Centomilioni
«Non essere crudele. Non essere sentimentale. Prova a provare davvero qualcosa». Può sembrare un amore, ma è una storia di violenza pronta a esplodere, incuneata in una pianura senza fine che impedisce per sempre di scollinare. Al centro Teresa, che nel suo diario si definisce «una zitellona di provincia, una signorina senza qualità». Vive ancora con i genitori, sommersa da una routine pantagruelica: giovedì ossibuchi, martedì trippa, il pesce solo quando è fresco. Poi arriva Alessandro, e il mondo s’infiamma di colpo. Alessandro, che è bellissimo, che vuole tutto e non ha niente. Armata di una lingua impietosa, lirica, umoristica, capace di spiazzare a ogni riga, Marta Cai passeggia tra le strade di una cittadina anonima e riesce a farci sentire lì, intrappolati tra schiere di villette, banchi del mercato e orizzonti lontanissimi. Con la certezza che da un momento all’altro accadrà qualcosa di terribile. Teresa ha quarantasette anni e vive in una cittadina di provincia «né grande né piccola, né nota né ignota». Figlia per sempre, succube di una madre dispotica, vorace, logorroica. È magra come una prugna secca, Teresa, e fuma in continuazione. Sola, solissima, si tiene a galla assecondando i ritmi blandi dei giorni: le commissioni in centro, le lezioni d’inglese nell’istituto per ripetenti dove lavora, i giri in bici. «Vivo come le sogliole, sul fondale», confida come una ragazzina al suo diario segreto. Soltanto lì, tra le righe dell’unico spazio di libertà che le è concesso, può fantasticare su Alessandro, un suo ex studente bellissimo e fin troppo gentile. Teresa lo sogna con una vividezza che la tramortisce. Ma lui, quando all’improvviso le riappare davanti dopo mesi di vuoto, ha in mente ben altri progetti. Col suo sguardo e la sua voce, Marta Cai illumina tutto: è capace di entrare a gamba tesa nei punti di vista dei suoi protagonisti e di rispettare il brusio nelle loro teste, di calibrare perfettamente il montaggio alternato e poi di farlo esplodere, di voler bene a Teresa e di trattarla con ferocia. Quello di Marta Cai è un talento raro: leggendo le sue pagine affilate ci si chiede come abbia fatto a incastonare in un universo cosí piccolo dei personaggi cosí grandi.
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Centomilioni di Marta Cai ha vinto il Premio Campiello, Selezione Giuria dei Letterati. Direi meritatamente, per lo stile elegante di scrittura e per l’ottimo scavo escatologico dei personaggi.

Centomilioni racconta la storia di Teresa,

“Invece tu. Lo dice sempre la tua mamma, che a te certe cose non interessano, che stai bene così, sei una personcina tranquilla, riservata, hai preferito così, hai scelto così, non avevi voglia di sposarti, certe cose non ti interessano, non avevi voglia di andar via, sei sensibile, Tere.”

Lei abita in una non meglio precisata cittadina di provincia, la cui descrizione perfetta induce alla comprensione e alla sua identificazione:

“La cittadina dove vivono Teresa e Alessandro ha sedici chiese, un convento, un monastero con annessa scuola paritaria, un seminario vescovile, una Cassa di Risparmio caratterizzata da bilanci annuali sempre incoraggianti, per non dire vigorosi, tre chilometri quasi quattro di portici bassi, un giornale settimanale, due giorni- quasi tre di mercato, una manciata di metri di dislivello tra la stazione ferroviaria e il duomo, due concessionarie multimarca alla periferia nord che ogni sabato pomeriggio si riempiono di curiosi seriamente interessati.”

Teresa non è né bella né brutta, magra come una prugna secca, si sposta sempre con la sua amata bicicletta:

“Io non so perché non prendi la macchina. Testona d’una testona. E’ per dimagrire. Sei già magra. Agli uomini non piacciono le prugne secche. Sei tutta ossa. Tenere una macchina in garage per pagare il bollo, non parliamo dell’assicurazione. Aspetti solo di esser presa sotto va’, slegata di una capra slegata.”

Teresa abita con i genitori, mamma anafettiva al massimo, padre affetto da Alzheimer. Teresa sogna. Sogna il grande amore che non ha mai avuto, ma tanto desiderato. Così un po’ per solitudine, un po’ per mancanza di attrattive, Teresa si costruisce un bellissimo film d’amore con Alessandro, un suo giovane, bellissimo, ex allievo:

“La scovava in un angolo del piccolo cortile, accanto ai bidoni dell’immondizia, dove lei annusava la decomposizione degli zuccheri, era così gentile, così biondo, eppure castano nei modi.”

Tra finzione e realtà che accadrà tra i due?

La lettura di questo libro è tragica, e lascia l’amaro in bocca. Un romanzo sulla solitudine attuale e sulla desertificazione dei sentimenti. Un libro che ricorda, per certi qual versi, Lolita, soprattutto nel gioco delle maschere e degli specchi. La narrazione lascia attonito il lettore, colpito nel profondo dal cinismo e dalla tristezza che caratterizzano vicenda e protagonisti. L’autrice è particolarmente abile, e:

“Col suo sguardo e la sua voce illumina tutto: è capace di entrare a gamba tesa nei punti di vista dei suoi protagonisti e di rispettare il brusio nelle loro teste, di calibrare perfettamente il montaggio alternato e poi di farlo esplodere, di voler bene a Teresa e di trattarla con ferocia.”

Una lettura triste e sgomenta dei tempi moderni!

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