…che Dio perdona a tutti è il primo romanzo di Pierfrancesco Diliberto (Pif) e narra le vicende di Arturo, protagonista e voce narrante, è un agente immobiliare, e si sa che l’agente immobiliare, per deformazione professionale, è una figura abbastanza lontana nell’immaginario collettivo dal concetto di verità “assoluta e incondizionata”. Parliamoci chiaro: per vendere case, non è necessario mentire… A volte però c’è bisogno di “omettere” alcune informazioni. Ma Arturo, oltre ad essere single e con una casa impossibile da vendere, ha anche uno spiccato amore per i dolci, un amore a tratti quasi ossessivo, eccessivo.
Cosa potrà mai capitare ad un tipo del genere per sconvolgergli la vita? Innamorarsi di Flora, una ragazza splendida e figlia di un pasticcere. E se tutto sembra filare liscio, l’idillio termina quando i due affrontano per la prima volta il tema della religione. Se Arturo non ha mai riflettuto sul suo rapporto con Dio e i principi della religione cristiana, Flora, è all’opposto, profondamente incentrata sulla fede. Arturo quindi per non perdere Flora, decide di operare una trasformazione radicale: vivere da fervente cattolico e attenersi alla lettera a tutto ciò che viene affermato nelle sacre scritture.
Attraverso una prosa brillante e sfrontata Pierfrancesco Diliberto riesce a scrivere un romanzo che strappa più di sorriso, con una voce del protagonista che ricorda molto Pif, il personaggio che da anni interpreta nel mondo dello spettacolo.
Applicando alla lettera la dottrina religiosa, Arturo si scontrerà con un mondo ipocrita, superficiale; Arturo scoprirà quanto è ampio il solco che separa la teoria dalla pratica nella vita di tutti i giorni. Essere solidale e autentico nei confronti del prossimo trasformerà Arturo in una mosca bianca, troppo diversa e fuori contesto rispetto a una società in cui l’appartenenza religiosa è più simile ad un vestito, tagliato e cucito su misura per salvare l’apparenza, senza tener conto della sostanza.
Con l’attitudine che contraddistingue il nostro protagonista (che si può sintetizzare con la frase: «era meglio il buco della toppa») nell’affrontare una serie di prove che diventeranno sempre più ardue, Arturo riuscirà a trarre diversi insegnamenti dal questa esperienza e farà tante considerazioni che lo porteranno a limare i suoi propositi di fede incondizionata e a contestualizzarli con il mondo che lo circonda.
«All’improvviso ebbi tutto chiaro. Stavo parlando con persone che facevano i conti con la propria fede da una vita e le avevano dato mille significati, ma nessuno la concepiva così come io avevo sempre pensato fosse da intendere, motivo per cui mi aveva sempre atterrito e allontanato. Perché essere cattolico è difficilissimo. Amare il prossimo senza volere nulla in cambio è difficilissimo. Perché noi, in fondo, vogliamo che i nostri gesti buoni abbiano una ricompensa.»