Il nome del padre
Milano, 1972. Piazza Duca d’Aosta, immersa nella canicola di Ferragosto, è talmente vuota da ricordare un paesaggio di De Chirico quando nel deposito bagagli della Stazione Centrale viene rinvenuto, all’interno di una valigia, il cadavere fatto a pezzi di una donna. A indagare sull’omicidio è chiamato il giovane viceispettore Rocco Cavallo, alla sua prima indagine e ansioso di fare bella figura con i propri superiori. Il caso, tuttavia, appare subito di non facile soluzione: il caldo torrido ha anticipato il processo di decomposizione, rendendo impossibile l’identificazione del corpo. L’unico indizio per risalire all’identità della vittima è una piccola croce ortodossa trovata sul fondo della valigia, che potrebbe far pensare a una donna di origine slava. Per il commissario Naldini e per Ferretti della Buoncostume quella donna è certamente una prostituta e il delitto ha tutte le caratteristiche di una punizione esemplare, opera magari di qualche magnaccia particolarmente efferato. L’ipotesi appare ancora più realistica davanti alla scomparsa di una squillo molto conosciuta nell’ambiente, per il cui omicidio viene accusato Totò il Guercio, un magnaccia, appunto, noto in questura per la sua fedina penale tutt’altro che immacolata. Benché il commissario Vicedomini suggerisca un’altra pista, fondata sulla somiglianza tra l’omicidio della donna nella valigia e alcuni brutali delitti compiuti nella metà degli anni Quaranta da un assassino seriale fantasiosamente battezzato dalla stampa Macellaio della Martesana, il caso resta insoluto e consegnato ai polverosi archivi della cronaca nera. E soltanto con l’arrivo, anni dopo, della determinata viceispettrice Valeria Salemi che Rocco Cavallo, il «commissario Cavallo» disilluso dalla vita, ma animato sempre da un intenso desiderio di giustizia, deciderà di riaprire le indagini, questa volta più che mai determinato a trovare il vero responsabile di un omicidio che per trent’anni si è portato dentro come un’ossessione. Flavio Villani gioca su diversi livelli narrativi, consegnandoci un giallo d’atmosfera in cui l’irresolutezza del passato torna a tormentare il presente.
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Il vice ispettore Rocco Cavallo è arrivato a Milano dal sud. È un immigrato e i colleghi non mancano di farlo sentire tale. È giovane, alle prime armi e il codice penale è ancora sul suo comodino.

Vive in un piccolo appartamento di ringhiera, caldo e soffocante, come caldo e soffocante è l’agosto milanese che non lascia scampo a nessuno.

È il 1972, quando viene trovato un cadavere fatto a pezzi in una valigia al deposito bagagli della Stazione Centrale. Sembra appartenere a una donna, manca la testa e l’arma del delitto.

Cavallo è avvolto e nauseato dall’odore emanato da quel povero corpo dilaniato, è in imbarazzo e si sente un novellino incapace e imbranato. Il suo diretto superiore non manca di ricordarglielo ogni istante.

Viene interpellata la Buoncostume, la Scientifica e sembra che tutto sia da risolvere velocemente, troppo velocemente. D’altronde i giornalisti hanno bisogno di qualcosa di eclatante da dare in pasto al pubblico.

Milano nel frattempo continua a svuotarsi, le ferie sono un sacrosanto diritto per chi lavora, mentre alcuni quartieri nelle mani della camorra sembrano non fermarsi mai, perché il mercato della droga deve continuare ad alimentarsi.

Cavallo osserva, prende appunti su un piccolo notes dalla copertina rossa. Scrive per fare ordine, scrive per ricordare …

Il romanzo di Flavio Villani è un’indagine a tutto tondo che trova il finale dopo trent’anni. Trent’anni di dubbi e di memorie messe per iscritto, per non essere dimenticate. Un’inchiesta bloccata, incagliata nei fantasmi della memoria, complice un tremendo peso da portare sul cuore e una follia malata che non trova pace. Qualcuno nasconde qualcosa, qualcuno ha bisogno di pulirsi la coscienza ma è reticente.

Rocco Cavallo è ora commissario e con calma e fermezza sta cercando di sistemare tutti i pezzi di questo puzzle.

Il nome del padre è un noir completo. Dà il giusto senso di soffocamento e di claustrofobia a causa del calore estivo.

I personaggi che completano le conoscenze del commissario sono ossessivi, cupi e fragili. Soffrono per amore, sono fondamentalmente soli e affrontano questo percorso rimanendo sospesi, fino alla fine. Si perdono nei ricordi e sembrano avere paura di affrontare la realtà. Sono rassegnati.

Tutto gira attorno all’irrisolto e al malessere di vivere, quando ci si sente inadeguati e in trappola.

La scrittura chiara, impreziosita dall’introspezione dei protagonisti, rende questo romanzo davvero unico.

L’intensità della storia ha tinte nere, con alcune sfumature più chiare. Assolutamente da leggere.

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