I Leoni di Sicilia
Dal momento in cui sbarcano a Palermo da Bagnara Calabra, nel 1799, i Florio guardano avanti, irrequieti e ambiziosi, decisi ad arrivare più in alto di tutti. A essere i più ricchi, i più potenti. E ci riescono: in breve tempo, i fratelli Paolo e Ignazio rendono la loro bottega di spezie la migliore della città, poi avviano il commercio di zolfo, acquistano case e terreni dagli spiantati nobili palermitani, creano una loro compagnia di navigazione… E quando Vincenzo, figlio di Paolo, prende in mano Casa Florio, lo slancio continua, inarrestabile: nelle cantine Florio, un vino da poveri – il marsala – viene trasformato in un nettare degno della tavola di un re; a Favignana, un metodo rivoluzionario per conservare il tonno – sott’olio e in lattina – ne rilancia il consumo in tutta Europa… In tutto ciò, Palermo osserva con stupore l’espansione dei Florio, ma l’orgoglio si stempera nell’invidia e nel disprezzo: quegli uomini di successo rimangono comunque «stranieri», «facchini» il cui «sangue puzza di sudore». Non sa, Palermo, che proprio un bruciante desiderio di riscatto sociale sta alla base dell’ambizione dei Florio e segna nel bene e nel male la loro vita; che gli uomini della famiglia sono individui eccezionali ma anche fragili e – sebbene non lo possano ammettere – hanno bisogno di avere accanto donne altrettanto eccezionali: come Giuseppina, la moglie di Paolo, che sacrifica tutto – compreso l’amore – per la stabilità della famiglia, oppure Giulia, la giovane milanese che entra come un vortice nella vita di Vincenzo e ne diventa il porto sicuro, la roccia inattaccabile.
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Amo i romanzi con ambientazione storica e Stefania Auci non mi ha delusa. La prima cosa che vorrei dire riguardo a questo romanzo, è che si evince già dalla prima pagina il lavoro di approfondita ricerca fatto dall’autrice,  non solo sulla storia della città di Palermo che racconta in modo esemplare, ma anche sulle tradizioni, gli usi e costumi, le descrizioni paesaggistiche, gli edifici, il cibo, la disposizione delle strade e i dettagli della vita quotidiana che sono stati ben studiati e descritti tanto da farti davvero immergere in quell’epoca e vivere le pagine insieme ai personaggi.

Mi sono piaciute particolarmente le descrizioni delle varietà di spezie e la loro estrazione e lavorazione e come venivano utilizzate anche in ambito farmaceutico. Amo i libri da cui si apprende qualcosa di nuovo, dove dietro una storia si cela anche un insegnamento “pratico”.

Azzeccata la scelta di narrare al presente, che enfatizza quanto appena detto, si ha veramente l’idea di vivere in casa Florio e sentire sulla propria pelle le vicende dei protagonisti.

Ho apprezzato anche il mettere in corsivo all’inizio del capitolo il quadro storico degli anni narrati, per introdurre il lettore ai luoghi in modo veritiero e professionale, ma mantenendo un certo distacco dal romanzo. È come se usando il corsivo l’autrice avesse voluto dirci “Questa è la storia, questo è il mio romanzo”, ho davvero apprezzato molto questa chiarezza espositiva, denota un profondo rispetto da parte della scrittrice, sia per la storia che per il lettore.

Da nipote di nonni siciliani, l’uso del dialetto in alcuni dialoghi mi ha fatto ricordare con nostalgia i momenti della mia infanzia, quando i miei nonni intavolavano battibecchi in dialetto siculo e noi bambini ridevamo cercando di afferrarne il significato.

La trama si vive attraverso i sentimenti dei personaggi, la malinconia e il senso di colpa di Giuseppina, i modi duri e scostanti di Paolo che trascina la sua famiglia a Palermo, la gentilezza e i sentimenti profondi di Ignazio, la durezza di Vincenzo, la gentilezza e tenacia di Giulia.  A fluire nel sangue della famiglia, il desiderio di riscattarsi da una estrazione sociale misera, di essere riconosciuti per il loro valore e per il duro lavoro svolto al di là delle proprie origini.

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