Quinta avventura per lo scrittore Giudici con la suite Di Matteo, il giovane commissario dai baffetti alla Hercule Poirot, è alle prese con un omicidio in pieno giorno, un uomo appena arrivato a Genova è stato ucciso e al tempo stesso rapinato.
Un maledetto quadro che semina morte, scompare e riappare per poi sparire nuovamente. È proprio un dipinto di Raffaello l’oggetto di contesa di tanti che non lascia scampo, e che vede Di Matteo scendere in campo e indagare sulla misteriosa scomparsa di questo incredibile ed enigmatico capolavoro.
L’autore con la solita maestria separa due epoche, quella legata al XVI secolo che vede la scomparsa del rigattiere Messer Stefano e quella dell’estate del 1932, regalandoci due racconti in un’unica storia.
Giallo tecnicamente riuscito e non c’erano dubbi, trama forse leggermente appesantita, ma l’idea di suddividere il romanzo risulta sorprendente per un autore sempre in grande spolvero che alterna i personaggi portandoli da un romanzo all’altro (questa è la volta della Marchesa Olimpia Delle Rose già vista nella terza avventura della suite Di Matteo), ne giova sicuramente la storia che riprende il tema dell’arte.
Collezionisti, critici, storici dell’arte e nobildonne dai gusti altamente raffinati sono i personaggi che ruotano attorno ad una storia dove il possesso di un oggetto prezioso come il quadro di Raffaello renderà loro schiavi e avidi a tal punto da arrivare a commettere un delitto.
Il commissario Di Matteo non starà certo a guardare e come al solito attenderà l’assassino al varco.
Giudici non sbaglia un colpo e Il delitto di casa Taddei ne è la dimostrazione, un giallo elaborato e costruito perfettamente, con personaggi ben delineati per una storia dove il colpo di scena è assicurato, come vuole la tradizione di questo genere letterario ormai intramontabile.