Io vi troverò
 A dieci anni Thomas Bishop viene internato in una clinica psichiatrica dopo aver ucciso la madre che lo seviziava da sempre. Quindici anni dopo, evade dall’istituto e dà inizio a una fuga sanguinaria sul cui cammino sono ancora le donne a cadere. Un omicidio, due, poi saranno decine; Bishop tortura e uccide spostandosi da Las Vegas a Chicago, a New York. Un personaggio infero ma straordinariamente umano, del quale Shane Stevens è cronista implacabile raccontandone nel dettaglio l’infanzia e gli anni di reclusione, le quotidiane strategie di sopravvivenza e la ferocia omicida. Ne emerge un indimenticabile ritratto della follia, di quel concatenarsi di storie, incontri o mancati incontri che conducono un uomo a cedere alla violenza, all’orrore, alla distruzione dell’altro e di sé. E accanto a questa ombra che ferisce a morte le grandi metropoli del continente, emerge il volto oscuro dell’America degli anni Settanta, restituito attraverso il racconto di una caccia all’uomo che coinvolgerà tutti, poliziotti e giudici, politici e giornalisti, beffati dall’astuzia dell’assassino e incatenati, loro malgrado, alla sua testarda, deviata umanità.
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RECENSIONE a cura di Edoardo Todaro

Ti trovi di fronte ad un libro 800 pagine ed è naturale che qualche difficoltà si faccia avanti, la tentazione di mollare è dietro l’angolo. Ed invece con “ Io ti troverò “ siamo alla smentita di tutto questo, arrivi alla fine senza renderti conto ed anzi resti incredulo che non ci sia ancora qualche pagina, come se Stevens avesse operato una cesura improvvisa. Detto questo è impossibile dare torto a Carlo Lucarelli quando ha definito “ Io ti troverò “: “ Uno dei più grandi noir mai scritti “. Quanto descritto ci porta nei conflitti che si vivono all’interno dei nuclei familiari statunitensi, violenze e stupri; una banda alla disperata ricerca di una opportunità, del colpo grosso che possa dare una svolta alla propria vita. Conflitti che vanno al di là del contesto familiare investendo problematiche divisive come la questione della pena di morte ed i ragionamenti collegati rispetto al senso di giustizia e di vendetta, al concetto di sicurezza ….  E quindi la descrizione della personalità del “ protagonista “: Thomas Bishop, una perfetta macchina per uccidere che non si fa prendere dal panico; con la sua sensazione di invincibilità la sua personalità eccezionalmente deviata, che vive di intelligenza ed astuzia, che non prova emozioni, anche se è bravo nel simularle, che esterna solo odio e rabbia e furia omicida, dovute essenzialmente alle orrende sofferenze vissute, ai diversi elettroshock ed alle grandi quantità di farmaci subiti, desideroso del vivere, apprensivamente, il rapporto sessuale in modo ossessivo, nel viverlo attraverso il voluto rapporto orale, e che adotta, prima, la strategia, ritenendo infermieri, dottori, gli altri pazienti i pazzi, di comportarsi come loro, poi, per non essere più considerato un nemico, anzi “ il nemico “, essere arrendevole, mantenendo un punto fermo: evadere da quella istituzione totale che è l’ospedale psichiatrico, l’ospedale di costrizione assoluta. Bishop che si identifica nell’omicidio come espressione estrema di alienazione, con il desiderio di essere fermato, che la sua furia sia interrotta. Quanto accade ha una matrice nel passato. Proprio dall’evasione scaturisce l’evolversi di “ Io ti troverò “; un’evasione la cui responsabilità è addebitata all’interessante sperimentazione portata avanti dal primario dell’ospedale e che porta al fondamentale scambio di personalità che si protrarrà in progressione. In tutto questo si innesca una incredibile ed interminabile caccia all’uomo, nella quale si arruolano psichiatri, investigatori, studiosi di criminologia e della mente omicida, politici di schieramenti opposti, poliziotti che vagano nel riuscire a trovare come intervenire, malavitosi alla ricerca di quella tranquillità che garantisca i propri interessi e profitti, l’FBI, gruppi di privati cittadini; 30 detective: una vera e propria guerra contro un nemico invisibile. Un noir che vede al centro tantissime città degli Stati Uniti a partire da Los Angeles  e via per 2/3 degli States, con i suoi edifici decadenti, le attività equivoche, gli ubriachi, i drogati, le prostitute …. l’odore della morte. Una società che è obbligata a confrontarsi non tanto con la routine degli omicidi ma con la follia omicida, con omicidi senza motivi apparenti e senza nessuna pietà, con una rabbia che è restata latente nell’inconscio ed un giorno esplode in una sorta di furia demoniaca. Un noir che di fatto è una indagine sulla mente umana, una investigazione in chi, come i serial killer, ha uno schema mentale preciso. Ma anche sul ruolo dell’informazione, dei mass-media che spesso creano  notizie al fine di sviluppare attenzione e vendite. Di sicuro questo noir gira attorno alla figura di Bishop, ma non è secondaria la figura del giornalista, del miglior report investigativo, che indaga sul serial killer e contemporaneamente sul politico che vuole fare carriera sfruttando il populismo di bassa lega, il senatore, opportunista ed arrampicatore sociale, che si sente il vento in poppa visto che la politica necessita di capri espiatori. Un giornalista che assume su di sé il ruolo che compete a chi svolge quella professione: fare inchiesta, non scrivere semplici articoli; un cronista con l’abilità del detective. Oltre al ruolo del giornalista, abbiamo anche a che fare con li gioco degli scacchi addebitabile a Bishop, visto che progetta la prossima mossa e visto che è uno strumento utile per sviluppare quell’attenzione utile nella caccia dispiegata su tutto il territorio statunitense.

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