“Siamo stati noi a proclamare il comandamento non uccidere e siamo stati il popolo più assassinato sulla Terra”: questa terribile frase racconta la rassegnazione degli uomini rinchiusi nel campo di concentramento polacco di Auschwitz-Birkenau.
Il maestro di Auschwitz narra le giornate trascorse tra la paura e gli orrori. Otto B. Kraus ha vissuto nell’inferno e ha raccontato, in forma di romanzo, le atrocità che i deportati sono stati costretti a vedere e a subire.
Attraverso la scrittura, Otto ha provato a dare un senso a quello che stava succedendo, a trovare un motivo e a cercare delle spiegazioni plausibili. Ma niente e nessuno sarà mai in grado di trovare giustificazioni per un simile massacro.
È un diario per esorcizzare la morte, per metterla in ridicolo e cercare un modo di nascondere e sconfiggere il terrore che accompagnava gli uomini nel corso delle loro giornate.
Il protagonista del libro, Alex, viveva nel Blocco 31, quello dedicato ai bambini e vicinissimo al Blocco 32, dove il terribile dottore Mengele conduceva i suoi esperimenti.
Eppure, nonostante l’orrore descritto, in questo romanzo, si respira anche speranza. Nel Blocco 31 si vive un mondo illusorio, un mondo dove si insegna a leggere e a scrivere ai più piccoli, dove si balla, si canta e si riempiono i ragazzi di aspettative, cercando di convincerli che presto tutto finirà e che, all’esterno, ci sarà un futuro migliore per tutti loro.
E le illusioni danno la forza di sopravvivere, spronano a lasciarsi andare ai sogni, a fare nascere teneri amori tra persone che provano piacere anche solo nel dichiarare il proprio sentimento, che si sentono quasi felici tenendosi la mano e sfiorandosi appena.
Si provava a cercare di costruire una vita il più possibile normale, in un posto che li aveva privati della dignità umana.
I prigionieri sapevano di non essere considerate degli uomini, erano consapevoli di dovere lottare per perdere o vincere. La vittoria consisteva nel rimanere vivi. Ci si aggrappava a qualsiasi motivo per convincersi che tutto sarebbe finito bene. Si sognava, perché i sogni erano l’unica libertà concessa.
Come si poteva trovare un senso? Come si riusciva a dare un significato a tutto questo? E ancora oggi, come si può accettare che in nome della religione, un popolo venga oppresso e annientato?
Una lettura interessante, impietosa e troppe volte disseminata di orrore e sangue. Ma chiudere gli occhi, non sapere, non significa cancellare l’accaduto.