Beatrice e Alfredo ti entrano dentro. E con loro il luogo dove vivono, la polvere, la puzza, le difficoltà, le speranze cancellate che sembrano non poter appartenere mai a chi sopravvive nella Fortezza, per diritto di nascita.
Ho divorato questo libro, mi ha fatto male, è una di quelle storie che all’ultima pagina ti fanno chiedere: ma perchè diavolo non l’ho letto prima?
Ho amato la tenacia di Beatrice, il suo amore che cova nel cuore come un’ortica infestante, i suoi tentativi di nasconderlo, il suo farsi male, il sangue che scorre quando i due ragazzi si riempiono di botte, il loro modo preferito di comunicare.
La storia è semplice, e nella sua semplicità, vera.
Se fossi nata anche io Beatrice?
Se fossi venuta al mondo in un luogo come la Fortezza, avrei avuto il coraggio che ha lei, di amare fino in fondo? Fino alla morte? E oltre?
Alfredo, questo nome ripetuto innumerevoli volte dalla voce dell’autrice che diventa la voce di Beatrice, questo nome che ti entra nell’anima a forza e che nei giorni in cui il romanzo ti fa compagnia, non puoi fare a meno di rigirartelo in testa. Alfredo e i suoi capelli biondi, così diversi dal fango dove sono cresciuti. Alfredo così unico, e così fragile.
Magnifici i personaggi che fanno da contorno, sono veri, come siamo veri noi. Non c’è niente di artefatto in questo romanzo. Arianna e la sua storia così simile alle tante storie che abbiamo conosciuto da ragazze, Francesco, il fratello che si mette nei guai e nemmeno se ne accorge, il vecchio, che alza le mani sui suoi figli, Marta, che rappresenta tutto ciò che è al di fuori del mondo grigio della Fortezza, avvolto nella luce della normalità, Paola, la ragazza di tutti, quella dolce, che non fa troppe domande.
La morte, che diventa qualcosa da accettare, a cui rassegnarsi, che è inevitabile e ci si convive per forza.
Un romanzo di legami forti ed emozioni contrastanti. Da leggere.