la lettura del libro. La morte accidentale di un migrante, poca roba, secondo il questore, da archiviare con poche firme su un verbale, porterà Casablanca ad indagare su una vicenda che si rivelerà molto più complessa. Trama ben articolata che consente a chi legge di indagare con Ginko e la sua squadra, di riconoscere fatti accaduti realmente. L’indagine che si sviluppa in modo inaspettato, con qualche colpo di scena, non è, a mio avviso, la cosa più importante del racconto. Per me la parte più importante è data dalla descrizione delle persone e di una Milano diversa da come comunemente rappresentata. (La) Mirta, l’anziana portinaia del palazzo nel quale vive Casablanca, quella che lo conosce da quando era piccolo, che gli prepara il caffè con la moka da bere prima di andare in ufficio; Stucas l’amico di una vita: capace fotografo, Anna madre single in affanno, Enrica una nonna speciale e come dicevo sopra, la squadra di Ginko. Il racconto della varia umanità che popola la città mi ha reso particolarmente piacevole la lettura. Voglio spendere una parola anche per la copertina, per la scelta dei colori che così bene descrivono il cielo di Milano in certi giorni particolarmenti caldi. Milano protagonista del libro con le sfaccettature che ne fanno una città complessa. Riporto due passaggi che mi sono piaciuti e che descrivono bene la complessità della città: <Milano investe, Milano non dorme mai, Milano sempre in movimento, Milano vende moda, Milano mai con le mani in mano, Milano abbronzata, Milano che traina l’Italia, Milano in copertina. Tutto vero, però Milano suda anche. E lo fa con imbarazzo, come fosse una colpa.> E poi anche conla frase che Giovanni Valtorta, autista di linea dice a un suo collega: «Pensavo che Milano è una fisarmonica. Tutto è vicino. Prendi la nostra linea: centro-periferia-ricchi-poveri-grattacieli-casermoni-vincenti-sconfitti… C’è tutto in un’ora di viaggio, tutto attaccato, tutto con un solo biglietto di andata e ritorno.»
Consigliato a chi ama l’ironia, a chi preferisce la scrittura lieve e i personaggi sgangherati, a chi ama le città che sono tutto e il contrario di tutto.