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Tersite Rossi

Tersite Rossi, benvenuti su Giallo e Cucina

Intervista di Manuela Baldi e Edoardo Todaro

Il collettivo di scrittura Tersite Rossi è composto da Marco Niro e Mattia Maistri. Fino al quinto romanzo edito si trattava di romanzi di denuncia sociale, di sconfitte, spesso di perdenti. Ricorrente poi la descrizione della casualità degli eventi, delle piccole storie nella Storia. Da ottobre 2021 con Il dispaccio di Tersitehanno iniziato a pubblicare racconti direttamente sulla loro newsletter. Attualmente sono in libreria con il sesto romanzo “Pornocidio“, uscito all’inizio di marzo 2023 per Mincione ed. Si tratta di uno strano caso letterario: Tersite Rossi nella prefazione spiega la vicenda che ha portato alla pubblicazione. Detto in breve: il libro non è scritto da Tersite Rossi ma da un tale Marco Gonzo che ha fatto arrivare ai due autori i 10 racconti che compongono il libro con una e-mail e poi si è reso irreperibile.

Questa intervista l’abbiamo fatta in due, mi ha coadiuvato Edoardo Todaro perché è lui che per il nostro blog ha recensito Pornocidio e aveva qualche curiosità.

Per ulteriore chiarezza vi racconto ancora una cosa: Edoardo è convinto che la storia di Marco Gonzo sia inventata e che l’autore sia Tersite Rossi che ha voluto con questo libro fare una volta di più un’operazione di denuncia. Io (Manuela) invece credo alla storia che ci racconta Tersite Rossi e mi spingo più in là, faccio mia la convinzione di uno dei due componenti del collettivo, che dietro a Marco Gonzo si celi uno scrittore che conosce bene i due e altrettanto bene la narrativa di genere.

 

Ecco le nostre domande:

 

  1. E.T. Cosa vi ha spinto ad editare Pornocidio e che legame c’è con il vostro modo di essere produttori di “cultura”?

T.R. Già in passato più di qualcuno si era fatto avanti per chiederci di entrare a far parte del collettivo, o anche solo proporci una collaborazione o qualche testo da girare agli editori. Abbiamo sempre risposto di no, perché ne abbiamo già abbastanza l’uno dell’altro e perché di solito non portiamo esattamente fortuna… Marco Gonzo però è riuscito a convincerci, perché si è presentato in maniera completamente diversa dall’ordinario, dicendoci che aveva scritto della roba che era merda ma non più merda di quello che mediamente si pubblica oggi, che ce l’affidava perché trovare un editore è una rottura di palle e che l’affidava a noi perché eravamo dei perdenti come lui. Catturata così la nostra attenzione, ci ha indotti a leggere e a scoprire che la sua roba era davvero buona, checché ne dica lui. Buona come scrittura, che ricorda Bukowski nell’asciuttezza e nel nichilismo e Chandler negli intrecci e nelle atmosfere. E buona come contenuto, che mette al centro un perdente vero, l’investigatore privato Marco Gonzo, alle prese con crimini sessuali il cui movente, gira e rigira, è sempre lo stesso: i soldi. Questi sono i lati di “Pornocidio” che più hanno a che fare con la nostra precedente produzione letteraria: la figura dell’antieroe, che gioca la sua partita pur sapendo di essere destinato alla sconfitta, e la narrativa d’inchiesta a scopo militante, di denuncia. Perché anche un immorale come Gonzo, in realtà, le ingiustizie non le sopporta.

 

  1. E.T. Come convivere con il “sesso malato” produttore di nefandezze nei rapporti sociali e umani?

T.R. La nostra è diventata una società dove il sesso è per lo più agito, usato come mezzo per ottenere qualcos’altro, pensato come qualcosa di cui vergognarsi ma al tempo stesso ossessivo, compulsivo, onnipresente. Questo accade perché la nostra società è attraversata da due forti tendenze, apparentemente contrapposte: la sessuofobia (di matrice soprattutto religiosa) e la mercificazione del sesso (di matrice turbocapitalista). Un esempio per tutti? Il 30% del traffico online è oggi generato da siti porno, ma tutto è ipocritamente nascosto, occultato, a dispetto dei grossi profitti che tale traffico genera. Le conseguenze di questo approccio sono gravi e sempre più evidenti: l’alienazione sessuale, l’idea che il sesso sia quello dei video porno, l’incapacità di conoscere i propri sentimenti, prima ancora di esprimerli. Noi pensiamo che prodotti culturali come “Pornocidio”, che demoliscono la morale comune su questi temi, possano minare alle fondamenta l’ipocrisia dominante, che è il primo passo per tornare a vivere la nostra sessualità con serenità e anche, se non soprattutto, divertimento.

 

  1. E.T. Credete che l’autore abbia tratto spunto da fatti realmente accaduti?

T.R. Di primo acchito, pensavamo – e speravamo – di no. Quelli raccontati nei dieci episodi di “Pornocidio” ci parevano fatti troppo agghiaccianti per essere veri, anche se Gonzo ci ha scritto che lo erano: i crimini sessuali con cui ha a che fare – scambisti assassini, serial killer di pornostar, universitarie indotte alla prostituzione, affittacamere maniaci del porno, zoorastia, traffico d’organi, manipolazioni neuronali – sono quasi inconcepibili. Ma poi, nel tentativo rimasto vano di rintracciare Gonzo medesimo, abbiamo provato a cercare nelle cronache ciò che ha raccontato, e abbiamo scoperto che fatti simili effettivamente sono accaduti, anche se li abbiamo presto dimenticati, o del tutto ignorati. Ecco un altro motivo per cui pensiamo che “Pornocidio” meriti di essere letto.

Qui passiamo alle domande che ho rivolto (Manuela) a Tersite Rossi, mi scuso se alcune domande sono fatte al plurale e altre al singolare ma con Tersite Rossi decidere cosa usare è praticamente impossibile.

4.MaBalCom’è nato Tersite Rossi? Marco e Mattia quando e come si sono conosciuti e cosa li ha spinti a scrivere insieme?

T.R. Ormai parliamo della notte dei tempi… Correva l’anno 2007. Non eravamo ancora trentenni. Ci definivamo il professore (Mattia) e il giornalista (Marco). Ma in realtà si annaspava tra precariato e disoccupazione, con tre lauree e un master in tasca. E pure un libro già pubblicato (da Marco) due anni prima, nell’indifferenza generale, nonostante il titolo altisonante: “Verità e informazione. Critica del giornalismo contemporaneo”. In chiave occupazionale, utile come la carta igienica. Anche se galeotto fu proprio quello. Mattia ne fu infatti uno dei pochissimi lettori. E dopo la lettura contattò Marco, prima per proporgli di tenere un corso di giornalismo nell’ambito di un progetto-giovani che gestiva nel suo paese natale, e poi di scrivere un romanzo in due. Marco accettò la prima proposta (che era pure pagata!), mentre ignorò la seconda, che gli parve tanto spiazzante quanto insensata. Poteva finire lì, ma Mattia era un osso duro e si rifece sotto una sera d’estate, prima in pizzeria e poi al pub, davanti a una birra scura, anzi più d’una. Aveva già il soggetto nel cassetto, spiegò a Marco. Giaceva lì da quindici anni, aggiunse. Nel 2007 avevamo entrambi 29 anni, quindi Mattia, calcolò Marco, doveva aver concepito quel soggetto a 14 anni. Questo ragazzo deve aver avuto un’adolescenza difficile, pensò a quel punto. E in lui scattò l’istinto dell’amico. Aiutiamolo, si disse. Diciamogli di sì. Poi stasera si torna a casa, si smaltisce la sbronza e domani amici come prima. Così fece. Il giorno dopo la sbronza passò, ma l’idea rimase. Senza perdere tempo, sempre d’estate, col sole fuori, estraemmo il soggetto da quel cassetto e iniziammo a lavorare a quello che, tre anni dopo, tre anni faticosissimi e bellissimi, sarebbe diventato il nostro romanzo d’esordio. Era nato Tersite Rossi.

 

 

  1. MaBal Quanto è difficile, o facile scrivere in due? Come funziona praticamente, chi scrive cosa?

T.R. È molto complicato e lo sconsigliamo ai deboli di cuore. Abbiamo un metodo. Con noi finora ha funzionato, ma non garantiamo che possa funzionare anche con altri. L’alchimia è misteriosa e alquanto precaria. Cerchiamo sempre di fare tutto metà e metà. Prima pensiamo al soggetto e ne scartiamo tanti, fino a che non arriviamo a quello che convince entrambi. Poi, sempre gomito a gomito (fuor di metafora: a colpi di e-mail), definiamo la scaletta e la suddivisione dei capitoli, molto minuziosa: ciascuno deve sapere bene cosa dovrà scrivere l’altro, per regolarsi e non sovrapporsi. Poi si scrive, e questo rimane un atto individuale. Ma la dimensione collettiva riappare subito dopo, quando iniziamo a fare ciò per cui Massimo Carlotto, quando glielo spiegammo, ci definì “matti da legare”: l’editing reciproco, un editing spietato, selvaggio, capitolo per capitolo, man mano che i capitoli vengono scritti. Questo ha un vantaggio e uno svantaggio. Il vantaggio è che in tal modo lo stile si amalgama e alla fine non resta niente di Marco o di Mattia, resta solo Tersite Rossi. Lo svantaggio è che, nel corso del palleggiamento delle varie versioni di ciascun capitolo (che può arrivare fino a una dozzina di andate e ritorni), i nervi possono saltare e i litigi farsi furibondi. Ma finora siamo sopravvissuti, e con l’età diventiamo sempre più bravi a non litigare.

 

6.MaBal  –  A parte per Pornocidio, come scegli di cosa scrivere? Parti da un argomento o da un personaggio?

T.R. Partiamo sempre dai temi. La strategia della tensione per il primo romanzo, la deriva tecnocratica della democrazia per il secondo, la crisi finanziaria mondiale per il terzo, lo sfruttamento del lavoro per il quarto, il ruolo dei generi letterari per il quinto. I personaggi, poi, vengono di conseguenza, e alcuni, nonostante non siano stati loro il nostro punto di partenza, restano a lungo impressi nella mente dei lettori. Nel caso di “Pornocidio”, però, pensiamo che sia avvenuto l’inverso: per quanto il tema dei crimini sessuali sia dominante e rappresenti un filo rosso che collega tutti gli episodi, pare chiaro che il punto di partenza, il motore di tutto, sia il personaggio, Marco Gonzo, l’investigatore privato che narra sempre in prima persona e parla sempre di se stesso, anche se poi, paradossalmente, riesce a tracciare un quadro vivido del marciume che lo circonda e artiglia il reale con grande forza.

 

7.MaBal –   Tersite, i tuoi romanzi fino ad ora hanno trattato argomenti impegnati, storie grandi e piccole, hai scritto di anti-eroi e di post-eroi. I perdenti meritano una citazione perché sono spesso protagonisti delle storie che racconti. Cosa ti affascina nella narrazione di vite difficili?

T.R. Crediamo sia sempre più importante raccontare gli antieroi, in un’epoca in cui fin da piccolo ti viene insegnato che se perdi non sei nessuno. Se si vuole mettere in discussione l’esistente, come da sempre proviamo a fare con la nostra narrativa, è necessario assumere il punto di vista di chi l’esistente lo subisce, di chi dall’esistente finisce schiacciato, sfruttato e oppresso. I post-eroi sono coloro che si trovano in questa posizione ma non riescono più nemmeno a vedere la mano che stringe la catena cui sono legati, gli anti-eroi sono coloro che la vedono e sanno che quella catena non si potrà spezzare, ma ci provano lo stesso. Queste condizioni esistenziali hanno di volta in volta assunto le sembianze, nei nostri romanzi, di giornalisti con la schiena dritta, bande di ribelli, broker pentiti, antropologhe femministe, adolescenti disadattati. Tutti personaggi ai quali ci siamo sempre sentiti molto vicini noi stessi, che abbiamo scelto di darci come nome Tersite, in omaggio all’antieroe omerico, e come cognome Rossi, in omaggio all’uomo della strada. Uno pseudonimo che vuole essere anche un biglietto da visita.

 

8.MaBal –   È una domanda che ultimamente propongo in tutte le mie interviste, perché faccio fatica a trovare libri che mi soddisfino, come vedi il noir italiano?

T.R.  Purtroppo il noir, e la narrativa di genere più in generale, hanno vissuto in Italia, nel recente passato, una fase espansiva, e questo ha fatto danni. Sì, hai capito bene: abbiamo detto “purtroppo” e abbiamo detto “espansiva”. Perché il successo commerciale, spesso per non dire sempre, tende ad anestetizzare, smussare, svuotare, omologare. Non è successo a tutti, per fortuna. Ma a tanti sì. Il risultato è stato appunto la proliferazione sugli scaffali di prodotti che sembrano fatti con lo stampino, senza guizzi, senza identità né messaggi, manco fossero scritti con l’algoritmo (e non è detto che, in tempi di intelligenza artificiale prossima a dilagare, non accada sul serio, se non sta già accadendo). Ciò è vero, come dicevamo, nel caso di quasi tutti i generi, non solo il noir. Nel caso del noir, però, questa deriva è doppiamente grave, perché il noir trova la sua ragion d’essere, ontologica, nella sua capacità di entrare dentro al lato oscuro del reale, di disturbare il lettore, di rivoltare i punti di vista, assumendo quelli degli ultimi, dei devianti: tutti tratti che confliggono con l’esigenza di confezionare prodotti appetibili al grande pubblico. Ecco perché pensiamo che, paradossalmente, la rinascita del genere, e del noir in particolare, possa verificarsi solo ibridando e de-generando le narrazioni, producendo oggetti narrativi non identificati e non identificabili.

 

  1. MaBal – Senza volerti stressare, stai lavorando a qualcosa?

T.R. A più di qualcosa. Dopo la parentesi di “Pornocidio”, per quanto divertente e stimolante, torneremo a una narrativa militante, in pieno stile Tersite Rossi. Complice il lockdown, nel cassetto abbiamo accumulato parecchia roba, e nei prossimi due anni usciremo con ben tre romanzi, il primo dei quali sarà precisamente un noir ibridato e de-generato, che uscirà su un argomento molto, molto attuale. Fine delle anticipazioni.

 

  1. MaBalPer il nostro blog “Giallo e Cucina” è d’obbligo chiedervi se avete un piatto/cibo preferito. (Vorrei una risposta da tutti te tre se possibile, Tersite, Mattia e Marco)

T.R. A Tersite Rossi piacciono pizza e birra (scura), perché sono quelle che gli hanno permesso di nascere, in quella lontana sera d’estate del 2007. A Marco piace pasta e fagioli, perché è una ricetta povera ma nutriente (oltre a essere una delle pochissime che sa fare). A Mattia piacciono i bambini, perché è comunista; battute a parte: tutto ciò che non ostacola il sonno, perché a forza di scrivere è diventato debole di stomaco. Visto che ormai ci siamo abituati a parlare a nome suo, vi diciamo anche cosa preferisce l’altro Marco, Gonzo: nessun cibo, solo il whisky: whisky scozzese invecchiato vent’anni, con retrogusto di petrolio e porto di mare.

 Grazie Tersite Rossi per aver risposto alle nostre domande!

P.S. Marco Gonzo, se leggi questa intervista e vuoi aggiungere qualcosa sono pronta ad ascoltarti.

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mbaldi

Maurizio de Giovanni

Maurizio de Giovanni è uno scrittore, drammaturgo, sceneggiatore e a breve conduttore televisivo, sì, perché è di pochi giorni fa la notizia che a partire

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Una risposta

  1. ricordo a tutte e tutti che stiamo cercando di identificare Marco Gonzo, sul gruppo Facebook Gialloe Cucina TV abbiamo aperto un gioco https://www.facebook.com/groups/702602723442174/posts/1911517349217366/?__cft__%5B0%5D=AZUQSNGL5PTBQqK71CQHHMoXV2u5iVuHJT755yipqaD0vJcXCY9oX5YKpUiFVvJDYxzVWTZ8MBx2B06HVqpyFAvj3jDXBN30PWLFz8GYKgIK25tXGewo1JmCu6MK9wlO_CVOC87Qrw36wdnMFShH6K6z&__tn__=%2CO%2CP-R
    potere trovare al link sopra le info per partecipare. Aspettiamo le vostre ipotesi. Si gioca per divertirsi. All’ipotesi migliore, meglio argomentata come premio, un libro.

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