Assassinio sul Pork Chop Express
Dante Bolero, studente bolognese fuoricorso, viene costretto dal padre ad accettare un posto di lavoro nell’azienda di trasporti dove lavora lo zio. Il protagonista si trova così a fare da spalla a Giacomo Bertoldi, camionista narcolettico amante di Lucio Dalla e dei film cult anni 80′. Durante il viaggio inaugurale, dopo essere scampati a un incidente che poteva rivelarsi mortale, i due fanno la conoscenza in Autogrill di Alpay, un ragazzo turco giunto in Italia tramite l’autostop. La situazione si complica quando il camionista comprende che il giovane straniero non è chi dice di essere.
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Tanta, tanta Bologna in questo thriller.

Una Bologna umoristica, una Bologna goliardica, con i suoi locali, con i giovani sempre pronti a divertirsi, che però non si tirano indietro quando si tratta di risolvere un mistero.

Ed è proprio il caso di Dante, uno studente fuoricorso, costretto dai genitori ad accettare un lavoro con un bizzarro camionista.

Un impiego non voluto, una sorta di punizione per un ragazzo che pensa in special modo al divertimento.

Giacomo, questo è il nome dell’autotrasportatore, è un narcolettico che si fa accompagnare durante il percorso da ragazzi che hanno il compito di tenerlo sveglio o di prendere il posto alla guida in caso di necessità. E già da qui si capisce come il testo sia grottesco: una persona costretta a stare sulla strada per parecchie ore, anche di notte, non può essere affetto da tale patologia.

Anche il camion ha una sua peculiarità per non passare inosservato: si tratta di un bestione americano, un automezzo che non si incontra spesso sulle strade italiane.

Dante si ritrova a difendere il suo nuovo amico dall’accusa di omicidio. Tra guide spericolate, droga e cadaveri il povero ragazzo vive un’esperienza che lo porta lontano dall’ordinario, ma che gli fa capire il valore dell’amicizia.

Con la splendida colonna sonora di Lucio Dalla, immancabile se si parla di Bologna, si dipana un giallo da risolvere tra ironia e serietà, con colpi di scena e azioni spensierate.

Non posso però non soffermarmi sulle pecche che ho riscontrato: la “d” eufonica utilizzata in modo errato, parole scritte a volte con la lettera maiuscola e altre volte minuscola, refusi, troppi avverbi con desinenza “mente”. Imprecisioni dovute alla poca esperienza, che comunque non compromettono un testo e una storia farcita con quell’ironia che rende la lettura piacevole e accattivante.

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