La bionda di cemento
Il Fabbricante di bambole: sceglieva le sue vittime nei quartieri malfamati di Los Angeles, le strangolava e le truccava come fossero bambole sorridenti. La polizia aveva cercato di catturarlo e, alla fine, Bosch se l’era trovato di fronte. L’uomo, disturbato nel sonno, aveva infilato una mano sotto il cuscino e Bosch gli aveva sparato, uccidendolo. Quattro anni dopo, Bosch si trova in un’aula di tribunale in un ruolo per lui insolito: quello dell’accusato nel processo per omicidio intentatogli dalla vedova. Ma quando viene informato del ritrovamento di un nuovo cadavere, quello di una bionda sepolta sotto una colata di cemento e truccata come le undici vittime del Fabbricante di bambole, non può non chiedersi se l’uomo che ha ucciso non fosse innocente
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Per definizione, il thriller si distingue dai generi letterali del giallo e del noir. Il giallo classico di solito vede il detective come protagonista, nel ruolo di risolutore ufficiale del delitto, ponendo al centro la ricerca scientifica e le indagini legate alla scoperta del proverbiale assassino, mentre il noir si caratterizza per connotati più “politici”, quindi sensibile alle dinamiche intrinseche nella società.

La regola base del thriller “americano” è invece puntare soprattutto sull’azione, su una narrazione ritmata con l’utilizzo di un linguaggio diretto e asciutto, senza eccessivi virtuosismi letterari.

La città in cui è ambientata la storia fa per lo più da sfondo decorativo, una sorta di non-luogo, potrebbe essere Tokyo o Reggio Calabria e avrebbe poca importanza. Il serial killer – così avviene di solito per i personaggi “malvagi” – si colloca al centro della trama, quasi sullo stesso piano del detective che gli dà la caccia. Spesso le vicende sono caratterizzate da uno sfondo “cupo”, sanguinario, ai limiti della violenza pura e della suspense al fulmicotone.

Michael Connelly riesce in parte a sovvertire i canoni tradizionali del genere. I suoi libri sono sì “thriller all’americana” ma nello stesso tempo il detective, assume un ruolo decisivo nel portare a termine le indagini e ristabilire “l’equilibrio” a seguito di un delitto o un atto deplorevole.

Inoltre, la metropoli in cui sono ambientati i suoi romanzi, la lucente e oscura Los Angeles, si distingue e fa emergere le sue peculiarità, dai quartieri ai palazzi, dai tramonti sull’oceano agli sterminati e trafficati nastri di cemento e infidi sottopassaggi.

La bionda di cemento” non è una pubblicazione recente. La prima edizione del romanzo, il terzo della serie con protagonista il celebre detective della Polizia di Los Angeles, Harry Bosch, risale al 1994. Un motivo in più, se qualcuno purtroppo se l’è perso, per recuperare. Se non altro perché questo libro -insieme ai successivi “La città delle ossa” e “Il cerchio del lupo” – ha ispirato la brillante serie tv dedicata all’intramontabile Harry Bosch, disponibile su Amazon Prime Video.

Senza entrare troppo nei dettagli della storia – per quello potete leggere la trama e soprattutto sfogliare il romanzo – si può affermare che Michael Connelly riesce nella difficile impresa di coniugare sapientemente i tre generi letterari di cui sopra, riuscendo a non stancare il lettore, anche se bisogna mettere in conto un minimo di interesse per il poliziesco giudiziario e i tempi un po’ dilatati di un normale processo all’interno di un’affollata aula di tribunale, a cui è riservato uno spazio rilevante.

Per il resto non mancano i personaggi femminili con il loro carico di fascino, determinazione e sensualità e descrizioni fisiche da antologia. (“Gli lanciò un’occhiata feroce. Aveva occhi scuri come mogano bruciato”; “Spremette qualche goccia di collirio negli occhi e si avvicinò allo specchio per osservarli. Ancora cerchiati di rosso per la mancanza di sonno, l’iride scura come ghiaccio sull’asfalto”).

Immancabili sono le riflessioni sulla vita e le trame oscure che circondano gli esseri umani. (“La speranza era la linfa del cuore. Senza quella non c’era nulla, solo oscurità”; “Bosch sentiva che doveva continuare a muoversi, per riuscire a pensare. Era l’unico modo per impedirsi di affondare nell’orrore che andava addensandosi nella sua mente”; “Quella sgradevole sensazione che insorgeva all’avvicinarsi dell’ignoto (…) Era la paura che schiudeva i suoi petali come una rosa nera in fondo al suo stomaco”).

Inevitabili infine, i tormenti esistenziali del detective che non riesce, o in fondo non vuole, a conciliare la vita da sbirro di strada con una normale relazione sentimentale che necessita dell’elemento determinante e opportuno della “presenza”, mai così messa a rischio dal succedersi di continui pericoli e casi irrisolti. (“Quella situazione di stallo faceva comodo: gli consentiva di rimandare ogni decisione sul futuro della relazione”; “E lui voleva evitare ancora per un po’ di sprofondare nel luogo buio della solitudine”).

Manca qualcosa? Ah sì, il “Fabbricante di bambole”, ovvero l’assassino che riemerge dal passato di Bosch, lo scoprirete solo nelle ultime pagine. Per i più bravi e avveduti, anche a metà della storia.

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