Il fantasma del ponte di ferro
Milano, 1985. Il maresciallo Pietro Binda è in pensione, ma non è rimasto con le mani in mano: ha aperto un’agenzia investigativa nello studio di casa e continua a inseguire la verità, costi quel che costi. E quando una splendida ragazza russa si presenta da lui con un nuovo indizio su un caso mai dimenticato e solo ufficialmente risolto, l’ex carabiniere dovrà tornare indietro nel tempo, al 1972, in una Milano ammantata dalla scighera e ancora scossa dall’attentato di piazza Fontana. E a un corpo decapitato, appeso in bella vista sotto un ponte dei navigli. La testa è a qualche isolato di distanza, un misterioso messaggio in cirillico nascosto tra le labbra. Un caso che si intreccia alla scomparsa di una celebre violinista russa, intorno al quale si agitano i fantasmi della Guerra fredda, agenti segreti e carabinieri che conoscono come le loro tasche le strade della città e si portano dietro pistole e segreti. Tredici anni dopo l’apparente soluzione del caso, Binda ha l’occasione di dare finalmente giustizia ai troppi morti di una storia crudele, ma dovrà immergersi di nuovo nel mondo sfuggente dove la ragion di Stato e la ragione criminale si confondono e forse s’assomigliano.
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Recensione a cura di Massimo Ghigi

Il nuovo libro di Piero Colaprico Il fantasma del ponte di ferro è una nuova gemma all’interno di una collana veramente notevole qual è la Nero Rizzoli, sia per i nomi che ne fanno parte sia, soprattutto, per la qualità assoluta delle opere in lista.

L’eccezionalità di questo libro, secondo me, sta principalmente in due aspetti: il genere inizialmente non facilmente inquadrabile e la struttura a “racconto nel racconto” che funziona molto bene e aggiunge interesse al libro.

Il genere: si parte come un romanzo dalle venature horror-gotico (a tratti nelle descrizioni di atmosfere e personaggi mi sono sentito catapultato ai tempi di Jack lo squartatore!) con un cadavere orrendamente decapitato e addirittura impiccato, per virare poi in tematiche noir con un’indagine fatta nei bassifondi, in mezzo ad una fauna fatta di piccoli delinquenti di mezza tacca, prostitute e travestiti per poi sfociare definitivamente un complesso e articolato romanzo di spionaggio con tanto di agenti del KGB doppio giochisti, contrabbandieri di preziosi e fuggiaschi dalla madre URSS!

La struttura: il nucleo della storia è basato su un racconto fatto dall’ex maresciallo Binda, ormai in pensione, alla sua amata Alba, la portinaia dello stabile in cui abita; il racconto verte su un “cold case” che lo ha coinvolto in passato e che è tornato prepotentemente nella sua vita a causa di una visita inaspettata. La conclusione del romanzo è però ambientata nel presente dove finalmente i dubbi di Binda vengono sciolti e si arriva anche alla sensazionale soluzione dei vari misteri (l’impiccato/decapitato e la scomparsa di una violinista russa).

Ammetto che ho dovuto prestare particolare attenzione soprattutto durante la lettura dei capitoli finali del libro, i personaggi coinvolti sono tanti e le dinamiche tra loro piuttosto intricate, ma devo dire che il tutto è scritto molto bene e le spiegazioni date sono apprezzabili.

Anche l’evolversi della personalità di Binda, da giovane maresciallo dai modi spicci a pensionato con l’hobby dell’investigazione, paziente e abile, nel sopperire con l’astuzia al calo di tonicità e prestanza fisica, è molto interessante.

Il finale poi è veramente emozionante, ad un certo punto commovente perfino, e lascia davvero il lettore con la sensazione di aver letto un romanzo fuori dal comune e assolutamente degno di nota.

Confermo il mio apprezzamento per il connubio Colaprico/Nero Rizzoli e spero tanto che questo sia solo l’inizio di uno strepitoso sodalizio!

Alla prossima!

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