Capolinea Malaussène
“Non sapevo che i miei ragazzi avessero rischiato di farsi ammazzare nel caso Lapietà. Quando ho scoperto che c’era di mezzo Nonnino, ho capito una cosa: chi non conosce Nonnino non sa di cosa è capace l’essere umano.” (Benjamin Malaussène). La tribù Malaussène è tornata. La mano di Nonnino si posa sulla testa del ragazzo. “Niente panico, eh? I Malaussène son roba facile. Loro, almeno, sappiamo dove stanno.” Kebir ha un attimo di esitazione prima di chiedere: “Ci vado da solo?”. Nonnino gli concede il suo sorriso bonario. “No, piccolo, non preoccuparti, ti do tre uomini.” Kebir sente il freddo dell’anello. “Vai tranquillo,” mormora Nonnino. “Quando sei sul posto, poi, ti concentri bene. La cosa importante è il risultato. Li beccate, recuperate la Schoeltzer, e poi…” Nonnino gli ha afferrato l’orecchio. “E poi finisci di far pulizia.” Una pausa. “Li elimini. Tutti e tre. Anche la ragazzina.” Gli tira piano il lobo. “Perché un testimone, Kebir mio, testimonia.”
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Quando una saga ti piace la leggi, leggi anche quando l’autore dichiara che sarà il libro finale.

Circa un anno fa ho proposto il primo libro della saga Malaussène nella rubrica “Alla ricerca del libro perduto” perché: “Nella mia lunga carriera di lettrice è una delle serie che ho apprezzato di più”. (autocit.)  Così con una gran tristezza ho preso in mano “Capolinea Malaussène”, perché dovevo odorare la carta, quasi che questo gesto mi permettesse di soffrire un po’ meno al pensiero che fosse l’ultima avventura. Pensavo e penso ancora che l’addio alla mia amata tribù non potesse avvenire attraverso un e-book. “Capolinea Malaussène” è la seconda e conclusiva parte della storia pubblicata nel 2017, “Il caso Malaussène. Mi hanno mentito“, Feltrinelli ed.

Per aiutare chi legge Daniel Pennac fornisce un elenco dei personaggi che sono veramente tanti e l’albero genealogico della famiglia Malaussène al cui nucleo iniziale si sono aggiunti, nipoti, cognati, cognate, un patrigno (di Benjamin) rendendo a volte difficile seguire le vicende. Benjamin è direttore editoriale delle Edizioni del Taglione, rimane sempre il capro espiatorio, il cane si chiama sempre Julius ma non è più quello della prima storia. Non ci sono più alcuni personaggi che abbiamo perso per strada. La famiglia però, anche se i fratelli di Benjamin hanno preso la loro strada e non vivono più tutti nella stessa casa, c’è: caotica, un po’ folle, ma sempre pronta ad esserci quando serve. La mamma fa da catalizzatore, quando si presenta a casa Malaussène tutti arrivano di corsa. La sua assenza l’ha fatta amare ancora di più da figlie e figli  nonostante abbia preferito la sua libertà alla famiglia.

La scrittura di Daniel Pennac è sempre la stessa, i temi che gli sono cari presenti e potenti: le diseguaglianze, la giustizia, il crimine, la violenza. Sono proprio queste le caratteristiche che fanno amare i libri della tribù Malaussène. Questa volta i “giovani” Malaussène sono in pericolo, perché ideando un sequestro che loro intendevano come performance artistica, hanno pestato i piedi a “Nonnino” e stanno rischiando grosso. Come sempre le vicende personali si intersecano con le indagini. Non dirò altro perché la storia va letta e gustata. Forse non il migliore libro della serie ma per chi ha letto i precedenti è necessario. Il finale ci offre un colpo di scena e, almeno io l’ho voluta intendere così, una piccola speranza.

E allora, adieu ai Malaussène, anche se preferirei poter dire aurevoir!

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