I cani di via Lincoln
Palermo, notte di maggio. All’interno del ristorante Grande Pechino due carabinieri scoprono un massacro: otto persone ammazzate a colpi di kalashnikov e una donna in fin di vita. Sei dei morti sono cinesi. Uno è un giornalista italiano. L’ultimo ha viso e mani spappolati e nessuno sa riconoscerlo. La superstite è in coma. Forse potrà raccontare, ma non ora. Il tenente Cascioferro è sulla scena del crimine e pensa: via Lincoln è zona del boss Trionfante. Se c’è da compiere un omicidio, è Trionfante a doverlo ordinare o permettere. Se qualcuno sgarra in via Lincoln, è Trionfante a doverlo punire. Dunque: o Trionfante è coinvolto nella strage, o reagirà. Ma Palermo è una città in cuitutto è intrecciato. Boss mafiosi, anziani massoni e politici collusi si riuniscono nei palazzi nobiliari del centro: la strage di via Lincoln ha rotto vecchi equilibri e messo in moto un’indagine che rischia di portare alla luce cose che devono rimanere nascoste. La cupola decide per una seconda strage proprio mentre Cascioferro scopre su cosa indagava il giornalista ucciso e capisce che forse è opportuno fermarsi. Ma non sa farlo, e negli scantinati del ristorante Grande Pechino lo attende un’altra macabra scoperta. “I cani di via Lincoln” racconta un’indagine impossibile: quando nessuno è innocente, la giustizia non è quella dei tribunali e il destino degli eroi è uno solo.
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I cani di via Lincoln è veramente un bel libro. Dovreste leggerlo.

La recensione in realtà è tutta qui. Potrei fermarmi, avrei fatto il mio dovere di lettore. C’è però qualcosa in più da dire su questo Noir in cui la la tecnica narrativa si fonde alla cronaca generando un romanzo talmente verosimile da sembrare vero. Mentre lo si legge? No anche una volta terminato.

I personaggi ti rimangono dentro, i sentimenti provati durante la lettura (impotenza? Brivido o meglio orrore?) hanno talmente pervaso l’animo che basta rivedere la copertina perchè tutto torni a galla. Lo stile di Pagliaro è diretto, crudo, senza fronzoli. Le immagini che descrive sono nitiide, chiare, lampanti. E sono forti.

Quando alla televisione ascolti una notizia simile a quello che racconta Pagliaro, Palermo appare una città lontana, la Mafia un’entità indefinita. Questo romanzo restituisce a pieno invece tutte le sensazioni che ruotano attorno ad un increscioso fatto di cronaca sia dalla parte delle guardie e cha da quella dei ladri, restituendo un quadro tridimensionale della vicenda. A questo si aggiunga che, prendendo immancabilmente le parti di uno piuttosto che dell’altro personaggio, si rivivono paure insite nell’animo umano, anche se nell’angolo più nascosto.

Pagliaro arriva proprio lì con la sua penna. E le ricaccia fuori.

 

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