Intervista a cura di Stefania Ghelfi Tani
Buongiorno Elio, grazie per averci nuovamente concesso un po’ del tuo tempo dopo la scorsa intervista di Marzo 2016! Ci hai già raccontato un po’ di te: palermitano, “amore congenito” per la scrittura che diviene anche il tuo “rifugio catartico”. Proviamo a scavare ancora un po’ per scoprire qualcos’altro di te e dei tuoi protagonisti letterari. Ti va? Continui a scrivere e a creare i tuoi personaggi durante la quiete notturna?
Sì, non ho mutato una tale abitudine. Il silenzio e la concentrazione costituiscono il fondamentale background per la stesura delle mie storie.
Tutte le tue storie necessitano di un’approfondita analisi storica, quanto tempo ti ruba questa ricerca delle fonti? Ti appassiona? Perché il forte interesse per il lontano passato? Si comprende che ne sei affascinato…
Moltissimo. Impiego non meno di tre mesi per l’effettivo reperimento delle fonti storiche, non lesinando in corsa d’opera successivi aggiornamenti ed approfondimenti.
Sì, indubbiamente, è un lavoro appassionante che fornisce il necessario substrato per l’ambientazione delle mie storie.
Mi ritengo un argonauta del tempo. Conseguentemente, spazio nel passato perché esso è strettamente collegato al presente. Come diceva Giambattista Vico: la storia altro non è che un ciclo di corsi e ricorsi.
Dopo il tuo esordio con “Cagliostro. L’amico degli uomini” è uscito il tuo nuovo libro “Blood Triskelion”. Dal XVIII secolo sei passato al XIX con i personaggi di Empedocle e del direttore della polizia Salvatore Maniscalco, vuoi dirci di più?
Il romanzo ha come prologo l’esecuzione capitale dei pugnalatori. Una vicenda che sembra però essere non del tutto risolta. Poi ritorna indietro all’anno 1831. A partire da quella data entra in scena Empedocle, capo della setta del triskelion scarlatto. Questi intende restituire alla Sicilia l’autonomia politica sottraendola ai Borboni di Napoli, così come stabilito dal Congresso di Vienna. Il suo vero intento rimane, in realtà, quello di fare riacquistare alla nobiltà siciliana gli antichi privilegi secolari di cui è stata defraudata. Re Ferdinando II, accortosi del pericolo, nomina un nuovo direttore di Polizia, Salvatore Maniscalco, con il non facile compito di mettersi sulle tracce della misteriosa setta eversiva. Il suo fine è quello di sgominarla, consegnandone i suoi adepti alla giustizia.
La monarchia, le sette, la nobiltà siciliana; quanto c’è di reale e quanto dettato dalla fantasia?
Lo sfondo storico del romanzo è reale: l’accoltellamento di una dozzina di inermi cittadini, nella notte del 1° ottobre del 1862. Tale vicenda fornisce il pretesto dell’esistenza di una pericolosissima ed implacabile setta eversiva. Capeggiata da Empedocle, un principe siciliano, celandosi negli ambienti della Palermo Underground, agogna il ritorno della nobiltà siciliana ai privilegi di un tempo.
Ci spiegheresti meglio il titolo del libro? Triskelion cosa significa?
Il triskelion o triscele, che dir si voglia, è l’antico simbolo della Trinacria. È sovente raffigurato dalla testa della Gorgone, con i capelli di serpente, e da tre gambe, disposte triangolarmente che possono identificarsi nei tre capi della Sicilia: Lilibeo, Peloro e Pachino.
Perché leggere questa storia?
Il romanzo spazia su un arco di tempo pre-post unitario, importantissimo per i futuri destini della Sicilia.
La Sicilia è sempre protagonista, un vero attaccamento e amore verso la tua terra?
ìi, sono effettivamente molto legato alla mia terra, ma già dal prossimo romanzo tale propensione verrà sfatata.
Quanto la tua professione influenza la tua scrittura? Trai spunto dalla quotidianità del tuo lavoro?
Assolutamente nessuna. Non esiste alcuna connessione fra le due cose.
Quali sono state le maggiori difficoltà nella stesura di questo romanzo? Come è nato?
Il reperimento di fonti storiche valide ed obiettive.
Tutto nacque dalla casuale lettura di un saggio di Leonardo Sciascia intitolato “I pugnalatori”.
Pensi che potrai mai discostarti da un romanzo storico o potremmo già definirlo un tuo tratto distintivo?
È un genere che riesce a coinvolgermi tanto. Tuttavia, nel prossimo futuro, mi piacerebbe molto tentare di cimentarmi in altri generi.
Ci avevi detto che un buon libro per essere tale deve avere un fondamentale requisito: “prefiggersi lo scopo di apportare un arricchimento spirituale, offrendo un esplicito messaggio di speranza per un mondo migliore”. Ritieni quindi che le tue storie possano apportare questo arricchimento nei lettori?
Si, rimane sempre questo il principale scopo che mi prefiggo.
Altri progetti letterari… e sogni nel cassetto?
Per il mese di maggio 2017 è prevista l’uscita del mio nuovo romanzo. Esso riguarderà le memorie di un templare.
Grazie per la bella chiacchierata. Ora, come tradizione di Giallo e Cucina ti chiediamo di salutarci con una citazione ed una ricetta di cucina!
Volevo citare la frase posta nella prima pagina del mio nuovo romanzo:
“Quando si guarda la verità solo di profilo o di tre quarti la si vede sempre male. Sono pochi quelli che sanno guardarla in faccia”.
Gustav Flaubert.
Per la ricetta spiegherò la preparazione della pizza siciliana, meglio conosciuta con il nome di “Sfincione”.
SFINCIONE
INGREDIENTI
- 250 g farina “00”
- 250 g farina di grano duro
- 20 g lievito di birra
- 150 ml olio extravergine d’oliva
- 400 g di pomodori pelati
- 1 grande cipolla gialla
- 4 acciughe sotto sale
- 100 g di caciocavallo fresco
- 50 g di caciocavallo ragusano
- 30 g di pangrattato
- origano, pepe e sale
PROCEDIMENTO
- Preparare una fontana con le due farine setacciate.
- Aggiungere poco per volta il lievito sciolto nell’acqua tiepida e impastare fino a quando il composto non risulterà sufficientemente compatto.
- Aggiungere il sale e, poco per volta, l’olio, continuando ad impastare fino ad ottenere un impasto.
- Sistemare l’impasto in una ciotola, ricoprendolo con della pellicola.
- Coprire con un panno di lana e lasciare lievitare per due ore.
- Mettere i pelati in una ciotola condendoli con sale, pepe, cipolla tagliata sottilissima. Dopo averla strizzata, unirla al resto, aggiungendo olio e origano.
- Ungere una teglia rettangolare, spolverandola di pangrattato, stendendovi la pasta che dovrà avere uno spessore di circa un centimetro.
- Cospargere l’impasto con pezzetti di acciughe, caciocavallo fresco tagliato a dadini, ricoprendo lo sfincione con il condimento preparato precedentemente.
- Spolverare con il caciocavallo grattugiato e il pangrattato.
- Infine pressare la superficie con un cucchiaio in modo che il pangrattato assorba il condimento e lasciare lievitare ancora per mezz’ora ora.
- Infornare per circa 30′ a 250°/300° controllando la cottura.
- Servire caldo, spolverando con origano.