8 INDAGINI, RITROVATE, PER SARTI ANTONIO
Macchiavelli è il padre del giallo politico, un giallo provocatorio, dissacrante e anomalo rispetto a ogni modello noto, dove si rovescia l’idea dell’ispettore “figo” con un’ironia irresistibile. Sarti Antonio, poliziotto onesto e tenace, è un antieroe umanissimo, dotato di straordinaria memoria, amante del caffè e affetto da colite cronica. Vive a Bologna, dove si svolgono la maggior parte delle indagini che volente o nolente è costretto ad affrontare. Fedele alla sua creatura più celebre e fortunata, Loriano Macchiavelli non ha mai smesso di scrivere per il questurino bolognese nuove avventure, sempre al passo con i tempi. Scopriamo in questi racconti “frammenti” sul passato del sergente, ma anche illuminanti lampi sul nostro presente, a dimostrazione del fatto che l’universo del protagonista è una copia fedele di quello in cui ognuno di noi abita. Con 8 indagini ritrovate per Sarti Antonio SEM continua la pubblicazione dei racconti, spesso introvabili, di Macchiavelli.
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Recensione a cura di Edoardo Todaro

Le edizioni SEM stanno facendo qualcosa di importante. Nel maggio del 2020 potevamo trovare in libreria “ 33 indagini per Sarti Antonio “ un enorme tomo di ben 978 pagine. A distanza di un anno, gli affezionati lettori di Macchiavelli e del suo Sarti Antonio, hanno la possibilità di approfondire la conoscenza del sergente attraverso “ 8 INDAGINI, ritrovate, PER SARTI ANTONIO “. Racconti, spesso ormai introvabili, riemergono dall’oblio ed ora sono  di fruizione possibile e sicuramente diffusa. Ma quando Macchiavelli ci racconta di Sarti Antonio è ovvio che  non può  non parlare di Bologna. Cos’è Bologna? Un posto tranquillo, ospitale, Bologna la dotta, la grassa con, anche lei, la sua periferia insicura e la baraccopoli sul Reno, con i suoi porticati e torri, con Piazza Maggiore ed il DAMS . E se vi manca qualche definizione da dare a Bologna, non dovete fare altro che leggere il testo della canzone di Francesco Guccini. Comunque una Bologna in agonia. Una Bologna che è cambiata nel profondo del proprio modo di essere, non più immune a quel senso di insicurezza, che è addebitata agli immigrati si fa strada ed i luoghi comuni, i discorsi che provengono dal bar divengono pensiero diffuso: “ … così non si può andare avanti “; “ sempre i soliti “, dove alcuni comportamenti sbagliati hanno diversa considerazione se sono tenuti dai bolognesi o dai “ nuovi”.  In queste 439 pagine ci imbattiamo nell’anziano pensionato con  le sue canzoni in dialetto ed in coloro che essendo ai margini della società vengono sospettati per qualunque illegalità avvenga. Sarti Antonio, sergente che come grado non esiste nella realtà, anche se è proprio l’irrealtà che da il fascino al romanzo poliziesco, dagli affetti negati, “ solo come un cane”,  e con una memoria che se  certamente è utile per le sue investigazioni, che fa invidia ad un computer, in realtà è l’unica dote a sua disposizione. Ritroviamo il Sarti Antonio con la sua umanità di fronte alle nuove generazioni quando queste si trovano in difficoltà e che riconosce  nei “ delinquenti “ un etica nonostante la scarsa considerazione che nutrono nei confronti delle forze dell’ordine. Con la sua colite, cronica di origine nervosa, curabile solo con la tranquillità e la lontananza dal lavoro, in quanto quando è dentro un problema  vuole arrivare alla sua soluzione a costo di star male, e la sua macchinetta per il caffè. Un sergente che si confronta con l’emergenza abitativa che è ancora più pesante per quelle famiglie immigrate per le quali una casa popolare sarebbe un lusso. Anche in queste indagini Sarti si rivela come un’anomalia: un poliziotto che si pone troppe domande alle quali non riesce a dare risposte, a cui non sembra giusto niente . Possiamo definire un Sarti di un altro tempo, vista la considerazione riposta nella tecnologia, refrattario al caffè delle macchinette come del micidiale schermo televisivo che produce rimbambimento e che pensa al passato con nostalgia .Ma se si parla di Bologna non si può non parlare dei suoi misteri, della Uno bianca, del Pilastro, dell’università e della contestazione che ha segnato i muri con la sua rivoluzione permanente, dell’assassinio dello studente Francesco Lorusso il 12 marzo del 1977, di Radio Alice e la militarizzazione della città con i carri armati;  le ruspe che ripristinano la legalità. Ma se Macchiavelli approfondisce la figura di Sarti Antonio, incontriamo tutti coloro che segnano la vita del sergente: Felice Cassoni agente e la “sua” 28; Raimondi Cesare ispettore capo con il suo inconfondibile “è vero come si dice”; la biondina, l’unica donna di Sarti; Rosas il talpone universitario  sessantottino a cui non torna di vedere Sarti come un questurino, che disquisisce sul concetto di legalità; Settepaltò il senza dimora con le sue turbe sugli effetti delle radiazioni. Il finale ci introduce a qualcosa con cui non avevamo fatto i conti in precedenza: il lockdown ed il dubbio, il punto interrogativo riguardo a Sarti Antonio e la sua capacità di affrontarlo.

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