Recensione a cura di Eleonora Zaffino
Il fascino intramontabile della magia e la scrittura cinematografica dell’autore sono i punti forti di questo thriller.
Trama avvincente e ben orchestrata. Luoghi e situazioni sono raccontati con sincero realismo e il lettore si trova immerso all’interno della scena che gli viene raccontata.
Grazie al racconto della storia del mago Wetryk – che fa da sfondo alla nostra indagine – scopriamo Livorno, abbiamo la sensazione di vedere con i nostri occhi i luoghi e di conoscere le persone che vi abitano. Ci affezioniamo ai personaggi che incontriamo nel corso della storia. Tutti sono caratterizzati da una profonda umanità.
Il nostro commissario ci ricorda il Rocco Schiavone di Manzini, uomo indurito dalle prove della vita, pervaso dai sensi di colpa per gli errori del passato. Pensa di doverli espiare in eterno. Conduce una vita sregolata e non si concede mai un momento di gioia personale. Burbero e scostante – a un certo punto definito “simpatico quanto una colonscopia” – è in realtà uomo sensibile e capace di nobili sentimenti ed è portatore di una sua personale magia: un sesto senso. Ogni volta che sta per avere un’intuizione importante viene colto da una sensazione di formicolio alla base del collo. Un segnale al quale il lettore subito si abitua. Quando arriva sa già che sta per accadere qualcosa di importante ed è in trepidante attesa di scoprire di che si tratta.
Oltre alla magia – ciascuno la sua – Wetryk e Botteghi hanno un’altra cosa in comune: hanno entrambi una figlia che amano più di qualunque cosa.
Sarà affascinante scoprire come la magia di Wetryk insieme a quella del Commissario sapranno risolvere il caso facendoci conoscere l’assassino.
Buona lettura!