Oggi Parliamo Con...

Rosa Teruzzi

Oggi parliamo con Rosa Teruzzi, ospite del festival letterario MAGGIO IN GIALLO, autrice per Sonzogno editore.

PV – Cara Rosa, grazie per il tuo tempo. Intanto complimenti per Il tuo ultimo lavoro: “Il valzer dei traditori” è già in ristampa, chapeau

RT – Grazie Paola, questa cosa è davvero magica. Ogni volta temo che le lettrici e i lettori si siano stancati delle avventure delle Miss Marple del Giambellino e ogni volta il loro affetto mi travolge.  Ne sono felice perché sono veramente affezionata ai miei personaggi

PV – Ti ho sentito dire, a una presentazione, che non hai un piano complessivo dell’opera in mente e che andrai avanti finché avrai storie da raccontare. Intanto sei arrivata al capitolo 8 dei “Delitti del casello” al ritmo preciso di un libro all’anno. La bisaccia è ancora piena?

RT – Sì, è piena. Libera e le sue socie hanno ancora molte storie da raccontarmi, perché il loro mondo è ricco di personaggi, di incontri, di segreti da svelare come il mondo di ognuno di noi.  In realtà, quando ho iniziato, non pensavo neanche a un secondo romanzo e non volevo scrivere esattamente un giallo, ma raccontare la storia di una famiglia di donne dai caratteri diversi eppure molto legate. È questo che mi appassiona e mi diverte.  I miei protagonisti hanno ancora molti nodi personali da sciogliere: Libera deve scoprire se l’imprendibile rapinatore che si nasconde sotto la maschera del Gatto con gli stivali sia suo padre oppure no ma deve anche decidere come comportarsi davanti all’aut aut dell’uomo che ama: cioè se rinunciare alle indagini per lui.   E c’è quest’uomo, appunto, Gabriele, che aspetta un figlio da un’altra. E c’è Furio, con la sua proposta di una relazione meno melodrammatica. E Iole che ha ancora mille grilli per il capo e Cagnaccio che forse nasconde qualcosa….

PV – Tutti i tuoi romanzi si svolgono all’interno di un arco di tempo molto ravvicinato: siamo nello stesso anno, il 2014 e nel giro di pochi mesi (siamo arrivati a ottobre). Si potrebbe quasi dire che sia una storia unica, tagliata in diverse puntate, con un gancio giallo diverso ogni volta. Un po’ lo stesso concetto di Manzini nei libri su Rocco Schiavone. È così?

RT – È una scelta che non piace a tutti, ma è l’unica possibile per me, perché io non racconto le storie dei miei personaggi ma la loro storia che si crea giorno per giorno. Amo il fatto che cambino, indagine dopo indagine, acquistando una maggiore consapevolezza di sé. E amo seguire passo dopo passo questa trasformazione.

PV – Tre donne protagoniste, di tre generazioni diverse: la nonna Iole, la figlia Libera e la nipote Vittoria. Tre storie diverse e tre persone molto differenti. Con quale ti trovi più in sintonia? Di chi diventeresti amica? Chi ti diverte di più raccontare?

RT – Mi sento più in sintonia con Libera, che è pacata, riflessiva e romantica (ma anche un po’ attendista e fifona) esattamente come sono io, ma i personaggi che prediligo sono Vittoria, con la sua audacia scontrosa e Iole, impertinente e anticonformista.  Il coraggio di osare e lo spirito ribelle sono due doti che vorrei possedere e che amo nella più giovane e nella più anziana del trio.  Per rispondere alla tua ultima domanda, invece, penso che desidererei un’amica come Iole (e sarei terrorizzata al pensiero di averla)

PV – In realtà nei tuoi libri c’è una quarta donna: la giornalista, la smilza, ossia Irene Milani. Si occupa di cronaca nera e lavora in un giornale del pomeriggio. Ora, io conosco una scrittrice che lavorava a La Notte e che si occupava di cronaca nera e che, basta guardarla, è smilza. È un’assoluta casualità? O ci sono dentro frammenti del tuo passato?

 RT – Molti lo pensano, ma purtroppo non è così. Certo, Irene fa la vita che ho fatto io da cronista de “La Notte”. Ha i miei stessi ritmi e affronta lo stesso tipo di sfide. Ma è silenziosa quanto io ero chiacchierona e ha quella dose in più di empatia che è il sogno di tutti i veri cronisti. E poi, io non sono mai stata smilza, purtroppo.

PV – Parliamo di scrittura: la leggenda vuole che tu scriva solo d’estate nel casello a Colico, ma basta un mese per un libro intero? E durante l’anno stacchi del tutto o le tue protagoniste vivono sempre con te? Oppure sono come amiche, che ritrovi dopo qualche tempo, quando risali al casello?

RT – Io scrivo veramente d’estate, quando finisce il programma a cui lavoro. Non riesco a far convivere i due piani (quello della giornalista e quello della “romanziera”) perché per il secondo ho bisogno di essere totalmente immersa nel mondo delle mie protagoniste. Di solito, durante le ferie, scrivo tutto il romanzo che poi limo fino alla consegna, intorno a Natale-. Ma spesso penso a Libera (e alle altre) anche quando la consegna è già avvenuta. Mi interrogo sui loro prossimi passi. Le immagino in situazioni spinose. Sento le loro voci. E quella di Iole, in particolare, mi tiene allegra.

PV – Tu, con Quarto Grado, lavori sulla cronaca nera, ti occupi del marcio della società, di cose orribili, di delitti e di personaggi inquietanti, ma di tutto questo nei tuoi libri non c’è che un riverbero leggero. Il tuo stile è quello del “giallo gentile”, qualcuno lo chiama “cosy crime”, ma è un termine che non rende appieno il concetto. È una scelta ben precisa quella di non premere mai sull’acceleratore dell’effettaccio splatter?

RT – Non è una scelta, è la mia voce da scrittrice. Sono grata a Luca Crovi, massimo esperto di gialli, per la definizione di “malinconici, poetici e ironici” che ha attribuito ai miei romanzi, perché la vita è proprio così: malinconica, poetica, qualche volta ironica, spesso dolorosa ma senza melodramma, retorica e affettazione. Non mi piace il termine “cosy” e non amo nessun’etichetta applicata ai libri perché li limita. Secondo me, i romanzi sono semplicemente storie e ognuno di noi sceglie quella che gli è più congeniale o che gli è utile, in quel particolare momento della sua vita.

PV – Oltre alla trama gialla c’è sempre una sottotrama da seguire nei delitti del Casello. Ora ci sono il Gatto con gli Stivali, la Fata Turchina, e Zorro. E il Gatto in particolare è un personaggio da seguire, perché da lì potrebbero arrivare delle sorprese, giusto?

RT – Giusto, Paola. Ma saranno positive o negative per Libera? Questa è una storia ancora tutta da scrivere…

PV – Abbiamo parlato in generale. Ora “Danziamo di architettura” come diceva Frank Zappa a chi voleva parlare di musica: raccontare una trama per un giallista è la cosa più difficile che ci sia. Vuoi provarci? Ho letto il tuo ultimo e, al solito, mi è piaciuto molto. In breve, di cosa parla “Il valzer dei traditori”?

RT – Questa volta Libera e Iole, con l’aiuto della solita Irene, cercano di aiutare la rispettiva figlia e nipote Vittoria a risolvere un cold case, cioè a scovare il vero assassino di una ricettatrice assassinata undici anni prima davanti al suo pappagallo cinerino. Un delitto maturato in una via che ha un nome profetico, Renzo e Lucia. E, naturalmente, anche qui c’entra un libro, che contiene le risposte. E c’entra un bouquet speciale. E c’entrano le canzoni di Jannacci.

PV – Voci di corridoio, solitamente bene informate, parlano di un possibile futuro come serial Tv per la fioraia dei Giambellino. Sarebbe ben meritato. Scaramanzia o se ne può parlare?

 

RT – Diciamo che c’è un progetto, ma i tempi sono così lunghi e l’iter così incerto che forse non è il caso di parlarne. Sinceramente, io tendo a non pensarci e mi concentro sui libri che sono la mia vera passione.


 PV – Senza fare torto a nessuno, ci sono altri giallisti contemporanei che leggi? E tra i grandi? Chi sono i tuoi riferimenti?

RT – Leggo molti gialli, anche di autori contemporanei e alcuni di loro (alcune di loro!) sono la mia passione. Il mio maestro, invece, è facile da indovinare, perché lo omaggio in ogni libro. Si tratta di Giorgio Scerbanenco, con la sua Milano disperata e violenta che sogna di diventare la capitale del crimine.

PV – Siccome il nostro blog titola Giallo&Cucina la domanda d’obbligo per concludere è: qual è il tuo piatto preferito?

RT – Senza dubbio, la pizza, ma anche la pasta, il pane e le patate. E in genere tutte le verdure: sono vegetariana e felice di esserlo. Il mio ristorante stellato è la cucina di mia mamma: gli gnocchi al pomodoro della sciura Bruna sono leggendari.

Grazie ancora a nome di tutto il blog, un abbraccio!

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